Renzi, come Mussolini, Berlusconi e Craxi,: “Io non mi fermo”
Grande manifestazione dei metalmeccanici a Milano. Tenute alte le bandiere del PMLI
Landini e Camusso denunciano l'accordo al ribasso tra la sinistra del PD e Renzi sull'art. 18. Quattro cortei a Genova. Il corteo dello sciopero sociale e uno spezzone di quello della Fiom hanno bersagliato con uova la sede del PD.
Slogan: “E Matteo non lo sa, Berlusconi è il suo papà”; “Renzi attento, ancora fischia il vento”

Il primo atto dello sciopero generale dei metalmeccanici è andato in scena con successo. La grande manifestazione del 14 novembre a Milano ha mostrato ancora una volta che i lavoratori non sono più disposti a subire le conseguenze della crisi economica capitalistica, i continui attacchi del padronato e del governo guidato dal berlusconi democristiano Renzi che ne rappresenta gli interessi. La prossima settimana incroceranno le braccia I metalmeccanici del centro sud che sfileranno per le strade e piazze di Napoli. Nel capoluogo lombardo invece si sono ritrovati per far sentire la loro voce quelli del nord (Valle d'Aosta, Trentino, Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna) più quelli della Toscana.
Già alle 9 centinaia di lavoratori erano a Porta Venezia, luogo di raccolta della manifestazione. Mano a mano le strade si sono riempite di lavoratori a decine di migliaia, 80 mila per la Fiom, che alla fine hanno occupato tutta Piazza Duomo tornata a essere una piazza operaia piena di cartelli e bandiere rosse. Le adesioni nelle maggiori fabbriche sono state molto elevate, in numerose aziende lombarde si è raggiunto quasi il 100%. Assieme alla Fiom scioperavano, con altre iniziative, i “sindacati di base” e gli studenti nell'ambito dello sciopero sociale, tanto che la città era semi-paralizzata. Erano presenti tutte le grandi fabbriche del nord Italia come Fiat, Same, Fincantieri, dalla Toscana una folta rappresentanza della Piaggio, ma anche tantissimi lavoratori provenienti dalle piccole e medie industrie di Piemonte, Emilia-Romagna e Veneto, era presente anche una delegazione del teatro La Scala, in lotta contro i tagli alla cultura e a chi ci lavora.
Nelle prime file del corteo della Cgil spiccava un lungo striscione con una mano aperta in segno di stop e la scritta: “l'articolo 18 non si tocca” che richiamava sia lo slogan che la grafica di quello adottato dal PMLI fin dal 2001. Il nostro partito era presente alla manifestazione milanese e alla conclusione in piazza Duomo, gremita di lavoratori, spiccavano le bandiere e i cartelli dei marxisti-leninisti, ben visibili anche in numerosi servizi televisivi e foto apparse sul web, sorprendentemente anche su “il manifesto” e su “Il Fatto quotidiano”. I più calorosi applausi e la profonda riconoscenza dei dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi ai generosissimi e infaticabili compagni lombardi e biellesi, in particolare al compagno Lorenzo che è stato in piazza nonostante le sue precarie condizioni di salute, che hanno tenute ben alte la bandiera del PMLI.
Dietro lo striscione "Diritti per tutti, lavoro, legalità, uguaglianza, democrazia, sciopero generale", hanno sfilato uno di fianco all'altro il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso e Maurizio Landini. Per il segretario generale della Fiom "l' articolo 18 va esteso e mantenuto allargandolo anche a quelli che non ce l'hanno. La norma che prevede il reintegro e non solo l'indennizzo è una presa in giro che significa rendere più' facili i licenziamenti". Landini critica anche la ridicola “mediazione" all'interno del Pd sul Jobs act. "Serve solo a quei parlamentari per conservare il loro posto, non serve ai lavoratori e alla difesa dei loro diritti" ha aggiunto parlando durante il corteo mentre dal palco ha detto chiaramente che per i lavoratori questa è “una presa per il culo”. Comunque non hanno rinunciato a fare passerella il leader di Sel, Nichi Vendola, e Stefano Fassina, esponente della minoranza Pd.
Anche la Camusso ha denunciato l'accordo al ribasso sul Jobs Act avvenuto all'interno del PD, che di fatto non sposta di una virgola la sostanza. Se verranno elencati alcuni casi dove si prefigura un licenziamento illegittimo, “gli imprenditori useranno quelli consentiti” e "non ci pare che quella mediazione sia una risposta per mantenere la difesa dei diritti che noi facciamo". La Camusso ha poi dichiarato che la partita sul Jobs Act non è ancora chiusa, rispondendo cosi a Renzi. Il nuovo ducetto aveva infatti sentenziato che “la partita è chiusa”, con un arroganza degna dei suoi maestri Mussolini, Craxi e Berlusconi. Un avvertimento lanciato non tanto al suo alleato di governo, l'NCD di Alfano, che vuole condizioni ancora più dure per i lavoratori ma che sicuramente si accorderà, bensì al sindacato e ai lavoratori, che dovranno accettare il suo diktat, perché lui “non si ferma” in quanto se ne frega della piazza.
Significativa anche la manifestazione di Genova, svoltasi nelle stesse ore, indetta dalla Cgil provinciale che ha portato in piazza, nonostante l'esclusione dei trasporti e della zona del Tigullio a causa delle alluvioni, 15/20mila persone. Una combattiva manifestazione che alle proteste contro il Jobs Act e la legge di stabilità aggiungeva le problematiche cittadine della disoccupazione, chiusura di fabbriche, dissesto idrologico e criminale incuria e saccheggio del territorio. Erano stati organizzati 4 cortei dalle diverse zone industriali della città che poi sono tutti confluiti in Piazza Caricamento dove è intervenuto il segretario generale della Camera del Lavoro di Genova.
A questi della Cgil si deve aggiungere quello dello sciopero sociale organizzato dall'USB, COBAS, CUB e altri “sindacati di base” e dagli studenti, che hanno praticamente cinto d'assedio e invaso la città da tutte le parti con una marea di striscioni e bandiere rosse. Uno spezzone del corteo della Fiom assieme a quello dei Cobas ha bersagliato di uova la sede del Pd del quartiere Sanpierdarena mentre tra i lavoratori risuonavano gli slogan: “E Matteo non lo sa, Berlusconi è il suo papà” e “Renzi attento, ancora fischia il vento”.
Riferendosi alla riunione di Confindustria in una fabbrica lombarda che per l'occasione ha mandato tutti i dipendenti a casa, Landini ha detto che Renzi va a parlare con i padroni nelle fabbriche vuote, ma i lavoratori dimostrano la loro opposizione alla politica del suo governo nelle piazze. Il leader della Fiom durante il suo discorso è stato molto applaudito ma non sono mancate alcune affermazioni ambigue, come quando ha detto che la Cgil lavora per unire e non per dividere. Ma chi? Per unire i lavoratori o perché rispondeva a Renzi che accusava il sindacato di dividere gli operai dai padroni? Ed anche quando ha detto che Renzi ha cambiato strada e ha fatto una scelta sbagliata, nonostante la Cgil, e lui in particolare, gli avessero offerto l'occasione di dialogare. Sembra quasi che Renzi inizialmente fosse animato da buone intenzioni, invece l'ex sindaco di Firenze è stato scelto dalla borghesia proprio per portare avanti le controriforme neofasciste e piduiste, compresa la cancellazione del diritto borghese del lavoro. Finito il suo intervento Landini ha invitato al microfono la Camusso, suscitando fischi di disapprovazione e inducendo i due terzi dei presenti a lasciare la piazza.
La Camusso, nonostante il suo intervento sia stato duro con Renzi e abbia usato toni forti, inconsueti per lei, non ha scaldato tanto la piazza e da alcuni settori sono partiti anche dei fischi. Evidentemente i lavoratori metalmeccanici non si sono dimenticati quando la Camusso predicava un atteggiamento prudente e sostanzialmente succube rispetto ai governi Monti e Letta e invitava la Fiom a rientrare nei ranghi, o quando sulla vicenda Pomigliano ha praticamente lasciato da sola la Fiom a combattere Marchionne.
Staremo a vedere se la Cgil andrà fino in fondo. Una cosa è certa: il 14 novembre è stata una straordinaria giornata di lotta: la manifestazione della Fiom, assieme a quelle dei sindacati di base e degli studenti, hanno dimostrato ancora una volta che la lotta di classe e la piazza sono i mezzi e i luoghi più adatti per far valere i diritti della classe operaia e delle masse polari e giovanili, il terreno più fertile per assetare potenti pugni rossi al governo del Berlusconi democristiano Renzi. Sferriamogli un pugno da tramortirlo allo sciopero generale del 5 dicembre promosso dalla CGIL.

19 novembre 2014