Vergognosa sentenza
La Cassazione grazia il magnate svizzero Schmidheiny
Nessuna condanna per la strage di Eternit: tremila morti e 800 malati. Cancellati pure i risarcimenti ai familiari delle vittime

 
Ha suscitato indignazione la sentenza con cui la Cassazione ha annullato, per intervenuta prescrizione del reato di disastro ambientale, la condanna inflitta dalla Corte d'Appello di Torino nei confronti dell'ex proprietario della Eternit di Casale Monferrato, il magnate svizzero Schmidheiny. Con lo stesso provvedimento è stato anche, conseguentemente, dichiarato non dovuto il risarcimento, già disposto dalla Corte d'Appello di Torino a carico di Eternit, di 20 milioni di euro a favore della Regione Piemonte e di 30 milioni e 900.000 euro a favore del Comune di Casale Monferrato.
Il sindaco di Casale ha proclamato, in segno di protesta contro questa mostruosa decisione giudiziaria, il lutto cittadino come segno di solidarietà verso le migliaia di morti la cui memoria è stata oltraggiata da questa sentenza.
Infatti alla luce delle tremila persone che finora sono morte a causa dell'amianto nell'area della cittadina piemontese - e di quelle altre che moriranno in quanto, secondo autorevoli studi, il picco dei decessi si avrà attorno al 2025 - la percezione diffusa è quella che si è trattato in realtà, più che un generico danno all'ambiente, di una vera e propria strage perpetrata dalla dirigenza di Eternit, la quale era a conoscenza della pericolosità dell'amianto, e ciononostante ha esposto i suoi operai e tutta la cittadina piemontese al rischio che le sue polveri venissero respirate, con gli esiti ormai ben noti.
La protesta contro la sentenza assolutoria è stata talmente ampia da costringere la Cassazione a fare, fatto più unico che raro, un comunicato stampa in cui si precisa che l'oggetto del processo era esclusivamente l’esistenza o meno del reato di disastro ambientale che, sostiene la Corte, è cessato nel 1986 con la chiusura dello stabilimento: “oggetto del giudizio - è costretta a precisare quasi per giustificarsi la Cassazione - non erano quindi singoli episodi di morti e patologie sopravvenute, dei quali la Corte non si è occupata”. Tale interpretazione della normativa però smentisce quanto a suo tempo aveva scritto la Corte d’appello di Torino nelle motivazioni della sentenza di condanna alla pena di 18 anni di reclusione nei confronti di Schmidheiny, la quale, nel rilevare che la consumazione del reato di disastro ambientale fosse tuttora in atto e lo sarebbe stata ancora per molto tempo, affermava che “i reati in nessun modo si possono affermare prescritti”.
La Cassazione, in parole povere, ha vanificato in modo pretestuoso e cavilloso la lotta di un'intera collettività, quella di Casale, e anche il grande sforzo intrapreso dai suoi avvocati e dai pm piemontesi che iniziarono il processo nel 2009 dinanzi al Tribunale di Torino, il quale condannava nel 2012 l'ex presidente del cda, il magnate svizzero Stephan Schmidheiny, e l'ex direttore dello stabilimento piemontese, il barone belga Louis de Cartier de Marchienne, a 16 anni di reclusione per disastro ambientale doloso permanente e per omissione volontaria di cautele antinfortunistiche, ritenendoli responsabili di avere contribuito in modo determinante alla morte per mesotelioma di oltre tremila persone nell'arco di decenni. La Corte d'Appello di Torino poi nel 2013 inasprì ulteriormente la pena portandola a 18 anni. Nel frattempo però De Cartier è morto nel 2013 a 92 anni e l'unico imputato la cui posizione è giunta fino alla Cassazione era rimasto il sessantasettenne svizzero, uno degli uomini più ricchi d'Europa, che ha ricevuto come regalo dalla Cassazione italiana sia la cancellazione della condanna penale sia la vanificazione di ogni risarcimento, fatto quest'ultimo che certamente farà contenti anche gli eredi di de Cartier de Marchienne.
Ma la Procura della Repubblica di Torino pochi giorni dopo il deposito della sentenza della Cassazione ha chiuso formalmente l’inchiesta Eternit bis in cui è indagato Stephan Schmidheiny con l'accusa, stavolta, di omicidio volontario continuato nei confronti di 256 ex operai dell'Eternit e loro familiari, la cui morte è, secondo la pubblica accusa, con ogni evidenza e al di là di ogni dubbio riconducibile all'amianto della sciagurata fabbrica della morte, e con la speranza che anche questa volta non si metta di mezzo la Cassazione a negare la giustizia.

26 novembre 2014