Proteste in tutto il mondo
Erdogan incarcera 32 giornalisti antigovernativi

 
La polizia turca ha effettuato il 14 dicembre una serie di arresti fra giornalisti, editori e dirigenti di gruppi televisivi, considerati oppositori o avversari al governo del presidente Recep Tayyip Erdogan. Il blitz degli agenti in 13 città ha portato in carcere 32 persone con l'accusa, spiegava il procuratore capo di Istanbul Hadi Salihoglu, è di "aver messo in piedi un gruppo terrorista" e di aver diffuso falsità e calunnie. Accuse evidentemente pretetuose che sono state condannate da proteste in tutto il mondo.
Sotto tiro in particolare sono finiti gli organi di informazione legati all’ex alleato diventato nemico del presidente, Fetullah Gulen, rifugiato negli Usa; l’unità antiterrorismo della polizia turca ha fatto irruzione nella sede del quotidiano in lingua inglese Zaman e negli studi della tv Samanyolu, considerate vicine alle sue posizioni. L’obiettivo della polizia che ha fatto irruzione nel palazzo del quotidiano, a Yenibosna, un quartiere di Istanbul, con la complicità della sicurezza, scriveva Zaman, era quello di prelevare il direttore del quotidiano, Ekrem Dumanlı, ma aveva dovuto desistere grazie “all’opposizione della redazione”. I poliziotti sono stati respinti dai manifestanti che hanno bloccato i corridoi all'interno dell’edificio gridando “la stampa libera non può essere zittita”. Solo nel pomeriggio gli agenti sono potuti tornare e arrestare il direttore di Zaman.
La notizia di un nuovo giro di repressione contro i giornalisti dell'opposizione girava nei giorni precedenti sui social network; in particolare su quelli come Twitter e Youtube finiti sotto il tiro del governo perché mezzi di diffusione del dissenso durante le proteste di Gezi Park e piazza Taksim.
Il presidente Erdogan dopo la vittoria alle amministrative del marzo scorso e alle presidenziali di agosto che lo hanno confermato alla guida del paese che intende guidare col pugno di ferro.

23 dicembre 2014