Centinaia di indagati tra cui Alemanno ed esponenti di PD e PDL (ora Forza Italia). Marino non ne sapeva nulla?
Roma in mano alla mafia. Il governo Renzi non se n'era accorto?
Le accuse: estorsione, usura, corruzione, riciclaggio, false fatturazioni, turbativa d’asta, associazione mafiosa. Sono stati pagati anche il PRC, SEL, Cossutta. 37 arresti, tra cui Carminati, boss della banda della Magliana ed ex terrorista fascista dei Nar. Arrestato anche Odevaine, ex vice capo gabinetto di Veltroni quando era sindaco di Roma. Buzzi, socio di Carminati, iscritto al PD
Le mafie sono frutto del capitalismo, che va distrutto per far posto al socialismo

All'alba di martedì 2 dicembre una gigantesca operazione con centinaia di perquisizioni è scattata a Roma, concludendosi con 37 arrestati e 76 indagati, tra criminali comuni, politici, funzionari pubblici e imprenditori, con più di 350 posizioni controllate tra persone fisiche e società e sequestri per 204 milioni di euro. 500 carabinieri e 100 finanzieri hanno setacciato appartamenti della criminalità organizzata, sedi di decine di aziende private, municipalizzate e associazioni, nonché uffici del Campidoglio e delle Regione Lazio, portando via casse di documenti, nell'ambito di un'inchiesta denominata “terra di mezzo” condotta dai pubblici ministeri Luca Tescaroli, Paolo Ielo e Giuseppe Cascini, e coordinata dal procuratore capo Giuseppe Pignatone, che andava avanti da 4 anni, con pedinamenti, intercettazioni ambientali e telefoniche e verifiche su flussi di denaro.
“Siamo solo all'inizio”, ha detto Pignatone in conferenza stampa, parlando di una “mafia originale e originaria” che teneva in pugno la capitale: una “Mafia Capitale”, appunto, con possibili collegamenti ancora in via di accertamento con le mafie tradizionali, come si legge nelle oltre 1.200 pagine di ordinanza firmata dal Gip Flavia Costantini, con le ipotesi di reato di associazione a delinquere di stampo mafioso, corruzione, estorsione, usura, riciclaggio, false fatturazioni e turbativa d'asta. Un'associazione a delinquere messa in piedi da soggetti dell'eversione nera e della ex banda della Magliana e dal dirigente di una cooperativa sociale dell'area della “sinistra” borghese, che controllando e stipendiando politici corrotti sia del centro-sinistra che del centro-destra, dirigenti di municipalizzate e funzionari comunali, lucrava sugli appalti per la rimozione dei rifiuti, l'allestimento dei campi rom, i centri di accoglienza per i rifugiati e altre attività formalmente lecite. Il tutto in perfetto accordo “bipartisan” e senza guardare in faccia alle etichette politiche ma solo ai soldi, facendo affari d'oro tanto con la giunta di destra di Alemanno come con l'attuale giunta di “centro-sinistra” di Ignazio Marino.

Gli arrestati e gli indagati
I principali arrestati sono:
Massimo Carminati , detto “il guercio” e con la fama di essere l'ultimo “re di Roma”, ex terrorista nero dei Nar ed ex membro della banda della Magliana, implicato nell'omicidio di Mino Pecorelli e nel depistaggio sulla strage di Bologna, con affari nel giro delle estorsioni, dell'usura e del traffico di armi, nonché nella gestione dei campi rom della capitale.
Salvatore Buzzi , suo socio in affari, con solide relazioni in PD, di cui è un iscritto, e SEL, un ex detenuto per omicidio, poi riciclatosi come personaggio dell'area della “sinistra radicale” e creatore, a partire dalla giunta Rutelli, della onlus Enriches 29, a cui appartiene la cooperativa 29 Giugno oggetto dell'inchiesta. Una cooperativa aderente a Legacoop attiva sotto le amministrazioni Rutelli, Veltroni, Alemanno e Marino, per il reinserimento sociale di ex carcerati, ex drogati, senza fissa dimora e altre categorie socialmente svantaggiate, con un giro d'affari di 60 milioni l'anno negli appalti dei campi rom, nell'accoglienza e l'assistenza ai rifugiati, nella cura del verde pubblico, delle pulizie ecc. Vicepredidente è Emanuela Bugitti , ex brigatista “rossa”, anche lei arrestata, così come la compagna di Buzzi, Alessandra Garrone .
Nell'area PD-“centro-sinistra” gli arrestati sono:
Luca Odevaine , esponente di spicco di Legambiente, ex vicecapo di gabinetto dell'ex sindaco di Roma Walter Veltroni, per il quale gestiva gli sgomberi delle case occupate e l'allontanamento dei campi nomadi (col soprannome di “sceriffo”), nonché i grandi eventi come i funerali di Wojtyla. Successivamente nominato alla direzione della polizia provinciale sotto Zingaretti e attuale responsabile dell'accoglienza per i richiedenti asilo presso il ministero dell'Interno, carica che come fiduciario del prefetto Morcone gli permetteva di indirizzare i flussi di persone da assistere agli “amici” di “Mafia Capitale”.
Mario Schinà , ex dirigente comunale con Odevaine, e che faceva da tramite tra costui e Buzzi
Gli arrestati nell'area ex PDL-Forza Italia sono:
Riccardo Mancini , ex camerata di Carminati al tempo dei Nar, braccio destro di Alemanno che lo volle amministratore delegato di Eur Spa, già arrestato per lo scandalo delle tangenti Breda Menarini, e al quale, per non farlo parlare, Carminati impose il suo avvocato di fiducia Pierpaolo Dell'Anno, indagato a sua volta per concorso esterno in associazione mafiosa. “Lo semo andati a pija', gli amo detto cioè 'o stai zitto e sei riverito o se parli poi non c'è posto in cui te poi anna' a nasconde”, si vanta il boss in un'intercettazione. Si parla infatti di un nome di un politico importante che non doveva venir fuori a nessun costo.
Franco Panzironi , nominato da Alemanno a.d. dell'Ama, la municipalizzata della raccolta rifiuti, già al centro dello scandalo parentopoli e tesoriere della Fondazione Nuova Italia di Alemanno, finanziata da Carminati e Buzzi.
Giovanni Fiscon, attuale manager dell'Ama
Tra gli indagati nell'area PD-”centro-sinistra” ci sono:
Mirko Coratti, a rea popolari, ex coordinatore di FI passato al PD con Gasbarra, presidente del Consiglio comunale capitolino, dimissionario: è indagato per corruzione col sospetto di aver intascato una tangente da 150 mila euro, mentre il suo caposegreteria Franco Figurelli sarebbe stato stipendiato con 1.000 euro al mese, più 10 mila extra solo per farlo incontrare con Buzzi.
Daniele Ozzimo, PD, assessore comunale alla Casa, indagato per corruzione, dimissionario.
Eugenio Patané, c onsigliere regionale del PD, indagato per turbativa d'asta e finanziamento illecito.
Giovanni Quarzo , presidente della commissione Trasparenza del Campidoglio.
Gli indagati nell'area di centro-destra sono:
Gianni Alemanno , ex sindaco PDL di Roma dal 2008 al 2013 e ora iscritto a Fratelli d'Italia, indagato per concorso esterno in associazione a delinquere di stampo mafioso, che secondo il Gip con Mafia Capitale aveva “contatti diretti e ne favoriva il sodalizio”, assecondando cioè le richieste della banda in cambio di tangenti.
Luca Gramazio , capogruppo PDL-FI alla Regione, membro del Comitato regionale di controllo contabile.
Stefano Andrini , ex picchiatore nero messo da Alemanno alla “servizi Ambientale”.
Gennaro Mokbel , “il nazista” già al centro della megatruffa Fastweb e Telecom Sparkle, indagato per tentata estorsione.
La banda di Carminati
E' descritta come un'organizzazione che agiva sia sul fronte della criminalità comune che su quello della corruzione politica. Per la prima poteva contare su solidi collegamenti con i camorristi napoletani di Michele Senese, i calabresi, cosa nostra, i vecchi eredi della Magliana (Ernesto Diotallevi e Enrico Nicoletti) e con il clan dei Casamonica, padroni di Roma Est. “Ottimi” secondo gli investigatori anche i rapporti con il clan dei Santapaola, che si appoggiava alla banda di Carminati per forniture di armi, omicidi e rapine nella capitale. I rapporti con la 'ndrangheta erano tenuti invece soprattutto tramite Buzzi, che parlava con Giovanni Campennì, legato alla famiglia Mancuso di Limbadi.
I suoi uomini erano Riccardo Brugia , suo braccio destro che “coordina le attività criminali, il recupero crediti” e “custodisce le armi”. Giovanni De Carlo , capobastone di Ponte Milvio, Roberto Iacopo , gestore del distributore Eni di corso Francia dove la banda teneva riunioni, e Matteo Calvio , detto “spezzapollici”, che si autoproclama iscritto al M5S, il picchiatore incaricato di spaccare le ossa a chi sgarrava nei pagamenti. Estorsioni, usura, riciclaggio e “riscossioni crediti” erano infatti le loro specialità. Alla banda si rivolgevano anche noti vip del mondo del calcio e dello spettacolo.
Per i rapporti con il mondo della politica c'era invece Fabrizio Testa , ex Destra sociale di Alemanno, da lui promosso all'Enav e a Technovsky, e lo stesso Buzzi. Ai loro ordini (“a disposizione”) c'erano Mancini (“er ciccione”, o anche “er porcone”), Panzironi e Gramazio. Il 13 dicembre 2012 Carminati così spiega a Brugia come i due mondi si incontrino nella sua organizzazione: “ Ci stanno, come si dice, i vivi sopra e i morti sotto. E noi stiamo nel mezzo. Perché ci sta un mondo, un mondo di mezzo, in cui tutti si incontrano. E tu dici: 'Cazzo, com'è possibile che un domani io posso stare a cena con Berlusconi...'. E invece il mondo di mezzo è quello dove tutto si incontra. Tu stai lì. Non per una questione di ceto. Ma di merito. Perché anche la persona che sta nel sopramondo ha interesse che qualcuno del sottomondo gli faccia delle cose che non gli può fare nessuno. E quindi tutto si mischia”.
Con gli imprenditori (soprattutto palazzinari interessati ai permessi di costruzione che Carminati e Buzzi potevano procurare facilmente con le loro amicizie in Comune) non c'è un rapporto di sudditanza, ma “deve essere un rapporto paritario”: “Noi dobbiamo intervenire prima... non si può più fare come una volta, che noi arriviamo e facciamo i recuperi...questi devono essere i nostri esecutori... devono lavorare per noi”, spiega ancora Carminati a Brugia. E poi lo istruisce così: “Perché tanto nella strada - glielo devi dire – comandiamo sempre noi...non comanderà mai uno come te nella strada”
I loro metodi sono spicci: “A quello (Mancini, che tergiversa nel pagare Buzzi) bisogna farlo urla' come un'aquila sgozzata”. E le blandizie si alternano alle minacce. Ad una radio privata compiacente Carminati racconta come va a “bussicchiare” agli uffici comunali per offrire i suoi servigi: “Che te serve, il movimento terra? Che ti attacco i manifesti? Che ti pulisco il culo...ecco, te lo faccio io, perché se poi vengo a sape' che te lo fa un altro, capito? Allora è una cosa sgradevole...”

Carminati l'”intoccabile”
L'ex terrorista nero l'ha sempre fatta franca finora: in un'intercettazione Buzzi spiega perché Carminati “è intoccabile”: “perché era lui che portava i soldi di Finmeccanica” a tutto il parlamento: “4 milioni dentro le buste! 4 milioni! Alla fine mi ha detto Massimo che è sicuro che l'ho portati a tutti! Tutti! Pure a Rifondazione” (dalle carte viene fuori tra l'altro anche il nome di Cossutta, ndr). All'attenzione dei magistrati c'è infatti anche un importante filone che riconduce allo scandalo Enav-Finmeccanica e ai rapporti equivoci che legano Carminati all'ex n. 3 dell'azienda Paolo Pozzessere, imputato a Napoli per il filone Lavitola-Panama, a Marco Iannilli, commercialista del braccio destro del presidente di Finmeccanica Guarguaglini.
Tra i suoi “migliori amici” ex camerati c'è anche il vicedirettore della Banca d'italia Fabio Panetta, “che oggi dice in un'intercettazione - è il n.3 della Bce, l'unico della Banca d'Italia che si è portato Draghi e io ci ho fatto le vacanze insieme per tutta la vita”.
Aveva contatti anche nelle forze dell'ordine, come dimostra una macchina della questura intercettata al distributore di corso Francia con due misteriosi funzionari che lo avvisano di essere indagato e stanno ad ascoltare rapiti i suoi trascorsi nella banda della Magliana. Peraltro sono ben noti i suoi antichi legami con i servizi segreti.

Il sistema di Buzzi
Buzzi inizia la sua carriera di organizzatore dell'associazionismo di “sinistra” grazie agli appoggi di Mario De Carlo, allora presidente dell'Ama, e di Loredana De Petris (ex Verde oggi capogruppo SEL al Senato) e Giusy Gabriele (ex PRC), allora assessori della giunta Rutelli. Il quotidiano “Libero” parla anche di una sottoscrizione di 2.680 euro della cooperativa di Buzzi a “il manifesto” trotzkista nel 1991, che in un corsivo di prima pagina conferma la notizia.
Tramite la sua cooperativa Buzzi lucra sugli appalti in cambio di tangenti ai suoi referenti politici al Comune, alla Provincia e alla Regione. “Quest'anno abbiamo chiuso con 40 milioni di fatturato ma tutti i soldi li abbiamo fatti su zingari, emergenza alloggiativa e immigrati, gli altri settori finiscono a zero”, spiega infatti in un'intercettazione, e aggiunge: “Tu c'hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? La droga rende meno”. La sua segretaria Nadia Cerruti , anche lei arrestata, e alla quale hanno trovato in casa l'agenda con i pagamenti a nero del capo, racconta agli inquirenti che ogni mese, insieme alle buste paga dei dipendenti, preparava anche le buste con le mazzette, “anche fino a 10 mila euro”, che poi Buzzi passava a ritirare per consegnare ai rispettivi destinatari.
Impressionante il giro di politici e funzionari pubblici, di destra e di “sinistra”, che Buzzi aveva a libro paga. Alla vigilia delle elezioni comunali del giugno 2013, ad esempio, dice: “Io pago tutti. Questo è il momento che paghi di più perché stanno le elezioni. Poi per cinque anni i miei non li paghi più. Quell'altri li paghi sempre a percentuale su quello che fanno. E se punti sul cavallo sbagliato... mo' c'ho quattro cavalli che corrono col PD, poi con la PDL ce n'ho tre e con Marchini (Alfio Marchini, imprenditore di “centro-sinistra”, anche lui candidato, ndr) c'ho rapporti con Luca (Odevaine, ndr). A luca gli do' 5 mila euro al mese. A un altro che mi tiene i rapporti con Zingaretti (attuale presidente della Regione Lazio, ndr), 2.500 il mese. 1.550 a quello che mi tiene i rapporti al Comune. 10 mila al mese a un assessore. Mo' siamo messi bene perché con Marino siamo coperti. Alemanno coperti e con Marchini c'ho Luca che piglia i soldi e per questo non rompesse il cazzo”.
I suoi referenti in Campidoglio sono Coratti e Ozzimo (“me li sto a compra' tutti”). Ma vanta anche legami con Mattia Stella (non indagato), capo segreteria di Marino, col quale tratta sugli appalti (“Sto' Mattia lo dobbiamo valorizzare, lo dobbiamo lega' più a noi”), e col vicesindaco di SEL, Luigi Nieri, che gli serve per “prendere le misure a Marino”. Buzzi e Stella vengono anche beccati dal Ros dei carabinieri a cena insieme in un ristorante per vip al Circo massimo. Il loro è un “rapporto privilegiato che passava anche per incontri personali in luoghi diversi da quelli istituzionali”, sottolinea il Gip Flavia Costantini.

Corrotti e corruttori
Per vincere le gare sulla raccolta del multimateriale Buzzi spiega come fare: “I nostri assi nella manica per farci vincere la gara dovrebbero essere la Cesaretti per conto di SEL, Coratti che venerdì ce vo a prende un bel caffè e metto in campo anche Cosentino (Lionello, senatore e segretario della federazione romana del PD, ndr)”. Di Coratti dice anche: “Me lo so' comprato, ormai gioca con me”. E poi racconta di avergli “promesso 150 mila euro per sbloccare un pagamento di 3 milioni sul sociale”. Per il business dell'accoglienza dei richiedenti asilo c'è Odevaine, che si vanta di aver decuplicato gli assistiti assegnati a Roma, e al quale sono andati 44 bonifici in due anni della 29 Giugno transitati sui conti dell'ex moglie e del figlio per un totale di 226 mila euro; soldi inviati in Svizzera e in Venezuela, paese d'origine della ex moglie. Infatti è stato arrestato perché secondo i pm era già pronto a scappare.
In un'intercettazione il responsabile del Tavolo di coordinamento per i rifugiati presso il Viminale parla incidentalmente anche di un maneggio che l'allora vicepresidente del Consiglio del governo Berlusconi, Gianni Letta, avrebbe fatto a favore del suo amico costruttore Pizzarotti e della propria sorella Teresa, vicepresidente della Croce rossa, quando nel 2011, per fronteggiare l'emergenza sbarchi, Berlusconi fece requisire il “Villaggio degli aranci” di proprietà di Pizzarotti a Mineo, pagando al costruttore l'iperbolica cifra di 6 milioni l'anno di affitto, e poi affidandone la gestione alla Croce rossa: “E costava il doppio di qualunque altro centro in Italia”, commenta ridendo al telefono Odevaine, riferendo poi al suo interlocutore di un altro maneggio sui rifugiati a favore di una cooperativa di Comunione e liberazione e di tangenti di questa associazione al NCD di Alfano e al ministro Lupi, in cui si fa anche il nome dell'allora presidente della provincia di Catania, Giuseppe Castiglione, oggi sottosegretario all'Agricoltura del governo Renzi.
Il nome di Gianni Letta ricorre anche in un'intercettazione di Buzzi del 18 marzo scorso, che si era rivolto a lui per intercedere col prefetto Pecoraro per sbloccare un centro richiedenti asilo, il Cara di Castelnuovo di Porto, durante la quale Buzzi riferisce a Odevaine che con Pecoraro “è andata molto bene”. A quanto pare l'intervento di Letta era stato utile: “Ce stamo a compra' mezza prefettura”, dice addirittura Buzzi. Negli atti i carabinieri del Ros annotano anche che egli si vanta con Carminati di avere “una persona al Quirinale” che gli avrebbe dato informazioni sull'audizione in prefettura sul Cara.

La banda puntava su tutti e due i tavoli
Buzzi e Carminati pilotano anche le primarie del PD, dicono di sostenere sia Giuntella che Cosentino “che è proprio amico nostro”, e poi puntano su Umberto Marroni, ex dalemiano saltato sul carro di Renzi: “E' vero, se vince il centrosinistra siamo rovinati, solo se vince Marroni andiamo bene”. Ricorrono perfino al voto disgiunto, facendo votare sia Ozzimo che Alemanno. Il sindaco uscente ringrazia: “Eh, questo mi onora molto”. Vince Marino e Marroni diventa deputato, ma il suo uomo Ozzimo diventa assessore alla Casa. Tommaso Giuntella, presidente del PD romano e amico di Orfini, citato in un'intercettazione conferma che le primarie romane sono truccate: “alle nostre – dice - sono andati a votare un sacco di fascisti”.
Ad Alemanno, dipinto come un burattino nelle loro mani, Buzzi ha finanziato le cene elettorali con 75 mila euro, e con 30 mila la sua fondazione Nuova Italia. Altri soldi arrivavano attraverso Panzironi (“a libro paga” con 15 mila euro mensili). Gli forniva pure la claque elettorale per i suoi comizi, facendo venire anche “amici del sud”, ovvero “7-8 mafiosi per fargli prendere i voti alle europee”, come raccontava alla moglie.
Carminati era in stretto contatto con il caposegreteria di Alemanno, Antonio Lucarelli, ed è a lui che indirizza Buzzi quando nel 2008 costui si trova improvvisamente a corto di referenti con la nuova giunta di destra. Durante la giunta Alemanno sono Buzzi, Carminati, Gramazio (allora ex capogruppo comunale del PDL) e Testa a decidere chi mettere nel Cda dell'Ama, che infatti assegna alle società di Buzzi tre appalti milionari per la raccolta differenziata, la raccolta delle foglie e altri lavori per 5 milioni di euro. Alemanno nomina anche altri personaggi, che secondo gli inquirenti sono “espressione diretta degli interessi del gruppo”. L'ex sindaco presenta a Buzzi anche Berlusconi, durante una cena elettorale per le comunali del 2013.
Alemanno respinge tutte le accuse: “Io Carminati non l'ho mai incontrato”, i soldi alla sua fondazione “sono tutti contributi registrati”, e le delibere sull'Ama “erano condivise da destra e sinistra”. L'ex sindaco definisce false (“una millanteria totalmente infondata... io sono l'unico sindaco di Roma che al termine del suo mandato è più povero di quando ha cominciato”) anche le notizie comparse in un'intercettazione del 31 gennaio scorso, in cui Odevaine riferisce ad altri due indagati che “Alemanno ha fatto quattro viaggi, lui e il figlio, con le valigie piene di soldi in Argentina”.
Dopo la vittoria di Marino la banda deve ricostruire con la nuova giunta tutti i rapporti che aveva con quella di Alemanno, e stavolta è Buzzi a rendere il favore a Carminati, sfruttando la sua rete di amicizie “a sinistra”: “Sono in giro per i dipartimenti a saluta' le persone”, dice Buzzi a Carminati dopo l'insediamento della nuova giunta. E lui: “Devi vendere il prodotto amico mio, eh. Mettiti la minigonna e vai a battere da questi”. “Di nove cavalli (gli assessori ndr) sei sono nostri”, lo informerà poi trionfante Buzzi a lavoro di infiltrazione compiuto. I due sono capaci anche di condizionare le nomine nei posti chiave, come quella di Walter Politano, nominato appena a novembre responsabile dell'anticorruzione del Campidoglio.

Il PD e Renzi non possono tirarsi fuori
L'intero PD trema, perché gli inquirenti hanno annunciato che l'inchiesta è appena all'inizio. Del resto le trascrizioni delle intercettazioni sono piene di omissis , di cui molte riferite forse a nomi la cui posizione è ancora al vaglio. Si teme che lo scandalo si allarghi anche alla Regione e allo stesso Zingaretti, che intanto ha sospeso tutte le gare di appalto. Renzi ha detto di sentirsi “schifato” e ha disposto il commissariamento del PD romano, il cui segretario Cosentino si è dimesso, affidando la pratica a Matteo Orfini. E sulle gare del Comune ha inviato il commissario anticorruzione Raffaele Cantone a indagare.
Che il PD romano sia un'accozzaglia di clan di tipo mafioso in lotta per il potere e i soldi (vedi il caso del deputato renziano Marco Di Stefano, indagato per una mazzetta da 1,8 milioni e con un suo collaboratore sparito nel nulla) lo si sapeva da tempo. Ne aveva accennato anche la Madia alle primarie. E allora perché Renzi ha aspettato che si muovesse la magistratura per commissariarlo, proclamando che “non lasceremo Roma in mano ai ladri” solo dopo che questi sono stati presi con le mai nel sacco? Mentre intanto in parlamento i voti del PD salvano i senatori Azzolini (NCD) e Papania (PD), bocciando la richiesta della magistratura di usare le intercettazioni per leindagini in cui sono coinvolti.
Renzi e il suo governo non possono tirarsi fuori così a buon mercato, anche perché il PD e il governo sono coinvolti in questa sporca storia anche a livello nazionale. C'è infatti la foto di quella cena del 2010, a cui partecipava il suo ministro del Lavoro Poletti, insieme ad Alemanno, Buzzi, Panzironi, Umberto Marroni, Ozzimo e Angelo Marroni (padre del deputato PD Umberto, garante dei detenuti del Lazio). Mentre al tavolo accanto figura un esponente del clan Casamonica.
Renzi dice che “una foto a una cena non è una tangente”, e Poletti dice che ha partecipato a centinaia di cene così con le cooperative di cui era il presidente nazionale, ma perché compare anche nel magazine della 29 Giugno accanto a Buzzi, sia nel 2012 che nel 2013? E perché Buzzi sembra tenere in modo speciale a questo rapporto, tanto che a maggio chiudeva così la sua relazione sul bilancio all'assemblea della cooperativa 29 Giugno: “Un augurio di buon lavoro al ministro Poletti, nostro ex presidente nazionale che più volte ha partecipato alle nostre assemblee; un saluto al governo Renzi, affinché possa realizzare tutte le riforme che si è posto come obiettivo, l'unico modo per salvare il nostro Paese dalla stagnazione e dall'antipolitica”. Possibile che l'ex presidente di Legacoop non sapesse nulla di quello che faceva una sua affiliata così importante e che fatturava 60 milioni l'anno, come gli chiede conto anche Roberto Saviano su “La Repubblica” del 4 dicembre? Eppure la galassia di cooperative controllate da Buzzi aveva un ruolo e un peso rilevanti all'interno del sistema Lega Coop.
Quanto alle cene di autofinanziamento come quella tenuta all'Eur, Renzi ha risposto a La7 di non avere “la più pallida idea” se vi abbiano partecipato qualcuno degli arrestati o indagati. Ma Buzzi c'era, con Coratti e Ozzimo. E anche la segreteria nazionale del PD è coinvolta nello scandalo, attraverso Micaela Campana, ex moglie di Coratti e responsabile Welfare della segreteria di Renzi, anche se per ora non è indagata, alla quale Buzzi aveva sollecitato un'interrogazione parlamentare per volgere a suo favore una disputa presso il Tar, e che in un altro passaggio aveva affermato di volersela “comprare”.

Marino non poteva ignorare
Ora il PD di Renzi fa quadrato intorno a Marino, per evitare lo scioglimento del Comune per mafia e le elezioni anticipate (che hanno chiesto tutte le opposizioni e che il prefetto ancora non esclude) e reggere fino a che sia passata la bufera. E questo dopo che il PD gli aveva quasi dato l'ostracismo, fino a un passo da chiedere le sue dimissioni in Consiglio, o almeno un rimpasto della Giunta, per la faccenda delle multe non pagate e per la rivolta delle periferie. Coratti aveva chiesto l'azzeramento e un rimpasto, puntando a entrare nella nuova giunta, mentre Ozzimo si sarebbe piazzato ai Servizi sociali. Non a caso, mentre Marino era sotto assedio, Buzzi chiedeva a Cosentino di suggerire a Forza Italia, tramite Gramazio, di farlo cadere. In quell'occasione Carminati lo informava che però “loro stanno facendo un'operazione direttamente con Zingaretti... perché de Zingaretti si fidano, de Marino non si fida nessuno”.
Ma anche Marino non è credibile e non può tirarsi fuori, perché risulta aver preso finanziamenti da Buzzi in campagna elettorale, con un versamento da 10 mila euro della 29 Giugno e un altro da 20 mila del consorzio Enriches 29. C'è poi il contatto di Buzzi con il vicesindaco di SEL e con il suo caposegreteria Stella. In un'intervista prima delle elezioni l'allora candidato Marino annunciò che avrebbe investito il primo stipendio di sindaco proprio nella cooperativa 29 Giugno. A “Otto e mezzo” aveva detto recisamente di non aver mai parlato con Buzzi, mentre veniva sbugiardato subito da una foto ufficiale che lo ritrae alla cooperativa 29 Giugno a colloquio con Buzzi e alla presenza del vicesindaco Nieri. Insomma, anche lui non si era accorto di nulla? Anche Rosy Bindi chiede che Marino e Poletti diano chiarimenti sui loro rapporti con Buzzi: “tutti devono chiarire. Le foto non sono una prova di reato. A volte non sappiamo neanche con chi ci stanno fotografando, ma è evidente che occorre chiarezza”, ha dichiarato la presidente PD della commissione Antimafia.

Una vicenda emblematica del marciume capitalista
Su questa ignobile vicenda che scuote dalle fondamenta le istituzioni e la macchina statale borghesi c'è da registrare anche il silenzio assordante di Napolitano, lui che è sempre pronto a tuonare contro magistrati troppo invadenti, parlamentari riottosi agli ordini delle segreterie dei partiti, manifestanti “violenti” e così via. Eppure si tratta di una vicenda emblematica come non mai del marciume economico, politico e morale a cui è arrivato il capitalismo italiano. Mai infatti, anche dopo tangentopoli, uno scandalo di tali proporzioni aveva coinvolto la stessa capitale della nazione. Anche perché finora la procura romana, supercontrollata dal regime, aveva sempre funzionato da “porto delle nebbie” che inghiottiva nel nulla tutte le inchieste e gli scandali. Si vede che stavolta il bubbone era talmente vasto e putrescente da non poter essere più ignorato perfino da una magistratura tradizionalmente compiacente col potere politico come quella capitolina.
Ed è una vicenda doppiamente emblematica perché al contrario di tangentopoli oggi il PD del Berlusconi democristiano Renzi, con la sua appendice di SEL, vi assume il ruolo centrale, segno che ormai non è più un partito comprimario, ma protagonista centrale della corruzione dilagante, come e più della vecchia DC e del PSI di Craxi. Infatti il PD è dentro fino al collo in questo maleodorante verminaio di mafia e corruzione politica, che come abbiamo visto esplode a livello locale ma estende le sue propaggini anche a livello regionale e nazionale.
Il fatto è che la corruzione, così come le mafie che la alimentano, è un cancro che nasce dal capitalismo, perché è connaturato e funzionale ad esso, e come tale non risparmia angolo del Paese o settore della società borghese, e non è un caso che oggi questo cancro proliferi particolarmente dove si concentra il potere economico, come a Milano, e quello politico, come a Roma. Per estirparlo occorre estirpare il capitalismo che ne è la radice per far posto al socialismo basato sulla dittatura del proletariato, l'unico potere politico capace di mettere veramente al bando e sconfiggere per sempre le mafie e la corruzione.
 

10 dicembre 2014