Nel suo discorso nazionalista e guerrafondaio
Napolitano appoggia Renzi contro i sindacati e i lavoratori in lotta
Mentre chiede di non ridurre le spese militari e di proseguire nella guerra contro lo Stato islamico

"In un mondo che manifesta tensioni e instabilità crescenti, si vanno affermando nuove e aggressive forme di estremismo e di fanatismo che rischiano di investire anche l'Europa, e l'Italia in particolare, infiltrandone gradualmente le società. È una minaccia reale, anche militare, che, insieme all'Unione Europea e alla Nato, dobbiamo essere pronti a prevenire e contrastare. Di fronte a questa nuova, grande sfida le forze armate italiane devono operare con sempre maggiore efficacia".
É il proclama di chiaro stampo nazionalista e guerrafondaio contenuto nel messaggio inviato alle forze armate dal nuovo Vittorio Emanuele III Napolitano in occasione delle celebrazioni del 4 novembre.
Significativa anche la cornice che l'inquilino del Quirinale ha scelto per rilanciare in grande stile non solo le mire espansioniste dell'Italia ma anche e soprattutto l'anatema contro i sindacati e i diritti dei lavoratori che vanno aboliti proprio come avvenne durante il ventennio Mussoliniano. Diktat che a 70 anni dalla Liberazione dal nazi-fascismo sono tornati a riecheggiare nella stessa Piazza Venezia prospiciente l'altare della Patria, dove si sono svolte le celebrazioni alla presenza fra gli altri del Berlusconi democristiano Renzi, e il famigerato balcone da cui Mussolini chiamava alla guerra il popolo italiano.
Napolitano è molto preoccupato non per le condizioni di vita in cui languono milioni di lavoratori, licenziati, disoccupati, precari e pensionati, ma per le contraddizioni interimperialistiche in seno alla Nato e, più in generale, in seno all'Europa e di tutto l'Occidente che impegnano risorse insufficienti sul fronte militare per affrontare in modo adeguato le crisi internazionali e in particolare la guerra contro lo Stato islamico. "C'è una divaricazione – ha detto Napolitano - tra chi ritiene di perseguire il necessario livello di efficienza dello strumento militare" e chi all'opposto vive una "ricorrente pressione per una riduzione quasi 'di principio' di quell'impegno e dei suoi costi. Si sono di recente levate, in particolare in seno alla Nato, voci critiche per la tendenza in diversi Stati membri a una riduzione della spesa militare, mentre l'aggravarsi del quadro delle relazioni internazionali avrebbe dovuto spingere in senso opposto. Ebbene penso che da parte di ogni Paese membro della Nato si debba essere seri nel prendere decisioni che non possono mai avallare visioni ingenue, non realistiche, di perdita di importanza dello strumento militare".
Mentre sul fronte interno Napolitano appoggia in pieno la politica antisindacale e di attacco contro i lavoratori in lotta in difesa del posto di lavoro, dei diritti e delle tutele legali e sindacali e esorta le “forze dell'ordine” a imporre a tutti i costi il “rispetto delle regole e dei principi dello stato di diritto”. Perché ha ammonito Napolitano: ''Vi è il rischio che, sotto la spinta esterna dell'estremismo e quella interna dell'antagonismo, e sull'onda di contrapposizioni ideologiche pure così datate e insostenibili, prendano corpo nelle nostre società rotture e violenze di intensità forse mai vista prima... Nell'era della globalizzazione la conflittualità è alimentata da ogni estremismo che rifiuta il dialogo e la ragione ed è alimentata da situazioni di profonda disuguaglianza - ha ammonito il capo dello Stato - bisogna dunque in primo luogo misurarsi con problemi di giustizia, ovvero di garanzia del rispetto delle regole e dei principi fondanti della convivenza umana, solo su queste basi potranno svilupparsi strategie di stabilizzazione che approdino a una affermazione crescente dei principi dello stato di diritto, nel rispetto reciproco e nel dialogo operoso tra ispirazioni e concezioni diverse".
Insomma, politica interventista e guerrafondaia all'estero e feroce repressione delle masse lavoratrici, popolari e studentesche in lotta: ecco la ricetta del nuovo Vittorio Emanuele III Napolitano e del Berlusconi democristiano Renzi.

19 novembre 2014