Oltre il 60% delle lavoratrici e dei lavoratori contro il Jobs Act, la legge di stabilità, la politica economica del governo e Renzi
Un milione e mezzo di manifestanti in 54 piazze d'Italia
In piazza anche i pensionati e gli studenti. Renzi alla Mussolini: “Non mi faccio impressionare dalle piazze”. Camusso: “Renzi tira dritto? Anche noi”. Napolitano butta acqua sul fuoco e spinge al compromesso. Contestati D'Alema a Bari e Madia a Bologna. La polizia carica gli studenti a Milano, Torino e Roma. Il PMLI, presente in tredici città, invita i manifestanti a spazzar via il governo del nuovo Berlusconi Renzi
Per vincere occorre spazzar via Renzi

Piazze piene contro il governo Renzi. Questo è il primo dato che balza agli occhi nel giorno dello sciopero generale del 12 dicembre indetto da Cgil e Uil che ha visto i lavoratori, affiancati da pensionati, studenti, disoccupati e cassintegrati, invadere le strade di 54 città per opporsi al Jobs Act, alla legge di Stabilità (ossia la finanziaria) e più in generale a tutta la politica economica del governo Renzi. Aver portato un milione e mezzo di persone alle manifestazioni rappresenta senz'altro un successo dello sciopero, tenendo di conto della gravità della crisi economica e della precarietà dei rapporti di lavoro, dove perdere una giornata di stipendio rappresenta un grosso sacrificio e con milioni di lavoratori sotto il ricatto dei licenziamenti. Quindi un successo non scontato.
 

Lo sciopero
Hanno aderito allo sciopero oltre il 60% dei lavoratori, dato generale dietro cui si nascondono realtà molto differenti e poco omogenee. Se nelle piccole e piccolissime aziende sparse per l'Italia si presumono percentuali più basse nelle grandi aziende il discorso cambia. Solo rimanendo nel settore metalmeccanico si registrano astensioni dal lavoro del 100% o giù di lì alla Fiamm e alla Zanardi di Verona, alla Kone di Milano, all'Ilva di Genova, alla Savio di Pordenone, alla Sacim di Cesena, chiuse anche decine di aziende della provincia di Torino del settore meccanico per la pressoché totale adesione allo sciopero. Stesse percentuali anche alla Alenia di Nola e alla Bticino di Castellamare in Campania, al Petrolchimico di Siracusa. In Toscana alte adesioni alla Piaggio di Pontedera (Pisa) mentre alla Sammontana gelati di Empoli (Firenze) si è sfiorato il 100%. In tutti i cantieri Finmeccanica percentuali sopra l'80%.
Alta partecipazione anche nei trasporti e nel settore pubblico in generale, nonostante il tentativo fascista del ministro Lupi di precettare i lavoratori delle ferrovie. Alla fine il ministro dell' NCD, strenuo difensore del Jobs Act, ha dovuto abbassare la cresta anche se i sindacati hanno portato lo sciopero da 8 a 7 ore. A Roma chiuse tutte le linee della metro, analogamente a Milano Torino e Napoli, fermi anche i treni locali di servizio alle grandi città, stop al 60/70% delle corse degli autobus. Cancellati centinaia di voli negli aeroporti di Roma, Milano e degli altri scali minori. Anche molte scuole sono rimaste praticamente chiuse o quasi deserte: sciopero del personale ATA, chiuse molte mense scolastiche, sciopero degli insegnanti e nelle scuole superiori anche degli studenti che ovunque si sono uniti ai lavoratori.
 

Le manifestazioni
Le manifestazioni erano di vario tipo: a carattere provinciale, interprovinciale o regionale. Tra quest'ultime una delle più importanti era a Torino, presente il segretario generale della Cgil Susanna Camusso che dal palco di piazza Castello, riferendosi alla battaglia contro la politica del governo Renzi, ha dichiarato: “deve essere chiaro che noi non ci fermiamo”. In una città praticamente bloccata dallo sciopero sono sfilati in 70 mila. Sulla prima pagina di “Repubblica” del 13 dicembre campeggia una bella foto con in primo piano la bandiera e il cartello del PMLI, presente alla manifestazione. Tantissimi anche a Milano, dove tra i 50 mila ha sfilato anche una delegazione del PMLI In Lombardia era organizzato un corteo anche a Brescia. A Milano, Torino e Roma ci sono stati scontri tra studenti e polizia a dimostrazione che appena si accenna a qualche protesta fuori dai classici cortei, tipo assediare palazzi simbolo del potere economico e politico, si viene immediatamente manganellati dalle “forze dell'ordine”.
A Roma hanno sfilato in 40 mila al corteo in cui era presente il PMLI, chiuso dall'intervento del nuovo segretario della Uil Carmelo Barbagallo. A questa grande e colorita manifestazione si è affiancata quella organizzata dagli studenti medi e universitari a cui si sono uniti i movimenti per la casa. Migliaia in piazza anche a Genova dove ha concluso il leader della Fiom Maurizio Landini che ha detto : "Non ci fermiamo, Renzi può mettere tutte le fiducie che vuole, anche una al giorno, la lotta continuerà”. Più articolate le manifestazioni in Emilia-Romagna, ben 11, tutte molto partecipate; ad alcune era presente anche il PMLI. In Toscana cortei a Firenze, Pisa e Siena. Il centro del capoluogo è stato invaso da un lungo corteo di 30 mila lavoratori, la delegazione del PMLI che vi ha partecipato ha sfilato compatta e combattiva. A Pisa hanno sfilato in 10 mila, più combattive le fabbriche in crisi come le acciaierie di Piombino, la Magona, le cartiere di Lucca, la Salt di Camaiore e la Trw di Livorno. Apprezzato il volantino diffuso e alcuni operai di una caritiera di Lunata (Lucca) hanno entusiasticamente voluto “Il Bolscevico”: “E' quello che cerchiamo”. Straordinaria adesione e partecipazione di lavoratori e studenti anche a Napoli dove i tre cortei (dove sono confluite almeno 30 mila persone) e il blocco dei trasporti hanno praticamente paralizzato la città. Ben 10 le manifestazioni in Sicilia, le più grandi e combattive a Palermo e Catania. In queste ultime tre grandi città del Sud era presente anche il PMLI.
Le bandiere del PD non si sono quasi viste anche se qualche sparuto “civatiano” ed esponente della minoranza del partito di Renzi si è visto qua e là ma l'accoglienza è stata freddina e in alcuni casi ostile. Alla manifestazione di Bari, dove hanno partecipato in 10 mila, è stato duramente contestato Massimo D'Alema. L'ex premier è stato apostrofato dai lavoratori con “venduto e buffone” e “vattene via”. Il rinnegato del comunismo ha cercato di cavarsela dicendo che passava di là per caso mentre tornava da una visita al sindaco, in ogni caso la polizia ha dovuto scortarlo fino all'Hotel Excelsior. Un gruppo di studenti che al mattino avevano manifestato in piazza a Bologna ha contestato il ministro della Pubblica Amministrazione Marianna Madia all'università felsinea, per tutta risposta sono stati violentemente manganellati ma la cerimonia in corso (consegna di alcuni diplomi) è stata annullata.
 

Il PMLI
I marxisti-leninisti complessivamente erano presenti in tredici delle oltre 50 piazze italiane e precisamente a Torino, Milano, Modena, Ferrara, Rimini, Forlì, Ancona, Firenze, Pisa, Roma, Napoli, Palermo e Catania, ovunque è stato possibile e ha invitato i manifestanti a lottare per spazzar via il governo del nuovo Berlusconi Renzi. Per le singole cronache vi rimandiamo agli articoli degli inviati e delle redazioni locali. Dove eravamo più numerosi e le forze ce lo permettevano, le delegazioni del nostro Partito hanno cercato di tenere alta la combattività dei cortei che, specie in alcune città, non si è espressa ai massimi livelli.
Pur disponendo di forze esigue, ovunque abbiamo attirato l'attenzione della parte più avanzata dei lavoratori, con le bandiere dei Maestri e del Partito, i nostri cartelli, i corpetti, il colore rosso, gli slogan, i volantini chiari e comprensibili a chiunque che in tutte le città dove eravamo presenti sono andati letteralmente a ruba. I compagni sono stati super fotografati e in alcuni casi intervistati. Anche in questa occasione abbiamo potuto vedere come il PMLI nelle manifestazioni operaie si muove come un pesce nell'acqua e come molti dei nostri militanti e simpatizzanti, anche singolarmente, abbiano nei propri luoghi di vita e di lavoro parecchie conoscenze e il rispetto dei lavoratori, anche di quelli che che non si riconoscono nella nostra linea politica. In tanti sono venuti a esprimerci il loro sostegno, a parlare con noi, o semplicemente a salutarci. Questi preziosi rapporti andranno approfonditi e rafforzati.
Tutti i partecipanti allo sciopero generale del 12 dicembre hanno dato dimostrazione di attaccamento al Partito, mostrando spirito di sacrificio e d'iniziativa anche quando si sono ritrovati in numero esiguo. Hanno tenuto alta la bandiera del socialismo e della lotta di classe e rappresentato degnamente il PMLI.
 

Renzi arrogante, Napolitano pompiere
Di fronte al successo dello sciopero Renzi ha accusato il colpo e nelle prime dichiarazioni si è frenato. “Massimo rispetto per il sindacato” e “atteggiamento di rispetto e senza polemiche verso chi protesta” le prime parole, ma subito dopo si è fatto di nuovo arrogante come Mussolini: ”non mi faccio impressionare dalle piazze” e “loro scioperano, noi lavoriamo”. Non è stato da meno il ministro dell'economia Padoan che provocatoriamente ha detto: “il sindacato non ci fa paura” e con con grande faccia di bronzo: “questa riforma serve a includere nel mercato del lavoro chi ne è stato escluso”. Contro lo sciopero anche la vicesegretaria del PD, Debora Serracchiani, che lo giudica politico e pretestuoso, come se non ci fossero anche motivazioni concrete ed economiche a giustificarlo. Invece, guarda caso, apprezza la Cisl che non ha aderito allo sciopero.
Ha svolto invece il ruolo di pompiere il nuovo Vittorio Emanuele III, Giorgio Napolitano. Questo vecchio rinnegato del comunismo ha invitato alla calma e alla “moderazione” tutti gli attori dello scenario politico e sociale italiano. Ha cercato di non sbilanciarsi troppo ma è apparso evidente che il monito ad “abbassare i toni” era rivolto principalmente ai sindacati e alle proteste dei lavoratori nelle piazze perché il presidente della Repubblica è uno strenuo sostenitore del Berlusconi democristiano Renzi, anzi, ne è in buona misura il padrino e protettore politico. Costui è un alfiere delle controriforme neofasciste che questo governo vuole completare tanto che pochi giorni fa dichiarò: “le riforme sono necessarie per il bene dell'Italia” e “l'Europa ci chiede di completare le riforme”.
 

Questo sciopero non basta
Lo sciopero del 12 dicembre non è sufficiente. E' vero, la parola d'ordine sembra essere “noi non ci fermiamo” e la stessa Camusso ha ripetuto “Renzi tira dritto? Anche noi”. Ma se non ci limitiamo alla superficie e ai titoli dei giornali, tutte le dichiarazioni, da Barbagallo della Uil fino a Landini, passando per il segretario generale, sembrano invece essere improntate alla spasmodica ricerca di un ascolto, un incontro, una piccola concessione da parte di Renzi. Chiedono più spazio per i sindacati affinché possano svolgere il ruolo di mediatore tra lavoratori e pensionati da una parte e le pretese del governo e del padronato dall'altra. Insomma un ritorno alla vecchia e dannosa concertazione che ha tolto tanti diritti ai lavoratori.
Renzi sicuramente non tornerà indietro e continuerà nella sua politica antioperaia e antipopolare, oltreché presidenzialista e fascista. La Cgil si trova quindi davanti a un bivio: andare alla smobilitazione se riesce ad ottenere udienza dal governo e qualche debole e secondaria concessione magari sulla legge di stabilità, oppure pretendere il ritiro del Jobs Act, di togliere le mani dall'articolo 18 e dallo Statuto dei lavoratori, il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, la lotta al lavoro precario e quindi andare allo scontro frontale con il governo Renzi. Staremo a vedere, ma una cosa è certa, se la Cgil vuol fare veramente sul serio lo sciopero del 12 dicembre dovrà rappresentare solo una tappa, e non l'arrivo, della mobilitazione. Già siamo in grave ritardo.
I lavoratori in questi mesi di lotte hanno dimostrato che sono disposti a mobilitarsi e hanno imparato sulla loro pelle che questo governo è in piena continuità con quelli precedenti, compresi quelli di Berlusconi. Tanto è vero che Renzi ha perso velocemente quel consenso che erroneamente una parte di lavoratori gli aveva concesso e adesso, ovunque si rechi, ci sono i lavoratori e le masse a contestarlo. Ma per vincere, per respingere il Jobs Act e l'attacco ai diritti, al lavoro, ai salari e al sindacato occorre spazzar via Renzi e il suo nero governo. La parte più avanzata dei lavoratori, che siano nella Cgil o nei “sindacati di base”, è giunta a queste conclusioni e anche i marxisti-leninisti la pensano così, anche se dubitiamo fortemente che i dirigenti della Cgil ragionino allo stesso modo.
 

Sindacati inadeguati
La mobilitazione di questi mesi ha mostrato come la classe operaia italiana sia ancora forte e come i sindacati siano inadeguati a sostenere lo scontro con governo e padroni. Tralasciando Cisl e Uil, sia la Cgil che i sindacati di “base” non si sono dimostrati all'altezza, non hanno saputo, o voluto, gestire la lotta nei giusti tempi e metodi. Queste scelte sbagliate sono figlie delle ideologie che ispirano questi sindacati: il riformismo e la socialdemocrazia la Cgil, l'anarchismo, l'operaismo e il trotzkismo i Cobas, Usb e simili.
La Cgil ha tergiversato a lungo, quando già ad aprile si sapeva del Jobs Act e dello smantellamento dell'articolo 18 e di altre tutele. Dopo essere stata presa a pesci in faccia svariate volte da Renzi ha iniziato a cambiare registro ma la strenua ricerca dell'intesa con Cisl e Uil, unita alla speranza di un improbabile ripensamento del governo magari grazie alle lotte interne al PD, ha trascinato per lunghi mesi la decisione dello sciopero generale. Alla fine si è fatto solo dopo la straordinaria dimostrazione di forza dei lavoratori del 25 ottobre nella capitale, dopo che la legge delega era stata oramai approvata in parlamento, e senza la forza dirompente di una manifestazione unica a Roma sotto le finestre di Palazzo Chigi.
I “sindacati di base”, sicuramente su posizioni più avanzate e in anticipo rispetto alla Cgil nella denuncia del governo Renzi, hanno accusato il sindacato della Camusso di non aver fatto niente per far coincidere gli scioperi ma loro hanno fatto lo stesso anzi, per il 12 dicembre Usb e Cobas hanno invitato lavoratori e studenti a boicottarlo, generando confusione e divisioni. Dobbiamo riconoscere che a livello sindacale gli unici che hanno tentato di unificare le lotte e la mobilitazione sono stati il “Sindacato è un altra cosa” (sinistra Cgil) e la Fiom (metalmeccanici Cgil).
Un'ulteriore riprova della necessità di un Grande Sindacato delle lavoratrici, dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati fondato sulla democrazia diretta e sulle assemblee generali, con dirigenti revocabili in ogni momento, che superi gli attuali sindacati confederali e di “base”. Un sindacato dove i lavoratori siano liberi della soffocante e mastodontica burocrazia sindacale, corrotta e asservita al palazzo, che operi per la difesa degli interessi fondamentali e immediati dei lavoratori, senza vincoli e compatibilità dettate dai capitalisti e dal governo. Intanto nell'immediato i marxisti-leninisti si daranno da fare dentro e fuori il sindacato per spingere alla mobilitazione e per far crescere tra i lavoratori la consapevolezza che per vincere occorre spazzar via Renzi.
 

17 dicembre 2014