Documento del Comitato centrale del PMLI
I giovani e il lavoro del PMLI sul fronte giovanile e studentesco

Pubblichiamo il testo integrale del Documento approvato dalla 3ª Sessione plenaria del 5° CC del PMLI il 3 aprile 2011.

Il tema del fronte giovanile è di fondamentale importanza: in primo luogo perché i giovani hanno un estremo bisogno della direzione del Partito del proletariato per poter risolvere i loro gravi e molteplici problemi, che sono e saranno sempre al centro delle nostre preoccupazioni; in secondo luogo perché solo avendo tanti giovani dalla sua parte il PMLI potrà adempiere alla sua missione storica e svilupparsi in un Gigante Rosso anche nel corpo oltre che nella testa.
Benché la nostra discussione odierna sia dedicata ai giovani in Italia, non possiamo mancare di esprimere la solidarietà e l'ammirazione del CC e di tutto il Partito verso i coraggiosi giovani arabi in lotta, che da mesi infiammano il Nord Africa e il Medio Oriente, e che in Libia, Yemen, Bahrein e Arabia Saudita sono attualmente impegnati in dure battaglie contro i rispettivi tiranni Gheddafi, Saleh, Hamad e Abdullah. Il loro esempio e, in particolare, la sorte di Ben Alì e Mubarak, dimostra ancora una volta qual è l'unica via da seguire per rovesciare gli oppressori: anche noi, riversandoci uniti e determinati nelle piazze d'Italia, possiamo buttare giù il neoduce Berlusconi.
Noi condanniamo fermamente la guerra alla Libia, chiediamo con forza a Napolitano e Berlusconi di ritirare l'Italia dalla guerra, e ci battiamo per la Libia libera da Gheddafi e dagli imperialisti.

La situazione giovanile in Italia
Nel Rapporto politico al 5° Congresso, il compagno Giovanni Scuderi ha spiegato: "In Italia domina tuttora l'imperialismo. Al potere c'è la borghesia. Quella con la camicia nera siede a Palazzo Chigi"(1). Sarebbe impossibile compiere un'analisi esauriente e di classe della situazione giovanile in Italia senza partire da questa premessa. La lotta di classe coinvolge infatti anche la gioventù: il fatto che al potere ci sia la borghesia e che ci troviamo in regime neofascista, determina l'assunzione di politiche capitalistiche che hanno le conseguenze nefaste che vedremo; non solo, determina anche la forte influenza della cultura borghese fatta di disvalori quali l'individualismo, l'egoismo e l'arrivismo sfrenati.
I giovani fra i 15 ed i 34 anni sono circa 15 milioni, tra i quali vanno inclusi i molti giovani migranti giunti nel nostro Paese negli anni scorsi. Si tratta di una massa che, sia pure con le dovute e fondamentali differenze che intercorrono fra studenti e giovani lavoratori e disoccupati, condivide simili problemi politici e sociali.
L'attuale grave crisi del capitalismo e le politiche liberiste e filopadronali adottate dal governo Berlusconi, con la macelleria sociale che le ha seguite, hanno portato a un peggioramento delle condizioni di vita e di lavoro delle masse giovanili, per non parlare del progressivo smantellamento dell'istruzione pubblica.
Il lavoro stabile e sindacalmente tutelato è ormai una chimera per i giovani, con la disoccupazione giovanile al 29,4%, toccando i picchi maggiori nel nostro martoriato Mezzogiorno, nelle cui regioni, oltre che nel Lazio, supera più o meno abbondantemente il 30%. Più di 1.500.000 giovani lavorano in nero. Meno del 50% dei giovani è riuscito a trovare lavoro a un anno dal termine degli studi.
Le aggravate condizioni economiche hanno come conseguenza un sempre maggiore tasso di abbandono scolastico - l'Italia è al primo posto fra i paesi membri dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (OCSE) per abbandono degli studi universitari -, con il 19,2% dei giovanissimi sotto i 15 anni che lascia prematuramente gli studi; il picco lo tocca la Sicilia con il 26,5%. Specie nel Meridione ciò è legato alla necessità di immettere al più presto i ragazzi nel mondo del lavoro per arrotondare gli stipendi dei genitori. A tutto ciò si aggiunge il fatto che negli ultimi quattro anni l'iscrizione alle università è calata del 9,2% e la situazione non accenna a migliorare.
Un'altra odiosa conseguenza è l'impossibilità per i giovani di uscire di casa e divenire economicamente indipendenti dai genitori. Nel complesso il 55,5% di coloro che escono dalla casa della famiglia di origine lo fanno a seguito del matrimonio o di una convivenza, quindi grazie al sostegno economico reciproco con il partner. Tale limitazione non è stata risolta ma aggravata dai provvedimenti per i giovani annunciati dalla ministra Meloni lo scorso novembre, che anziché aiutare i giovani che vogliono rendersi indipendenti dalla famiglia punta tutto sulle coppie sposate che cercano casa. Oltre il 50% dei giovani fra i 25 e i 29 anni indica nel disagio economico l'impedimento principale all'indipendenza dalla famiglia.
Nonostante le tante chiacchiere sulla condizione femminile, per le giovani donne la situazione si aggrava ulteriormente, in quanto hanno più difficoltà degli uomini a trovare un lavoro stabile, mentre vi è un alto tasso (15,6%) di donne costrette ad abbandonare il lavoro a seguito della nascita di un figlio, vittime come sono della schiavitù domestica tipica del capitalismo e delle discriminazioni in quanto madri che pesano sulla produzione.
Non esistono politiche a favore dell'assunzione giovanile, anzi è stato segnalato che risultano maggiormente cassintegrati, quando non licenziati, proprio i lavoratori più giovani, sulla base della logica perversa che licenziare i figli permette di "salvaguardare" i padri, in quanto fonti principali del reddito della famiglia. Al di là del fatto che non è insolito che la mannaia del licenziamento si abbatta anche sui più anziani, gettando così sul lastrico l'intera famiglia, questo "metodo" è interamente funzionale ai profitti della borghesia e non fa che peggiorare la disoccupazione giovanile, che come abbiamo visto è una vera e propria emergenza sociale.
Tutto ciò aggrava le discriminazioni sociali presenti nella società capitalista italiana e che hanno un impatto deleterio particolarmente forte sui giovani.
Peggiora il problema della droga, che coinvolge sempre più persone; benché si sia alzata l'età media dei consumatori di droga, sono i giovani e i giovanissimi (compresi i minorenni) a esserne maggiormente ghermiti. Secondo la Relazione 2010 dell'Osservatorio europeo sulle droghe, l'Italia è ai primi posti in Europa, assieme a Regno Unito e Spagna, nel consumo di cocaina ed è fra i pochi paesi europei dove è in aumento il consumo di hashish e marijuana. Aumenta anche l'abuso di alcool, che è a prezzi ben più abbordabili.
Il mercato della droga è totalmente funzionale al capitalismo: da una parte è un'immensa fonte di profitto per la criminalità organizzata, dall'altra inibisce i giovani, molti dei quali sono proletari, e li distoglie dalla lotta di classe e dall'impegno politico. Ad alimentare il consumo di droga da parte delle fasce più deboli della società sono l'emarginazione e lo sfruttamento di queste ultime, congiuntamente alla decadenza dei cosiddetti "valori morali" di cui il neoduce, con le sue deprecabili abitudini personali che vorrebbe erigere a modello, è l'esempio più lampante.
Non è un caso che il governo Berlusconi, così come tutti i governi borghesi che lo hanno preceduto negli scorsi anni (compresi quelli di "centro-sinistra"), si siano concentrati sulla caccia al piccolo consumatore e al piccolo spacciatore, come se questa fosse la panacea di tutti i mali. La stessa equiparazione fra droghe leggere e droghe pesanti, fra consumatori e spacciatori, e la relativa repressione contro i piccoli consumatori, sanciti dalla criminale legge Fini-Giovanardi del 2005, non risolve affatto il problema, ma al contrario lascia i grandi trafficanti totalmente liberi di agire.
Anche le periferie cittadine sono luogo di disagio e degrado: vengono completamente abbandonate a se stesse, nell'ottica della città capitalista tutta immagine che deve risplendere di luci e vetrine nel centro, senza interessarsi minimamente delle periferie fatiscenti. Ne consegue che a farla da padrone è la criminalità, e non solo nelle città del Mezzogiorno, che cerca di divorare i tanti giovani proletari, sottoproletari e disoccupati italiani e migranti ghettizzati nelle periferie urbane.
Ad aggravare la solitudine giovanile è la mancanza di luoghi di aggregazione. I centri sociali autogestiti che i giovani creano con coraggio e voglia di impegnarsi e migliorare la condizione del loro luogo di vita, sono sotto costante attacco da parte dei governi locali, che li sgomberano con la forza, e dei fascisti, che li assaltano in veri e propri raid squadristi.
Queste condizioni non possono che portare una parte dei giovani all'emarginazione, alla disgregazione, all'imbarbarimento, al disinteresse e al disimpegno politico, culturale e sociale, nonché alla piccola delinquenza. Problemi che i governi borghesi, e in special modo il governo Berlusconi, pensano di poter risolvere con la militarizzazione delle città, la repressione e l'istituzione delle "ronde".
Per via della massiccia immigrazione degli scorsi anni, è venuta a crearsi e svilupparsi la questione dei giovani migranti. Questi giovani, che siano nati in Italia o che vi siano giunti dai propri paesi d'origine, si trovano a dover subire tutti i problemi suddetti, a cui si vanno ad aggiungere la discriminazione (sul lavoro, a scuola e nell'ambiente di vita), il razzismo e la xenofobia fomentati in particolare dalla Lega Nord di Bossi: raddoppia per loro il rischio dell'emarginazione sociale e quindi di cadere nella piccola delinquenza.
È in questo quadro desolante che aumentano i suicidi giovanili. Benché questo fenomeno venga quasi solamente indicato come un problema di carattere psicologico, noi vogliamo ribadire con forza che si tratta di un problema politico. Le ultime parole dei giovani suicidi, così come testimoniano familiari e amici, confermano che le cause più comuni alla base di questi gesti estremi sono la mancanza di prospettive future, l'acutissima insoddisfazione per una vita ritenuta indegna di essere vissuta, la percepita inutilità della propria persona. Si tratta di accuse ben precise. A essere responsabile dei suicidi dei giovani è il capitalismo, che gli strappa ogni diritto, primo fra tutti quello al lavoro, e gli nega prospettive di vita futura.

I giovani e i sindacati
Per quanto la CGIL frequentemente metta i giovani al centro delle sue mobilitazioni (almeno a parole), come per la grande manifestazione del 27 novembre 2010, nella pratica i suoi rapporti con i giovani sono piuttosto conflittuali.
I giovani sotto i 31 anni nella CGIL costituiscono appena l'8% degli iscritti, circa il 14% in CISL e UIL. Se analizziamo i dati del tesseramento CGIL 2009, vediamo che i pensionati da soli costituiscono più del 52% dei tesserati, gli attivi il restante 47% e i disoccupati appena lo 0,40% con poco più di 22 mila tesserati.
I sindacati in generale, comunque, godono di poche simpatie fra i giovani. Ciò è da imputarsi principalmente al fatto che la CGIL (per non parlare dei sindacati collaborazionisti), anche quando si riempie la bocca di rivendicazioni a favore dei giovani, fa poco o nulla per attuarle veramente. Quale altra conclusione si potrebbe trarre dalla CGIL che dedica il 27 novembre al futuro dei giovani, ma che il 28 ottobre firma il "patto sull'apprendistato" perseguendo questa infame pratica di sfruttamento quasi gratuito senza garanzie di effettiva assunzione finale?
Non fanno che peggiorare la situazione e deludere le speranze nel sindacato le stesse prese di posizione spesso ambigue e opportuniste del nuovo segretario generale Susanna Camusso, prima fra tutte quella sull'accordo separato di Mirafiori, che restaura le relazioni industriali mussoliniane e, insieme a Pomigliano, delinea il tetro futuro in cui i giovani rischiano di trovarsi a lavorare.
Tuttavia qualcosa si muove. I giovani all'interno della CGIL si stanno organizzando, vogliono che si prendano iniziative forti, chiedono che si ritorni al contratto collettivo di lavoro, che si metta fine alle pratiche oppressive dei contratti a termine e degli stage, l'estensione dell'indennità di disoccupazione, il sostegno straordinario per i giovani alla ricerca di un lavoro, l'accesso agevolato alla casa, il diritto allo studio; e dicono: "Basta sfruttamento. Basta precarietà" (dalle Proposte della campagna "Giovani non + disposti a tutto"). E sempre i giovani animano le piazze in occasione delle mobilitazioni, dando prova di essere pronti a lottare per riconquistare il proprio futuro.
Per noi è imperativo che la CGIL adotti una piattaforma rivendicativa per i giovani radicale e decisa, che pretenda misure d'emergenza per favorire l'assunzione giovanile, specie il primo impiego, in questo grave periodo di crisi, le quali però non si fondino sull'apprendistato ma su contratti a tempo indeterminato. Ai giovani in cerca del primo impiego va garantita un'indennità di disoccupazione pari al salario medio degli operai dell'industria. L'apprendistato e tutte le altre forme di supersfruttamento e discriminazione lavorativa dei giovani devono essere aboliti.
Noi vogliamo mettere i giovani lavoratori, precari e disoccupati al centro delle lotte, pertanto gli chiediamo di contribuire all'affermazione della linea sindacale del PMLI e a realizzare dal basso un grande Sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati (SLLPP), fondato sulla democrazia diretta, alla testa del quale vogliamo ci siano proprio i giovani.

I movimenti dei precari
Il precariato è una vera e propria piaga per i giovani. Fatto passare come la "gavetta" necessaria per inserirsi nel mondo del lavoro, in realtà diventa una condanna a vita per un numero sempre maggiore di giovani lavoratori, annullando di fatto le loro prospettive per una vita dignitosa e completa. Fra gli oltre 3 milioni di precari in Italia, i giovani e le donne detengono la maggioranza.
La legge 30 (o "legge Biagi") del 2003 non ha fatto che aggravare le cose incrementando l'apprendistato, il "contratto a inserimento", il contratto a tempo determinato, il contratto a tempo parziale, il "contratto a progetto", il lavoro a chiamata, il voucher, che sono fra i preferiti dai padroni insieme al tirocinio. Veri e propri metodi per sfruttare la forza-lavoro a bassissimo prezzo, sbarazzandosene quando non serve più o quando l'azienda non è in condizioni economiche propizie, il tutto in assoluta legalità.
Oggi la percentuale dei contratti a termine che vengono trasformati in contratti a tempo indeterminato si aggira sul 25%; l'età media della stabilizzazione è salita a 38 anni, rispetto ai 36 del 1998.
La soluzione al problema della precarietà viene vista nel rilancio dell'apprendistato, in quanto "formazione professionale", non solo da Sacconi e Confindustria, ma persino dalla CGIL, che il 28 ottobre scorso ha cofirmato il "patto per l'apprendistato" con il governo.
Per i giovani, in realtà, si tratta di passare dalla padella alla brace. Recenti indagini hanno rilevato come l'apprendistato e lo "stage" siano seguiti sempre meno da assunzioni a pieno titolo. Il Rapporto Excelsior 2009 segnala che nel 2008 è stato assunto appena il 12,9% degli stagisti, nel 2009 la percentuale è scesa al 9,4%.
Lo "stage", utilizzato anche dagli istituti tecnici e professionali, è impiegato prevalentemente per i giovani laureati sia nei settori privati che nella pubblica amministrazione pagati con un misero rimborso spese; uno stesso giovane passa da uno stage all'altro senza trovare sbocco occupazionale; spesso questi giovani stagisti non ricevono nemmeno la formazione che spetta loro.
Un'altra emergenza sociale è quella costituita dai precari della conoscenza, sui quali si è abbattuta la scure della controriforma Gelmini, che ha cancellato la figura del ricercatore universitario a tempo indeterminato e legalizzato la pratica selvaggia della "chiamata diretta", tenendo costantemente i ricercatori sotto ricatto.
I lavoratori precari chiedono con forza che si metta fine all'esercizio disumano, sfruttatore e criminale del precariato, tuttavia spesso sono lasciati soli in queste fondamentali lotte. Da una parte la "sinistra" borghese non è degna di fiducia, e i precari lo sanno bene, memori del pacchetto Treu (votato anche dal PRC); dall'altra però anche la CGIL si mostra sorda alle rivendicazioni più avanzate.
Noi dobbiamo seguire le lotte e le richieste dei precari, stare al loro fianco, a partire dalla mobilitazione del 9 aprile, e batterci per rivendicare che a tutti venga assicurato un lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato.

I giovani e la politica
È all'ordine del giorno, in particolar modo da qualche anno, la questione del rapporto giovani-politica: un rapporto di conflittualità, senza dubbio, attribuita generalmente al disinteresse giovanile. Tutta la colpa starebbe quindi nei "giovani qualunquisti" e non nel sistema politico. Al massimo c'è chi accusa la gerontocrazia, la cui soluzione starebbe nel ricambio generazionale.
Secondo indagini condotte l'anno scorso, il 66% dei giovani non ha fiducia nella politica, il 58% nel capo del governo, il 70% nel Parlamento e ben l'82% nei partiti parlamentari. Dati significativi, tanto più tenendo presente il quadro generale di disoccupazione e di problematiche giovanili per le quali i governi borghesi non fanno nulla.
Rileviamo che resta alto il loro gradimento nei confronti del presidente della Repubblica, ciò è da imputarsi principalmente, come abbiamo detto, alla campagna di beatificazione di Napolitano condotta dalla "sinistra" borghese al gran completo, che anziché smascherarlo come il nuovo Vittorio Emanuele III che copre tutte le peggiori mosse del nuovo Mussolini, lo difende come il baluardo della democrazia e "l'ultima speranza" contro Berlusconi.
In riferimento al parlamentarismo, restano elevate le illusioni elettoralistiche presso i giovani, anche se vanno calando con l'aumento dell'età, man mano cioè che svanisce l'illusione di poter cambiare le cose per via elettorale. Da un'analisi del voto e delle simpatie giovanili, emerge che vengono maggiormente premiati quei partiti percepiti come "antipartitocratici" o comunque come antitradizionali, come la Lega Nord, che è l'esempio più lampante di come i partiti "antitradizionali" siano in realtà un inganno per continuare a ingabbiare i giovani nell'elettoralismo. La "sinistra" borghese paga il prezzo dei suoi tradimenti e il PD è in caduta libera fra i giovani elettori: alle elezioni politiche del 2008 perdeva un 10% di consensi nel divario fra studenti e lavoratori.
Ciò non toglie che sia in aumento l'astensionismo dei giovani. Secondo un sondaggio condotto da Ipr Marketing alla vigilia delle politiche 2008, il 37% degli elettori fra i 18 e i 34 anni era per l'astensione ed il 28% di chi aveva dichiarato l'intenzione di recarsi alle urne era indeciso su chi votare. Un'indagine di "Datagiovani" del novembre scorso prevede che, in caso di ritorno alle urne, l'astensionismo giovanile sarebbe superiore al 40%.
La disillusione nei confronti dei partiti borghesi porta i giovani a impegnarsi maggiormente nel volontariato o nei movimenti, come il "Movimento 5 Stelle" di Beppe Grillo, che ha fatto della lotta alla "partitocrazia" il suo valore fondante, e il "Popolo viola" che si dichiara apartitico. Recentemente sta prendendo piede anche il partito "Sinistra, ecologia e libertà" del rinnegato presidenzialista e neoliberale Vendola. Ciò dimostra anche che l'allontanamento dai partiti parlamentari borghesi non significa necessariamente antipolitica o disinteresse e che i giovani hanno comunque voglia di impegnarsi e si mettono quindi alla ricerca di chi credono possa permettergli di farlo in prima fila.
Noi riteniamo positivo il distacco sempre più cosciente dei giovani dalla politica borghese e la loro disillusione nei confronti dei partiti parlamentari, perché si tratta di un primo passo affinché i giovani si possano dedicare alla lotta anticapitalista. Tuttavia riteniamo che, dedicandosi ai movimenti grillini e vendoliani o al volontariato, sprechino la loro carica di lotta e vengano meno alle loro speranze per un cambiamento. Da una parte, i gruppi tipo SEL e affini non possono né vogliono scalfire il sistema capitalista, che è alla radice del problema del cosiddetto "disimpegno", mentre al contrario tengono i giovani legati all'elettoralismo; dall'altra il volontariato, fermo restando che l'altruismo di chi vi si dedica è ammirevole e toccante, non va alla radice dei problemi che affronta e dà solo l'illusione di poterli risolvere. Non è un caso che spesso sia patrocinato e controllato dalle istituzioni borghesi e dai privati soprattutto per tappare a costo zero le falle in quei servizi sociali che lo Stato dovrebbe assicurare al popolo.
L'allontanamento dei giovani disillusi dalla politica borghese, dicevamo, è positivo, tanto più nella misura in cui è un distacco cosciente. È un fatto oggettivamente anticapitalista, ma non significa che questi giovani siano soggettivamente anticapitalisti e lottino per il socialismo. Sta a noi marxisti-leninisti mettercela tutta, anche ma non solo in occasione delle tornate elettorali, per spiegare ai giovani che l'unico modo per cambiare la società è mettere fine al capitalismo, lanciandoli così nella lotta di classe. Dobbiamo inoltre tracciare una netta linea di demarcazione fra il PMLI e i partiti borghesi in merito ai metodi e i principi che li dirigono.
In particolare, su questo fondamentale fronte dobbiamo staccare i giovani dall'elettoralismo e dal parlamentarismo e far sì che siano in prima fila nella lotta per l'astensionismo marxista-leninista e per realizzare la nostra proposta delle Assemblee popolari e dei Comitati popolari, ossia le istituzioni rappresentative delle masse fautrici del socialismo, dove davvero potranno essere rappresentanti e protagonisti grazie alla democrazia diretta ed al sistema di revocabilità dei membri dei Comitati popolari.

Miti e mode giovanili
Il punto che ora ci apprestiamo a trattare, quello dei miti e delle mode giovanili, è allo stesso tempo di grande importanza e di grande complessità. Dobbiamo risultare chiari per essere capiti dalle masse giovanili, specie da quelle di sinistra.
La cultura non è affatto immune dalla lotta di classe, anzi ne è investita in pieno perché rappresenta quel canale tramite cui ciascuna classe trasmette i propri valori alle nuove generazioni. Oggi in Italia la cultura dominante è quella borghese, marcia e corrotta, che inevitabilmente si riflette nella gioventù. Questo putridume culturale borghese è caratterizzato principalmente da individualismo, carrierismo, egoismo, ricerca spasmodica del successo, edonismo, sessismo che porta a vedere la donna come oggetto sessuale a disposizione dell'uomo dominante, razzismo, disprezzo dei poveri e dei più disagiati, e assume come propri modelli i "divi" multimiliardari di spettacolo, sport e moda, propugnando così il successo personale e il lusso come metri di valutazione. Questa cultura di disvalori è rivolta tanto ai giovani borghesi e piccolo-borghesi annoiati quanto ai giovani più socialmente emarginati, specie quelli delle periferie.
Lo "sballo" e la ricerca di "nuove emozioni forti" vengono eretti a mito dei giovani, mentre in realtà sono un mezzo per veicolarli al disimpegno e sono alla base dell'incremento di atti criminali quali la violenza sessuale sulle donne, il rogo dei senzatetto, la caccia agli immigrati e ai gay, e così via.
Fra gli strumenti per indurre al disimpegno politico dei giovani di sinistra ci sono il calcio e la musica "di protesta".
Esistono svariati gruppi ultras di "sinistra" o di destra, questi ultimi sono votati alla violenza fascista e razzista che scatenano tanto dentro quanto fuori gli stadi. Non è insolito che fra questi gruppi, o anche con le "forze dell'ordine" scoppino risse che lasciano svariati feriti, se non addirittura morti. I governi di destra e di "sinistra" del regime hanno sempre risposto e continuano a rispondere con la repressione poliziesca, che di recente si è tradotta nell'adozione della "tessera del tifoso", una vera e propria schedatura neofascista da Stato di polizia che non risolve affatto la questione.
Il punto è che, complice la disillusione nei confronti dei partiti di "sinistra", compresi quelli falsi comunisti, molti giovani di sinistra si fanno coinvolgere in questi gruppi credendo di trovarvi un'alternativa, ma in realtà fanno il gioco della borghesia: mettendo il tifo prima della politica, ancora una volta diventano innocui per il sistema capitalista, anzi gli sono funzionali in quanto alimentano quell'enorme macchina di profitto che è il calcio capitalistico, corrotto e aziendale odierno, come metodo di lotta assumono l'avventurismo lanciandosi in scontri fini a se stessi e che danno modo alla borghesia di incrementare le norme repressive come la militarizzazione degli stadi e la succitata "tessera del tifoso".
Il calcio oggi non è uno sport ma una sporca guerra fra le società calcistiche per accaparrarsi i profitti maggiori, in cui i tifosi vengono coinvolti e strumentalizzati; guerra coperta e tollerata dai governi borghesi e dalle organizzazioni competenti come CONI (Comitato olimpico nazionale italiano) e Federcalcio. Il calcio capitalistico, marcio, corrotto e diseducativo va demolito e rifondato su basi democratiche e popolari, occorre sottrarlo ai privati e farlo gestire direttamente ai tifosi, mentre i giocatori devono ricevere stipendi da lavoratori.
La musica "di protesta" è un fenomeno di vecchia data ma tuttora consistente. Si presenta come un genere musicale di lotta, coinvolgente ed entusiasmante, mentre in realtà ha l'effetto di neutralizzare i giovani di sinistra, rendendoli non più protagonisti delle lotte ma spettatori innocui; per giunta favorisce un'enorme operazione commerciale al servizio della borghesia. Dovrebbe inoltre far riflettere il fatto che molti cantanti e gruppi "di protesta", che magari inseriscono nei loro testi i temi più rivoluzionari che possano esistere, nella pratica sono riformisti. Tutto ciò è vero indipendentemente dalla volontà soggettiva dei singoli che vanno ai concerti e ascoltano questa musica, la cui stragrande maggioranza è senza dubbio in buona fede ma ancora non comprende che non può cambiare la società e il mondo seguendo questi falsi modelli.
Di recente ha preso piede anche la politica su Internet, specie sui social network come "Facebook" e "Twitter". Da una parte è comprensibile questa tendenza, specialmente dei giovani per quanto il fenomeno interessi tutte le fasce d'età, in quanto permette di sentirsi protagonisti e di dire la propria, mentre i partiti borghesi non lo permettono. Ma anche di Internet si possono fare un uso politico corretto e utile e uno scorretto e dannoso.
Internet e i social network sono senz'altro canali molto utili quando si tratta di lanciare e propagandare iniziative, diffondere informazioni, organizzare manifestazioni. Tuttavia non vanno visti come sostitutivi della "vita reale", non ci si può illudere che si possa incidere sulla situazione reale limitandosi a fare politica online, separandosi dalle masse e restringendosi sostanzialmente a una cerchia di pochi "appassionati".
Ciò vale anche per l'uso che possiamo farne noi. Innanzitutto dobbiamo avere ben chiaro in mente che l'attività sui social network e, più in generale, l'utilizzo di queste forme alternative di propaganda, sono secondari rispetto alla propaganda "viva", e attiva, nelle piazze, nei nostri ambienti di lavoro, studio e vita, e comunque devono essere fatti secondo le indicazioni della propria istanza e non per iniziativa personale.
Un aspetto dei social network che va tenuto presente e a cui dobbiamo guardare con vigilanza rivoluzionaria è che in certi casi rischiano di diventare una vera e propria "schedatura online". Si pensi che lo scorso ottobre L'Espresso ha rivelato che la polizia ottiene centinaia di permessi per visualizzare profili riservati su "Facebook", anche per indagini preventive, a volte senza che l'autorità giudiziaria ne sia informata e violando i diritti della privacy.
I marxisti-leninisti per primi devono mettercela tutta per essere modelli di vita e di lotta che stiano fra le masse operaie, popolari e giovanili e si impegnino nel concreto per il trionfo del socialismo. Teniamo perciò a mente la linea del 5° Congresso contenuta nel Rapporto politico: "L'uso delle tecnologie moderne della comunicazione è utile e necessario anche per noi, ma il contatto diretto con le masse è assolutamente insostituibile e prioritario, non può essere surrogabile dalla tastiera e dalla telecamera. Quando è possibile usiamo pure 'Youtube' e 'Facebook', ma come supporto, in subordine al nostro lavoro ordinario di propaganda. Privilegiamo comunque il megafono alla tastiera"(2).
Noi non vogliamo che i giovani (e non solo) di sinistra rinuncino agli svaghi ed agli altri interessi non politici. Specie i nostri coraggiosi e ammirevoli militanti e simpatizzanti, che si battono senza tregua contro il regime neofascista e il capitalismo, hanno bisogno di riposo e ricreazione. Tuttavia lo svago deve essere visto non come un fine, ma come un mezzo per recuperare le forze, altrimenti si cade inevitabilmente preda dell'individualismo e della concezione borghese del mondo. I giovani devono prendere in mano il proprio destino e lottare per cambiare la società, nelle piazze e non su Internet o negli stadi. Non comprendere ciò significa non poter trasformare se stessi, e quindi non poter trasformare il mondo.

Le organizzazioni giovanili della "sinistra" borghese
Attualmente le principali organizzazioni giovanili della "sinistra" borghese sono tre: i Giovani democratici (GD), i Giovani comunisti (GC) e la Federazione giovanile dei comunisti italiani (FGCI), legati rispettivamente a PD, PRC e PdCI.
Seguendo la scia riformista e liberale del loro partito di riferimento, i GD hanno contatti sempre più labili con i giovani di sinistra. Si ispirano alla Costituzione e all'Unione europea, sono privi di propositi di lotta che non siano la riconquista dei giovani all'elettoralismo e il "volontariato sociale", per quanto riguarda la "riforma" dell'istruzione si collocano apertamente a destra in quanto non riconoscono (ma non potrebbe essere diversamente) le colpe dei governi di "centro-sinistra" e criticano la Gelmini per non promuovere abbastanza la "meritocrazia" e la "valorizzazione dell'eccellenza". La loro influenza fra i giovani di sinistra è sempre più debole.
Dobbiamo soffermarci di più sui GC e la FGCI in quanto sono forze che si dichiarano comuniste pur facendo proprie teorie e pratiche riformiste e revisioniste.
Nei GC, per quanto la 4a Conferenza nazionale del febbraio 2010 si sia posta lo scopo di correggere le "falle del passato", non sono venuti a mancare gli errori e le carenze ideologiche che sono state alla base dello sbando degli anni scorsi, e che abbiamo criticato più volte su Il Bolscevico. Il documento che ha ottenuto la maggioranza alla suddetta conferenza e che fa capo a Ferrero, persevera nel neorevisionismo e nel trotzkismo, rinnegando apertamente il marxismo-leninismo, considerando la Federazione della Sinistra come la strada maestra per la vittoria elettorale e proponendosi addirittura di ricucire lo strappo fra masse popolari e istituzioni borghesi. Peraltro i GC, seguendo la famigerata formula della "autonomia-internità" già impiegata dal PCI revisionista, vengono usati dalla direzione trotzkista del PRC per andare in avanscoperta a destra (come fece Bertinotti) o a "sinistra" (come fa oggi Ferrero).
La FGCI è lo specchio del PdCI. Critica (dopo averla sostenuta) l'esperienza del "centro-sinistra" e della "Sinistra Arcobaleno" ma appoggia la Federazione della Sinistra, punta sulla difesa della Costituzione, sull'egemonia culturale gramsciana, tradotta anche in senso multimediale, e sull'"unità dei comunisti", ossia sull'unità dei partiti revisionisti sulla base del riformismo e del neorevisionismo, cioè dell'anticomunismo.
Quello che ci preme sottolineare è l'abisso ideologico che ci separa. Sia i GC che la FGCI convergono sul ripudio del marxismo-leninismo, che sostituiscono con il "socialismo del 21° secolo" considerandolo la nuova strada maestra per liberarci del capitalismo, mentre in realtà sappiamo bene che si tratta di una teorizzazione socialdemocratica che lascia intatto il sistema economico capitalista, come è evidente dalle sue concretizzazioni in America latina. Di antica data ma pur sempre attuale è l'esaltazione di Guevara, senza che se ne mettano a confronto le posizioni piccolo-borghesi con il marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Non è questa la sede per ribadire la nostra critica a Guevara, già espressa esaurientemente dal compagno Scuderi nel suo saggio Dove porta la bandiera di Guevara del 1995, ma va comunque chiarito che anche questo è strumentale al processo di deideologizzazione delle suddette organizzazioni.
Queste posizioni ideologiche non restano nel "mondo delle idee", ma si traducono inevitabilmente nella pratica. Non una parola sul regime neofascista e sul fatto che Berlusconi è il nuovo Mussolini (tutt'al più la FGCI denuncia timidamente che il governo Berlusconi è "fascistoide in molti tratti"). La lotta di classe è ormai sacrificata del tutto alla necessità di recuperare credibilità e voti, dimostrando la sordità verso la dura lezione del 2008 per cui il parlamentarismo è una via fallimentare. La stessa lotta per la difesa dell'istruzione pubblica si ferma a obiettivi immediati o a medio termine (principalmente contro i tagli e per la riforma della didattica). La lotta rivoluzionaria è svenduta per il pacifismo ed il legalitarismo. In sintesi, i giovani rivoluzionari non possono trovare una vera alternativa anticapitalista nei partiti falsi comunisti
La disillusione verso i partiti falsi comunisti ha portato a un incremento dell'affluenza giovanile verso i centri sociali. È una buona cosa, anche se spesso i centri sociali non agiscono correttamente poiché sono sotto l'influenza degli spontaneisti, degli "ultrasinistri" e degli anarchici oppure dei partiti falsi comunisti.
Tuttavia non ci sono pregiudiziali, là dove esistono un minimo di condizioni, perché i giovani marxisti-leninisti frequentino i centri sociali, ma non in maniera passiva e acritica, devono dire la loro sulle cose e sulle iniziative che non vanno. Quando avremo più forze potremmo decidere di lavorare stabilmente al loro interno ingaggiando una battaglia per l'egemonia, come facciamo in qualsiasi organismo di massa di cui facciamo parte.
Qualche parola dobbiamo dirla anche in merito a "Uniti contro la crisi" (che, come sappiamo, vuole mettere in collegamento la lotta dei lavoratori contro gli accordi separati di Pomigliano e Mirafiori e per la difesa del contratto nazionale di lavoro, con quella degli studenti medi e universitari e dei ricercatori contro le "riforme" Gelmini e Aprea e la legge 133, e con le lotte dei precari, ambientali, ecc.) perché, pur non essendo un'organizzazione prettamente giovanile, attrae le simpatie di molti giovani di sinistra. Per quanto sia positivo l'intento di unificare le lotte, "Uniti contro la crisi" lo fa proponendo un'alternativa interna al capitalismo in quanto propone non di abbattere il sistema e sostituirlo con il socialismo, ma di "limarlo" alla superficie, sulla base di rivendicazioni insufficienti e di stampo riformista e liberale, come il "reddito di cittadinanza". Ciò va spiegato bene ai giovani e non solo a quanti vi militano, ma anche a quanti nutrono speranze in esso affinché non si facciano manovrare dai suoi dirigenti riformisti, operaisti, spontaneisti e anarcoidi.
Deve risultare alla fine chiaro che "Uniti contro la crisi", proprio per l'origine e le finalità dei suoi dirigenti, nonché per la sua linea politica e la sua pratica sociale, è di fatto un partito dell'area di "Sinistra, ecologia e libertà" di Vendola, non un'organizzazione di massa all'interno della quale i marxisti-leninisti possono lavorare, com'è il caso, per esempio, della CGIL.
Ferma restando la nostra volontà di fare fronte unito con le forze suddette in occasione delle comuni battaglie per le questioni immediate che riguardano le masse giovanili, non possiamo esimerci dal criticare la loro linea riformista, neorevisionista e trotzkista. Noi vogliamo e ci impegniamo affinché i giovani rivoluzionari seguano la via dell'Ottobre, e per farlo dobbiamo tracciare una netta linea di demarcazione fra il marxismo-leninismo-pensiero di Mao ed il revisionismo, il riformismo e il trotzkismo comunque mascherati. "Senza teoria rivoluzionaria non vi può essere movimento rivoluzionario"(3), ci insegna Lenin.
Ai tanti giovani comunisti in buona fede che militano nelle organizzazioni e nei movimenti della "sinistra" borghese, noi chiediamo di riflettere attentamente sulla loro attuale collocazione politica e organizzativa e di aprire un confronto franco e aperto con il PMLI. A questo proposito non ci sono parole migliori di quelle usate dal compagno Scuderi nel suo editoriale per il 32° anniversario del Partito: "Noi siamo pronti, e da sempre, senza pregiudizi e condizioni. Le nostre porte sono aperte e siamo disponibili a incontrarci ovunque, in privato e in pubblico. Prima avverrà questo confronto, meglio sarà per tutti, per la chiara e netta demarcazione del campo dei veri comunisti da quello dei falsi comunisti".(4)

La linea del governo Berlusconi verso i giovani
Sin da quando si è insediato, il governo Berlusconi ha avviato una serie di programmi mirati alla irregimentazione, fascistizzazione e militarizzazione dei giovani. Ne è già una riprova il fatto che la fascista doc Giorgia Meloni, già presidente dei giovani di Alleanza nazionale e adesso leader della nuova gioventù del littorio del PDL, la "Giovane Italia", sia stata nominata ministro della Gioventù.
Le "comunità giovanili", che poi hanno preso forma nei "Villaggi della Gioventù", vanno proprio nella direzione di staccare i giovani dall'impegno politico e contenerli in organismi monitorati, controllati e finanziati dal governo.
Rientrano nell'ambito dell'esaltazione nazionalista e patriottarda delle forze armate le iniziative promosse da La Russa, insieme a Meloni e Gelmini, per promuovere l'educazione dei giovani al rispetto della disciplina militare e dell'ordine borghese. Nel giro di pochi mesi sono state lanciate dal governo le "vacanze fra gli alpini", la "mini-naja" (un'occasione, ha detto il ministro della guerra nel giugno 2008, per addestrarsi "militarmente ma soprattutto moralmente, per l'amore della Patria, per il rispetto della gerarchia"), il "Campo Giovani" presso le Forze armate, e infine la ricostituzione di fatto dei balilla con i programmi militari nelle scuole, a partire dalla Lombardia. L'obiettivo neanche troppo velato è quello di educare i giovani al rispetto della gerarchia, al nazionalismo e all'imperialismo, cioè ai "valori" del regime neofascista.
Anche dal punto di vista delle problematiche sociali e del lavoro, il governo Berlusconi sta apertamente dalla parte della grande borghesia e lo dimostra bene la sottomissione a Confindustria, le cui direttive trovano vasta eco nelle parole di illustri rappresentanti del governo come Sacconi. Per i padroni, infatti, il problema della disoccupazione giovanile sarebbe risolvibile o quanto meno attenuabile mediante il rilancio dell'apprendistato, maggiori incentivi all'imprenditoria giovanile, il rafforzamento dei "canali scuola-lavoro" e la sempre più netta divisione fra licei e scuole tecniche e professionali.
È evidente però che tutto ciò non sfiora nemmeno lontanamente una soluzione al problema: si tratta di misure a uso e consumo della borghesia. Gli incentivi all'imprenditoria giovanile infatti potranno certo aiutare chi è nelle condizioni di aprire un'impresa, e che quindi ha già alle spalle una condizione economica non certo disagiata, in altre parole i figli della borghesia, mentre i figli del popolo saranno appunto relegati all'apprendistato, che non risolve ma anzi peggiora gravemente il problema, in quanto abbiamo già spiegato che aumenta sempre più la tendenza a concludere l'apprendistato senza nemmeno un contratto a tempo determinato. Gli stessi "canali scuola-lavoro", che possono apparire a un primo approccio positivi, sono anch'essi a uso e consumo dei padroni perché sottomettono l'istruzione alle necessità del mercato e incentivano apprendistato e stage.
Il governo Berlusconi, come del resto ogni altro governo in questo sistema economico, risponde alle necessità della classe dominante borghese. Tutte queste misure non vanno imputate, come fa il "centro-sinistra" per nulla interessato a smascherarne il carattere di classe, a una "incapacità" di governare da parte di Berlusconi, ma sono quelle richieste dalla borghesia per preservare i propri interessi economici.
Per abbattere questo regime neofascista, di macelleria sociale e di distruzione del futuro dei giovani, occorre urgentemente un nuovo 25 Aprile. Le forze ci sono e i tempi sono maturi, ma la "sinistra" borghese, con in testa il PD, ne inventa di tutte, persino il "popolo tricolore" lanciato con le recenti manifestazioni con in una mano la bandiera tricolore e con l'altra la Costituzione cantando l'Inno di Mameli, pur di impedire che scoppi un'insurrezione popolare per liberarsi del nuovo Mussolini.

Il movimento studentesco
Negli scorsi tre anni, a partire dal 2008, abbiamo assistito a impetuose lotte studentesche. Specialmente la mobilitazione dell'Onda, che il 30 ottobre 2008 ha portato in Piazza del Popolo a Roma oltre 1 milione di persone, e quella dell'autunno 2010, che per combattività e creatività nelle rivendicazioni e nei metodi di lotta ha superato pure l'Onda, che si sono scagliate con forza, sempre con le studentesse in prima linea, contro l'istruzione classista, aziendalista, meritocratica e clericale di stampo mussoliniano perseguita dal governo Berlusconi e dai governi precedenti, compresi quelli di "centro-sinistra".
Quelle che vengono instaurate con le "riforme" Aprea e Gelmini sono la scuola e l'università del regime neofascista. Anche per via degli insufficienti finanziamenti statali, dilaniate dai tagli, sono costrette a cercare i fondi necessari nella "carità" dei privati, che poi entrano a far parte degli organismi di governo ottenendo così facoltà di dirigerle come meglio si conviene ai loro profitti e necessità; inutile dire che quelle scuole e università che non riescono a trovare questi "benefattori" sono condannate a marcire. Al contempo vengono negati i diritti degli studenti in primis, ma anche dei ricercatori e del personale docente e non. Insomma la scuola e l'università devono trasmettere gli indirizzi culturali e servire gli interessi economici della borghesia, non essere al servizio del popolo: in particolare dalle scuole tecniche e professionali devono uscire i futuri manovali, dai licei e dalle università i futuri quadri del sistema capitalista. È proprio come diceva Lenin: "Dalla vecchia scuola uscivano i servi necessari ai capitalisti; la vecchia scuola trasformava gli scienziati in uomini che dovevano scrivere e parlare come conveniva ai capitalisti"(5).
Finora il movimento studentesco si è mosso molto bene. L'irruzione al Senato del 25 novembre e l'assedio e assalto al Parlamento blindato del 14 dicembre sono stati "un fatto storico" (come ha tempestivamente rilevato il comunicato dell'Ufficio stampa del PMLI) e, insieme agli altri sommovimenti in tutt'Italia, hanno dimostrato che ci sono la determinazione e la combattività di andare avanti, usando tutti i metodi di lotta di massa per difendere i propri diritti e l'istruzione pubblica e per buttare giù Berlusconi e il suo governo. La lotta di massa violenta degli studenti ha colto i politicanti borghesi totalmente impreparati; prontamente quindi si è mossa la "sinistra" parlamentare borghese, atterrita dal fatto che le cose potessero sfuggirle di mano, la quale ha mobilitato subito Roberto Saviano, che giustamente si è preso le contestazioni degli studenti più avanzati e combattivi per aver attaccato la violenza di massa propugnando il peggior pacifismo gandhiano, e poi il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, il quale ha finto di ricevere gli studenti a braccia aperte per ascoltare i loro problemi, salvo poi firmare la legge Gelmini.
Noi riteniamo che il movimento studentesco, impiegando pure i metodi di lotta violenti e illegali e dimostrando di non essere disposto a farsi piegare dalla violenza poliziesca e governativa, abbia fatto un salto di qualità, anche se non irreversibile, e indicato la giusta strada da seguire. Adesso bisogna respingere con decisione le operazioni di recupero del PD e di tutta la "sinistra" borghese. La replica a Saviano da parte degli studenti meno legati alle istituzioni e ai partiti della "sinistra" parlamentare è stata forte e decisa, mentre il raggiro di Napolitano ha fatto più presa nella parte più arretrata del movimento, complice la fama di "paladino della democrazia" che il "centro-sinistra" gli ha creato attorno da quando è salito al Quirinale. Considerare Napolitano come un possibile argine contro il governo è fuorviante ed è funzionale unicamente all'indebolimento delle lotte. L'esperienza ha dimostrato ampiamente che così non si ottiene nulla. Il movimento non deve farsi ingannare, ma deve continuare a porsi al di fuori delle istituzioni borghesi e a mettere in campo tutti i metodi di lotta di massa, legali e illegali, pacifici e violenti, per ottenere il ritiro della "riforma" Gelmini e delle controriforme precedenti, e per bloccare quelle future.
Di recente, al nazionalfascista "Constitution Day" del 13 marzo, il movimento studentesco in diverse realtà ha respinto i raggiri del "centro-sinistra", PD in testa, rifiutandosi di andare a sventolare il tricolore insieme ai demolitori dell'istruzione pubblica; a Milano addirittura non ha aderito alla manifestazione.
Il "centro-sinistra" e i falsi comunisti vogliono un movimento studentesco che usi come armi "l'intelligenza e l'ironia", la "ragione" e la Costituzione, mentre per noi marxisti-leninisti occorre soffiare sul fuoco della lotta di classe e scatenare una lotta anticapitalista, antistituzionale e antigovernativa di massa senza alcun limite, salvo quello che si tratti appunto di lotte di massa e non lotte avventuriste e anarcoidi di piccolo gruppo. Negli scontri di piazza di massa, gradualmente e man mano che cresceranno le nostre forze, dovremo occupare le prime file, secondo chiare e precise disposizioni organizzative e tattiche del Partito.
Questi preziosi insegnamenti andranno tenuti a mente nelle lotte studentesche immediatamente prossime, per l'abrogazione della "riforma" Gelmini, sia in quelle che si svilupperanno più avanti contro i nuovi provvedimenti governativi demolitori dell'istruzione pubblica. Ricordiamo in particolare il progetto di legge Aprea che trasforma le scuole in fondazioni, istituisce i consigli d'amministrazione in cui entreranno a far parte anche i privati a cui spetterà il finanziamento degli istituti, abolisce le RSU (rappresentanza sindacale unitaria) ed esclude dal governo il personale Ata e, di fatto, gli studenti.
Un'altra posizione abbastanza sentita dagli studenti medi e universitari e gridata forte nelle piazze è quello dell'"irrappresentabilità" da parte delle istituzioni e dei partiti parlamentari. Noi ce ne felicitiamo e lo appoggiamo, in quanto significa che la parte più avanzata del movimento ha compreso che le istituzioni borghesi non sono in grado e non vogliono rispondere alle esigenze degli studenti. Ciò comunque non deve escludere i rapporti e le alleanze con i partiti e le altre organizzazioni politiche e sociali quando si lotta per il comune obiettivo dell'istruzione pubblica.
Noi dobbiamo assecondare tutti gli sforzi tesi a legare le lotte studentesche a quelle operaie e del lavoro, per difendere l'istruzione pubblica e i diritti politici, sindacali ed economici dei lavoratori. Come dice Mao: "I giovani intellettuali e studenti di tutto il paese devono perciò integrarsi con le larghe masse operaie e contadine e diventare una sola cosa con esse; solo così è possibile creare un esercito veramente potente, un esercito di centinaia di milioni di uomini! Solo con questo esercito poderoso potremo distruggere le posizioni fortificate del nemico e abbattere le sue ultime roccaforti"(6).
Sono attualmente in corso, come sappiamo, i percorsi di autoriforma della scuola e dell'università; su quest'ultimo ci siamo espressi anche su Il Bolscevico. In generale la nostra critica a questi progetti, così come sono stati concepiti, è che restano pericolosamente vicini a un'ottica di dialogo con le istituzioni e non indicano una vera via d'uscita al progetto di scuola e università della borghesia e dei suoi governi; in particolare puntano a ritagliarsi piccoli spazi autogestiti, di fatto senza mutare la condizione di subalternità degli studenti e senza criticare gli attuali "organi collegiali" di governo.
Noi pensiamo che occorra elaborare e discutere dal basso, ossia tra gli studenti, una piattaforma nazionale rivendicativa sulla base della quale compattare il movimento e rilanciare le lotte, e abbiamo proposto i seguenti punti che in questa sede rilanciamo:
1 combattere l'istruzione e la cultura borghesi, contrastando la sottomissione della scuola e dell'università alle necessità economiche della classe dominante borghese;
2) abrogazione della "riforma" Gelmini;
3 lotta per la scuola e l'università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli studenti;
4) nuovi organismi di governo con poteri vincolanti nei quali gli studenti abbiano la maggioranza;
5 ricercare la massima unità con le lotte operaie, con la FIOM, la CGIL e i "sindacati di base", nonché con i ricercatori, i docenti, i lavoratori della conoscenza e le altre forze sociali in lotta per la salute, per l'ambiente e così via.
Naturalmente allo stesso tempo occorre intrecciare al massimo le lotte degli studenti medi con quelle degli universitari e viceversa. Un punto, questo, non scontato, e che non va mai dimenticato per poter dare maggiore forza al movimento.
Noi dobbiamo promuovere il fronte unito più vasto possibile, anche con le organizzazioni studentesche, sulla base della parola d'ordine per la "scuola e l'università pubbliche e gratuite", sulla quale il movimento è concorde. La stessa cosa dobbiamo fare per quanto riguarda la nostra parola d'ordine "Scuola e università governate dalle studentesse e dagli studenti", e sulle altre questioni di cui parleremo adesso, che noi consideriamo centrali, ma su cui dobbiamo insistere di più. Il rapporto di forze non ci è attualmente favorevole ed è difficile che riusciremo a ottenere risultati concreti nell'immediato futuro, ma intanto potremo riuscire a sensibilizzare gli studenti.
Bisogna battere il ferro finché è caldo e martellare sulla questione del governo della scuola e dell'università da parte delle studentesse e degli studenti. Dobbiamo smascherare la natura antistudentesca degli attuali "organi collegiali" e rivendicare la loro rimozione; in particolare, in occasione delle elezioni scolastiche e universitarie, dobbiamo continuare a propagandare l'astensionismo come arma per la loro delegittimazione e sensibilizzare le masse studentesche sulla nostra proposta, ribadita in sede di 5° Congresso: noi vogliamo che gli attuali "organi collegiali" vengano sostituiti da nuovi organismi di governo nei quali gli studenti siano la maggioranza e dispongano di poteri vincolanti; ne devono far parte anche rappresentanti del personale docente e non docente come minoranza, e tutti devono essere eletti dalle rispettive assemblee generali, con diritto di revoca in qualsiasi momento.
Dobbiamo continuare a rilanciare la nostra proposta di fondare il movimento sulla democrazia diretta, e quindi sul potere delle assemblee generali delle studentesse e degli studenti di ogni scuola, facoltà e ateneo, alle quali vanno riconosciute la definizione degli indirizzi politici, programmatici e organizzativi e l'elezione dei rappresentanti con diritto di revoca. Siamo convinti, e l'abbiamo detto più volte, che così sarà possibile compattare al massimo il movimento e dargli una vita lunga e proficua. È una questione, insieme a quella del governo della scuola e dell'università, che dobbiamo continuare a porre sia come Partito, sia come studentesse e studenti nell'ambito del lavoro di fronte unito, specie dove siamo più presenti e dove gli studenti marxisti-leninisti, militanti o simpatizzanti del Partito, godono di maggiore autorevolezza e influenza.
Noi siamo convinti che la nostra linea studentesca sia la più rivoluzionaria e la vincente, ma non possiamo imporla né pretendere che venga accettata dall'oggi al domani; dobbiamo farla passare attraverso il convincimento, la persuasione, le argomentazioni, la dialettica, avanzando proposte concrete e adeguate, confrontandoci apertamente con le altre posizioni, stringendo le dovute alleanze e stando alla testa delle lotte studentesche.
Il lavoro di fronte unito non richiede solo unità, ma anche lotta: da una parte privilegiare unicamente l'unità con le organizzazioni e le posizioni non nostre ci metterebbe a rimorchio di piattaforme che riteniamo errate o insufficienti; dall'altra parte non è nemmeno corretto far leva solo sulla lotta, poiché si cadrebbe nell'isolamento e nel settarismo. Dobbiamo sviluppare correttamente le contraddizioni che inevitabilmente sorgono all'interno del fronte unito, dimostrando quali sono le posizioni e la strada giuste per ottenere la vittoria.
Ma per conquistare vittorie sempre più avanzate e per cambiare radicalmente il modello d'istruzione - per quanto sia possibile nel capitalismo - il movimento studentesco deve comprendere il carattere di classe dell'istruzione e della cultura e quindi fare dell'anticapitalismo il suo valore fondante, prendendo esempio dall'esperienza delle Grandi Rivolte del Sessantotto e del Settantasette. Una questione che noi dobbiamo rendere ben chiara, via via che, grazie al nostro lavoro e all'esperienza pratica del movimento, si eleverà la coscienza politica delle masse studentesche e che si svilupperanno le loro lotte.

Le organizzazioni studentesche
Esistono diverse organizzazioni studentesche di carattere nazionale a livello medio e universitario.
Le principali organizzazioni riformiste legate al "centro-sinistra", in particolare al PD, sono, per gli studenti medi, l'Unione degli Studenti (UdS) e la Rete degli Studenti (ReDS); per quanto riguarda gli studenti universitari, l'Unione degli Universitari (UdU). La nostra critica principale alla linea di queste organizzazioni è che, nei programmi e nei fatti, non propongono alternative che puntino a demolire la scuola e l'università del capitalismo, ma si concentrano in generale su temi parziali (ad esempio la riforma della didattica), coprono persino certi aspetti della privatizzazione dell'istruzione (si pensi al sostanziale parere favorevole dell'UdS all'autonomia scolastica), fanno grande affidamento sul dialogo con il governo e le istituzioni anziché promuovere mobilitazioni forti, radicali e continuate. Inoltre, per quanto indubbiamente possiamo considerarli alleati nella lotta contro le "riforme" Gelmini e Aprea, l'esperienza ci consente di dubitare fortemente che saranno altrettanto propensi a scendere in piazza contro un governo di "centro-sinistra", caso in cui potrebbero diventare, come del resto già in occasioni passate, più complici che contestatori.
Non è secondario, tra l'altro, che nessuna delle suddette organizzazioni contesti lo "Statuto delle studentesse e degli studenti medi" (non a caso ideato dall'allora ministro dell'Istruzione di "centro-sinistra" Luigi Berlinguer), che in realtà nega i fondamentali diritti politici degli studenti.
Va infine ricordato che ReDS e UdU, ma anche l'UdS (per quanto in maniera minore dall'interruzione dei finanziamenti nel 2006), hanno forti legami, anche economici, con la CGIL e il suo vertice riformista.
Tutti questi fatti non hanno mancato di generare malcontento alla base delle suddette organizzazioni, che in certi casi si sono tradotte in vere e proprie rotture. È il caso del coordinamento universitario "Link", nato nel 2009 proprio, almeno ufficialmente, contro i "sindacati studenteschi" subalterni ai partiti e in contrasto con l'allontanamento dell'UdU dalle masse studentesche; nel 2010 ha dato vita alla Rete della Conoscenza assieme all'UdS.
Pur ponendosi a sinistra rispetto all'UdU, come in occasione delle elezioni del CNSU (Consiglio nazionale degli studenti universitari) del maggio 2010, da "Link" boicottate, da quel che emerge dai suoi programmi non ci pare ci sia stata una vera rottura di linea. Di contro, risvegliata bruscamente dalla nascita di "Link", l'UdU tenta di recuperare terreno a sinistra, e proprio in occasione delle sopracitate elezioni del CNSU ha stretto alleanze con i Giovani comunisti.
A sinistra dei "sindacati studenteschi", e a volte anche in aperta contraddizione con essi si collocano diverse organizzazioni spontaneiste, come il coordinamento nazionale dei collettivi "AteneinRivolta" e "Studenti di Sinistra", o reti legate alle realtà dell'"autorganizzazione", come "Rednet" e "Uniriot"; quest'ultima a fine marzo si è auto sciolta per dare vita ad "Unicommon", che raccoglie studenti universitari di una decina di città tra cui Roma, Milano e Napoli; gli studenti di Torino aderenti a "Uniriot" sono invece passati nel campo dell'"autonomia". Oggettivamente, dal punto di vista della linea politica, questi gruppi si collocano nell'area movimentista che va da SEL alla Federazione della Sinistra.
Esistono anche svariati collettivi autonomi scolastici e universitari locali (molti dei quali sono riuniti nella rete nazionale "StudAut") che in generale si rifanno all'anticapitalismo e rifiutano nettamente lo "studentismo" (cioè la tendenza a vedere le lotte studentesche separate dalle altre lotte sociali, in primo luogo quelle dei lavoratori), ma spesso conducono azioni avventuriste di piccolo gruppo slegate dalle masse.
Queste, in sintesi, le critiche da noi rivolte alle linee delle suddette organizzazioni. Naturalmente ciò non esclude che dobbiamo ricercare anche con loro il fronte unito più stretto possibile per le lotte contro la demolizione dell'istruzione pubblica, ma un eventuale lavoro all'interno di queste organizzazioni va valutato con attenzione, caso per caso.

Il lavoro giovanile del PMLI
Tracciato un quadro della situazione giovanile in Italia, trattiamo ora i compiti del PMLI su questo fondamentale fronte d'azione.
Il 5° Congresso ha stabilito che i fronti principali su cui attualmente dobbiamo incentrare il nostro lavoro sono quello operaio-sindacale e quello studentesco, e che gli interlocutori principali del Partito sono i giovani operai e gli studenti: ecco gli obiettivi centrali del nostro lavoro giovanile.
Attualmente i giovani risentono molto della decomunistizzazione operata dal PCI revisionista e della deideologizzazione portata avanti oggi tanto dai suoi successori, PD e falsi comunisti in testa, quanto da tutti quei movimenti che si definiscono "a-ideologici", proclamano la morte delle ideologie e dei partiti e non mettono l'anticapitalismo al centro del loro programma, sostenendo piuttosto una "trasformazione" del capitalismo in senso "sostenibile". Tutto ciò, unito alla propaganda martellante della borghesia che ha vomitato fiumi d'inchiostro sulla "fine delle ideologie" dopo il crollo del muro di Berlino, ha avuto effetti disastrosi sui giovani di sinistra.
I giovani sono comunque i più suscettibili al cambiamento, aperti verso le idee progressiste e rivoluzionarie, i più liberi da condizionamenti, pieni di vigore e di vitalità. Sta a noi il difficile compito di elevare la loro coscienza politica, trasmettergli il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e la linea proletaria rivoluzionaria del PMLI. Dobbiamo confutare le menzogne della borghesia, dei suoi scribacchini e degli imbroglioni revisionisti di destra e di "sinistra", riproporre il socialismo come unica vera alternativa all'imperialismo ed al sistema capitalista di oppressione e sfruttamento dell'uomo sull'uomo, raccontando la vera storia del movimento operaio internazionale e dell'esperienza del socialismo realizzato, a partire dall'URSS di Lenin e Stalin e dalla Cina di Mao, e rilanciare la gioventù proletaria e di sinistra nel fuoco della lotta di classe.
Noi vogliamo legarci ai giovani e avere la loro fiducia e il loro appoggio militante. Per farlo dobbiamo seguire le loro problematiche e intervenire tempestivamente, elaborando proposte e rivendicazioni che siano concrete e rispondenti alle esigenze dei giovani. Occorre stare molto attenti alle realtà giovanili: le istanze locali del Partito in particolare devono conoscere a fondo la situazione giovanile del loro ambiente per potere agire di conseguenza, nonché per permetterci di avere una visione d'insieme e al tempo stesso concreta. Dove possibile, specie da parte delle istanze di base composte da giovani, dobbiamo cercare di realizzare delle esperienze pilota nel lavoro di massa, in particolare in quello studentesco.
Sul fronte operaio e sindacale dobbiamo batterci per far avanzare la nostra piattaforma, a partire da quella per l'occupazione giovanile, tanto all'interno quanto all'esterno della CGIL, e contribuire al massimo delle nostre forze alle lotte dei disoccupati e dei precari facendo passare le nostre proposte tattiche e strategiche. Quello su cui dobbiamo essere chiari e insistenti è la nostra piattaforma per il lavoro giovanile, che sicuramente troverà l'appoggio dei giovani operai e disoccupati, e che proprio dei giovani operai e disoccupati ha bisogno per potersi affermare e imporre. Occorre stare particolarmente attenti alle realtà del precariato.
Sul fronte studentesco dobbiamo tenere costantemente sotto attacco i governi centrale e locali e le loro politiche e misure sull'istruzione, denunciare la scuola e l'università della borghesia e del regime neofascista, presentare le nostre proposte al movimento studentesco, martellando in particolare sulla questione del governo della scuola e dell'università e sulla democrazia diretta nel movimento studentesco; dobbiamo sviluppare l'attività di fronte unito, creare le condizioni per costituire la Corrente studentesca marxista-leninista. Dobbiamo batterci per spostare il movimento sempre più a sinistra sulla base delle nostre proposte, in particolare della parola d'ordine: "Scuola e università pubbliche, gratuite e governate dalle studentesse e dagli studenti".
Date le forze attualmente a nostra disposizione e per via del fatto che proprio nelle scuole si ha la massima concentrazione di giovani, il lavoro studentesco va considerato al primo posto nel nostro lavoro giovanile.
Le impetuose lotte studentesche, che hanno avuto il culmine il 14 dicembre 2010, hanno creato un terreno estremamente fertile per la nostra piattaforma. Non dobbiamo perdere questa occasione d'oro, e sta quindi alle studentesse e agli studenti marxisti-leninisti mettercela tutta per trasmettere al movimento la nostra linea studentesca.
Dobbiamo conquistare i giovani più avanzati e combattivi alla causa dell'Italia unita, rossa e socialista. Ciò ci permetterà al contempo di rafforzare il nostro Partito e incrementare i nostri "spazi di manovra" all'interno dei rispettivi ambienti giovanili di lotta.
I fronti di lotta giovanili non sono solo quelli operaio-sindacale e studentesco, ci sono quelli dei giovani delle periferie, dei giovani migranti, del disagio giovanile in generale. Non possiamo ignorarli, e là dove è possibile, soppesate forze e priorità, dobbiamo impegnarci anche su questi fronti. Tuttavia al momento attuale il Partito nel suo complesso deve concentrarsi sui due fronti principali perché sono fondamentali per il suo sviluppo nazionale e per incrementare la lotta contro il regime neofascista.
Il 5° Congresso ha finalmente creato le premesse per poter realizzare la piattaforma rivendicativa del PMLI specifica per i giovani del Sud, che è quanto mai urgente, e che avrà bisogno del contributo insostituibile delle istanze meridionali e della Commissione del CC per il Mezzogiorno.
Per rilanciare alla grande il lavoro giovanile del Partito, resta un obiettivo primario e strategico la costituzione della Commissione giovanile del CC, una necessità già messa in luce dal 5° Congresso. In quest'ottica, bisogna educare, responsabilizzare e dare fiducia ai giovani militanti (ma anche ai giovani simpatizzanti, nel limite ovviamente delle attività esterne al Partito), mettendo in campo e alla prova le loro capacità. Ogni istanza di base e intermedia dovrebbe avere un responsabile del lavoro giovanile, allo scopo di poter seguire al meglio le varie questioni riguardanti i giovani e il movimento studentesco. Dobbiamo creare le condizioni per tenere una riunione nazionale dei giovani marxisti-leninisti.

Il ruolo dei giovani marxisti-leninisti
I giovani marxisti-leninisti sono i naturali attuatori della linea giovanile del Partito. Ecco perché noi abbiamo bisogno di tanti e bravi giovani militanti e simpatizzanti che si impegnino per farla passare nel proprio ambiente. Un prerequisito fondamentale perché questo lavoro abbia successo è, com'è naturale, conoscere a fondo la linea giovanile del Partito: essi devono quindi considerare lo studio di tale linea, specie della linea studentesca per quanto riguarda gli studenti marxisti-leninisti, come una priorità, devono farla propria e saperla applicare. Da ciascuna esperienza potremo trarre importanti insegnamenti che ci permetteranno di sviluppare ulteriormente la linea giovanile.
I tre elementi chiave e le quattro indicazioni per radicare il Partito, nonché il principio di tenere in pugno l'iniziativa politica, restano la nostra bussola anche per il lavoro giovanile.
Visto il movimento impetuoso che si è sviluppato contro la "riforma" Gelmini, le studentesse e gli studenti marxisti-leninisti giocano un ruolo fondamentale e devono essere pronti per le lotte in arrivo. In generale vale quanto già detto sopra; i nostri studenti devono conoscere bene la linea studentesca del Partito, fare fronte unito, presentare la nostra piattaforma, applicare le coordinate per il lavoro di massa studentesco, in particolare devono impegnarsi per diventare dei leader studenteschi. Dobbiamo stare attenti a non cadere né nel codismo (cioè metterci alla coda del movimento, sostenere le parole d'ordine e le posizioni che riteniamo errate per quanto diffuse e non avere un ruolo propositivo), né nel settarismo (cioè mancare di tattica e fare male il lavoro di fronte unito). È qui che si vede quanto sia essenziale conoscere bene la linea di massa del Partito.
Forti della linea studentesca del Partito, a livello locale le studentesse e gli studenti marxisti-leninisti devono valutare la situazione e agire di conseguenza.
Per realizzare il nostro scopo di spostare il movimento studentesco sempre più a sinistra, noi dobbiamo stare in mezzo alle masse studentesche, trasmettere loro la nostra linea e la nostra piattaforma e far sì che le rendano proprie. Lavorare negli organismi di massa è il modo migliore per farlo, tenendo a mente e applicando la parola d'ordine: "Studiare, concentrarsi sulle priorità, radicarsi; radicarsi, concentrarsi sulle priorità, studiare".
Dobbiamo continuare a considerare centrale l'attività negli organismi di massa studenteschi, specialmente nei collettivi di ciascuna scuola, facoltà e ateneo. Quando già ce ne sono, promossi dalla "sinistra" borghese o anche dall'"ultrasinistra", dobbiamo stabilire se ci sono le condizioni per lavorare al loro interno dando vita, assieme ai simpatizzanti e agli studenti che condividono la nostra linea scolastica e universitaria, alla Corrente studentesca marxista-leninista; se non ci sono le forze per farlo, i singoli studenti marxisti-leninisti devono comunque impegnarsi per applicare e far passare la nostra piattaforma. Quando invece questi collettivi mancano, dobbiamo cercare di promuoverne noi, naturalmente dopo esserci conquistati una base che ci permetta di renderli effettivamente di massa; tali collettivi devono essere composti non solo dai militanti e simpatizzanti del Partito, ma anche da tutti gli studenti che condividono le nostre proposte.
In questi casi bisogna fare molta attenzione a non commettere l'errore di trasformare il collettivo da noi creato in una brutta copia di un'organizzazione di Partito, bisogna invece utilizzare parole, azioni, simbologie e atteggiamenti consoni a un organismo di massa.
Per noi, però, l'assemblea generale, oltre a rappresentare il contraltare degli attuali organi di governo scolastici e universitari, deve essere considerata la massima organizzazione unitaria delle studentesse e degli studenti in cui possono esprimersi anche i collettivi e ogni altra organizzazione studentesca, ma alla fine le decisioni dell'assemblea devono essere vincolanti per tutti.
I giovani marxisti-leninisti devono essere dei combattenti d'avanguardia, devono elevare il tiro delle lotte a cui prendono parte ed essere in grado di legare il particolare al generale, le rivendicazioni immediate a quelle a medio e lungo termine e alla conquista del socialismo, l'unico quadro entro cui queste rivendicazioni potranno concretizzarsi completamente e stabilmente. Ma bisogna andare per gradi: trovandoci di fronte a un dato problema dobbiamo in primo luogo saper indicare bene come si fa a risolverlo e quali sono le responsabilità del governo locale o nazionale, in secondo luogo chiarire che si tratta del governo della borghesia, infine spiegare che l'unico modo per cambiare definitivamente e radicalmente le cose è abbattere il capitalismo. Quest'ultimo passaggio sarà realizzato quando le condizioni sono mature, non quindi meccanicamente.
I giovani militanti del PMLI sono oggettivamente i successori rossi della nostra causa, quindi devono impegnarsi per esserlo nei fatti, mettendosi alla scuola dei Maestri e del Partito, trasformando costantemente se stessi mentre trasformano il mondo, in particolare cogliendo e applicando le cinque fiducie, i sei inviti di Scuderi ai giovani militanti e le tre consegne ai nuovi militanti, e avendo ben chiara la missione storica del PMLI. I giovani marxisti-leninisti devono quindi essere consapevoli del loro ruolo e impegnarsi per esserne all'altezza; devono fare proprio il grande appello di Mao: "osare pensare, osare parlare, osare agire (...) basandosi sul marxismo-leninismo".
Dobbiamo continuare a riporre grande fiducia nelle compagne e nei compagni giovani del nostro Partito e assegnar loro responsabilità, compiti e incarichi dirigenti sulla base delle loro competenze e forze, incoraggiandoli a superare le difficoltà, certi che la nostra fiducia sarà ripagata. Non abbiamo mai fatto né mai faremo discriminazioni di sesso o anzianità di vita o militanza: gli unici requisiti sono quelli espressi all'articolo 9 dello Statuto.
Ai giovani marxisti-leninisti sta anche il compito fondamentale di vigilare affinché il PMLI non cambi mai colore e resti saldamente ancorato alla via dell'Ottobre anche in futuro. Ciò è tanto più vero oggi che stiamo lavorando per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso, e cioè per mettere a punto il suo sviluppo nazionale. Più il nostro Partito crescerà numericamente, più cresceranno le contraddizioni al suo interno e la lotta fra le due linee. L'ha spiegato bene di recente il nostro Segretario generale, affermando che, man mano che aumenterà l'incidenza del PMLI nella lotta di classe, "non mancheranno gli agenti della borghesia infiltrati nel Partito che, distorcendo il marxismo-leninismo-pensiero di Mao, cercheranno di impadronirsi del PMLI per fargli cambiare colore politico e impantanarlo nel capitalismo e nel parlamentarismo"(7).

Conclusioni
Conquistare i giovani alla causa del socialismo significa assicurare loro un futuro libero da oppressione e miseria, rafforzare la lotta per l'Italia unita, rossa e socialista, nonché immettere nel Partito forze sempre nuove e sempre più fresche.
Alle ragazze e ai ragazzi che vogliono cambiare il mondo, qualunque sia la loro collocazione organizzativa attuale, noi chiediamo di valutare la proposta marxista-leninista e di unirsi al PMLI come militanti o simpatizzanti, dando così il proprio apporto concreto alla lotta per il socialismo. Non gli chiediamo di essere semplici iscritti ma protagonisti attivi della costruzione di un grande, forte e radicato PMLI; non di essere spettatori passivi ma di scendere attivamente in campo nella lotta rivoluzionaria. Gli proponiamo di impugnare la grande bandiera rossa di Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao e battersi contro il regime neofascista, il capitalismo e l'imperialismo.
Il PMLI offre ai giovani una vera alternativa di vita e di società. Entrare nel PMLI e dedicarsi alla lotta per il socialismo è quanto di più nobile, appagante e giusto un vero rivoluzionario possa fare. La militanza marxista-leninista rappresenta una rottura radicale con la concezione borghese del mondo che ci è stata inculcata dalla società fin dall'infanzia, in primo luogo con l'individualismo, l'egoismo, il carrierismo, il razzismo; significa assumere la concezione proletaria del mondo e fare del servire il popolo, dell'altruismo rivoluzionario, della critica e dell'autocritica e della costante trasformazione del mondo e di sé stessi i propri valori di vita.

Viva l'indomita e combattiva gioventù italiana in lotta per il lavoro e l'istruzione pubblica!
Sviluppiamo e miglioriamo il lavoro sul fronte operaio e sindacale e sul fronte studentesco!
Lavoriamo per far maturare un nuovo 25 Aprile per abbattere il nuovo Mussolini!
Conquistiamo le ragazze e i ragazzi al PMLI per dargli un corpo da Gigante Rosso!
Conquistiamo i giovani alla causa dell'Italia unita, rossa e socialista!
Coi Maestri e il PMLI vinceremo!


Il Comitato centrale del PMLI

Firenze, 3 aprile 2011