Documento dell'Ufficio politico del PMLI

UN'OPERA FONDAMENTALE PER TRASFORMARE IL MONDO E SE STESSI

In celebrazione del 150° Anniversario della pubblicazione del ``Manifesto del Partito Comunista'' di Marx ed Engels

Centocinquanta anni fa, quando nel febbraio 1848 fu stampato a Londra il ``Manifesto del Partito Comunista'', nessuno immaginava, né l'Associazione internazionale degli operai, la Lega dei Comunisti, che aveva incaricato Marx ed Engels di redigere quel programma di partito e né i suoi due autori che pure vi lavorarono a lungo e ne curarono la stesura di ogni frase, nella consapevolezza di porre mano a uno straordinario documento storico, la dirompente carica rivoluzionaria che avrebbe prodotto questo libro nella storia dell'umanità. Solo la Bibbia ha avuto una diffusione e una portata paragonabile alla sua, ma mentre la prima si limitava a supplicare un'improbabile conciliazione delle classi nell'attesa di una messianica liberazione del genere umano a opera di una divinità a esso superiore ed estranea, il secondo annunciava l'irrompere nella storia della prima classe radicalmente, conseguentemente, costituzionalmente e ``veramente rivoluzionaria'', il proletariato, non una nuova classe subalterna ansiosa semplicemente di avvicendarsi e sostituirsi alle vecchie classi sfruttatrici, com'è accaduto alla stessa borghesia, ma la prima classe sfruttata che rivendica il potere come classe generale in grado di emancipare se stessa solo emancipando l'intera società. E lo annunciava non come un nuovo credo e la prefigurazione utopistica della società ideale ma in nome del socialismo scientifico, ossia della nuova scienza del proletariato che non lasciava in piedi niente delle vecchie concezioni e della vecchia società e gli si contrapponeva nella misura più profonda e generalizzata.

Quantunque fatto proprio e impugnato, quando apparve, da una ristrettissima minoranza di operai costituita da quell'avanguardia che aveva aderito al socialismo scientifico di Marx ed Engels, da allora niente è più come prima e il corso storico ne è rimasto sconvolto. Il Manifesto ha squarciato le tenebre che ottundevano le coscienze degli sfruttati e degli oppressi rileggendo l'intera storia dell'umanità da un punto di vista assolutamente inedito, che nessuno aveva mai avuto la capacità e il coraggio di avanzare. Alle idee dominanti, ossia alle idee delle classi dominanti borghesi, contrappone la nuova concezione proletaria del mondo, che demolisce tabù e pregiudizi secolari inculcati dalle classi sfruttatrici come verità eterne e assolute e smaschera gli interessi di classe che stanno dietro a quelle idee dominanti.

``La storia di ogni società sinora esistita (eccetto le comunità primitive, preciserà in seguito Engels) è storia di lotte di classe''. Questa celeberrima frase apre il primo capitolo del Manifesto e con tale definizione s'inizia l'esposizione avvincente, brillante e viva della nuova concezione del mondo che Marx ed Engels negli anni successivi avranno modo di precisare e articolare, completare e correggere, migliorare e arricchire a seguito delle nuove esperienze rivoluzionarie acquisite nel frattempo dal proletariato, Comune di Parigi in testa, ma che per l'essenziale è racchiusa come in uno scrigno in questa loro opera fondamentale. Si tratta di parole inequivocabili che fischiano come pallottole all'indirizzo della borghesia e delle classi sfruttatrici, sostenitrici della rassicurante concezione metafisica e idealista secondo cui la storia, intesa come il ripetersi infinito di trasformazioni eternamente immutabili, la fanno gli eroi, i geni, le grandi personalità, siano essi magnati industriali e finanziari, alti governanti e parlamentari, papi e imperatori. E in poche pagine il Manifesto tratteggia magnificamente l'ininterrotto conflitto tra oppressori e oppressi che a partire dalle società schiavistiche dell'antichità, attraverso il Medioevo, ci ha portato all'attuale società borghese, e la porterà al tramonto. Un conflitto che ha ridotto in polvere imperi sterminati come quello romano e potenti monarchie assolutiste investite da un potere che addirittura volevano divino. è la lotta di classe e non il succedersi di circostanze storiche fortuite, caotiche e oscure a muovere il processo di origine, di sviluppo e di decadenza di qualsiasi societa umana.

La società borghese che i grandi pensatori liberali avevano idealizzato viene denudata, a cominciare dal suo processo di sviluppo, della sua struttura economica, della sua organizzazione sociale e politica. Finché la borghesia rimase subordinata nella società feudale, vantava una vocazione rivoluzionaria nelle idee e in ogni campo, praticava la lotta di classe per trasformare il mondo e le attribuiva una funzione sommamente progressiva, ma non appena, a cominciare da due secoli e mezzo fa, si trasforma nel suo opposto, diventa irreversibilmente reazionaria, tradisce il suo passato e mutua gradualmente dalle antiche classi sfruttatrici spodestate quella condotta e quell'ideologia contro cui si era scagliata in gioventù. Ecco perché Marx ed Engels scelgono di dedicare l'intero primo capitolo ai due opposti del presente antagonismo sociale, ``Borghesi e proletari'': perché dal loro confronto emerge tutta la grandezza del titano proletario chiamato a rovesciare cielo e terra. è il proletariato la classe antagonista che si erge contro una borghesia che ``proclama di non avere altro scopo che il guadagno'' mentre essa ``costringe tutte le nazioni ad adottare le forme della produzione borghese se non vogliono perire; le costringe a introdurre nei loro paesi la cosiddetta civiltà, cioè farsi borghesi. In un parola, essa si crea un mondo a propria immagine e somiglianza''. Di tutte le classi e ceti che la fronteggiano il proletariato è il prodotto più genuino del capitalismo, l'unica classe che, indipendentemente dalla sua consistenza numerica, deve abbattere la schiavitù salariata e l'oppressione che schiaccia l'intera società. E che non sia il numero un ostacolo insormontabile, dal momento che è il posto peculiare che occupa nel sistema di produzione capitalistico a conferirgli tale destino storico, lo hanno dimostrato proprio le esperienze vincenti delle Rivoluzioni russa e cinese, che hanno visto i rispettivi proletariati diretti da autentici Partiti comunisti esercitare una fortissima egemonia coagulante per tutte le forze rivoluzionarie quantunqe essi fossero giovani e minoritari rispetto al resto della popolazione.

Fin dalla premessa e poi con il secondo capitolo dedicato a ``Proletari e comunisti'', Marx ed Engels dichiarano apertamente che sono i comunisti (oggi direbbero marxisti-leninisti) riuniti in Partito a parlare, a esporre senza sotterfugi ma con fierezza le loro idee e i loro programmi, a sfidare la borghesia col coraggio che muove chi è certo di rappresentare il futuro e lo fanno perché i comunisti sono la parte più avanzata del proletariato, sono il partito politico più risoluto che si propone di unificare il proletariato, sostenere il suo interesse complessivo di classe, rovesciare il capitalismo e conquistare il socialismo e poi il comunismo. I destini dei primi sono ormai intrecciati e fusi con quelli dei secondi.

Il Manifesto rappresenta l'atto di nascita del movimento operaio organizzato: chiude definitivamente la preistoria del proletariato, quale classe ignara del suo stato di schiavitù e del suo posto peculiare occupato nel sistema capitalistico, priva di una concezione del mondo e di un progetto di trasformazione rivoluzionaria della società autonomi da ogn'altra classe sociale, e schiude la nuova fase storica contraddistinta dalla lotta del proletariato per l'emancipazione e per il socialismo. Tuttavia perché questo progetto di trasformazione rivoluzionaria della società e la conquista del socialismo abbiano successo devono essere accompagnati dal processo di ininterrotta trasformazione rivoluzionaria del proletariato stesso che ne è protagonista e forza motrice. è vero, riconoscono Marx ed Engels, che ``la sua lotta contro la borghesia incomincia colla sua esistenza'', e dunque è insita nell'esistenza stessa del sistema capitalistico, eppure il proletariato non potrà mai prendere il posto che la storia gli ha assegnato se non si trasformerà da classe in sé, ignara e passiva, abbrutita e consumata dalla schiavitù salariata, a classe per sé, consapevole e indipendente, antagonista in tutto rispetto alla borghesia, cosciente che senza il potere politico non ha niente e che col potere politico ha tutto.

Marx ed Engels, e dopo di loro gli altri grandi maestri del proletariato internazionale, ci hanno insegnato a trasformare il mondo e al contempo noi stessi. Loro che erano due grandi intellettuali borghesi rinnegarono la loro classe di origine e si gettarono a capofitto nella rivoluzione e nella lotta di classe senza mai smettere di studiare per un solo istante della loro vita: più studiarono e più svilupparono la rivoluzione, più avanzava la rivoluzione e più procedeva in ampiezza e profondità la loro critica dell'esistente.

Siamo antagonisti alla borghesia solo se dichiariamo una guerra totale e senza quartiere al suo sistema e alle sue idee, se partecipiamo alla lotta di classe contro il capitalismo e il suo sistema economico, il suo ordinamento istituzionale, giuridico e politico, il suo governo e se critichiamo e denunciamo l'intera concezione del mondo borghese, in qualsiasi forma essa si presenti, sotto le spoglie classiche e ufficiali del liberalismo e sotto quelle più ingannevoli e subdole del riformismo, del revisionismo, del trotzkismo e del neorevisionismo. La trasformazione di noi stessi comporta da una parte il ripudio completo dell'ideologia, cultura, morale, politica e della pratica borghesi e dall'altra l'acquisizione della concezione proletaria del mondo attraverso la rivoluzionarizzazione permanente della propria mentalità e coscienza, del modo di pensare, di vivere e di agire alla luce del materialismo storico e del materialismo dialettico. è la storia, sono i fatti, la stessa esperienza del proletariato italiano, che dimostrano che non c'è altra strada per fronteggiare e vincere il capitalismo e l'imperialismo che partecipare attivamente e direttamente alla lotta di classe e studiare e mettere in pratica il marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Una verità che deve essere acquisita in particolare dalle ragazze e dai ragazzi che vogliono cambiare il mondo e credono di farlo dall'interno del capitalismo e del regime neofascista, presidenzialista e federalista col riformismo, oppure con l'anarchismo e lo spontaneismo.

Dopo aver rischiato di vedersi cacciare in tutto il mondo dal potere che aveva cominciato ad assaporare da due secoli e mezzo con le prime esperienze di socialismo, sulle ali del crollo dei regimi revisionisti e dello sviluppo impetuoso indotto dalla ``rivoluzione elettronica'' e delle nuove tecnologie, la borghesia internazionale sta vivendo l'euforia dell'onnipotenza, una stagione di tronfie certezze che consacrano la superiorità e l'assolutezza del capitalismo e negano la validità, la giustezza e in qualche modo la stessa esistenza dell'esperienza storica del socialismo e della dittatura del proletariato, considerandola una parentesi storica lontana, irripetibile e irreversibilmente conclusa. Quando noi marxisti-leninisti invitiamo a riscoprire - o a scoprire per la prima volta, specie se si tratta di giovani - il ricco patrimonio di insegnamenti presenti nel Manifesto e a emulare lo spirito pionieristico di Marx ed Engels non vogliamo certo dire che la storia del proletariato internazionale deve essere riscritta per intero ripartendo da zero, come vanno cianciando i cosiddetti ``rifondatori del comunismo''. No, il proletariato ha una storia gloriosa e vittoriosa, esso è stato capace non solo di rovesciare la borghesia e di conquistare il potere ma di edificare magnificamente il socialismo finché sono stati vivi Lenin e Stalin in Urss e Mao in Cina. Al Manifesto sono seguite altre opere marxiste-leniniste fondamentali che hanno punteggiato questo suo cammino e condensano meglio di ogni altra questo prezioso patrimonio marxista-leninista: Lenin, Stato e rivoluzione; Stalin, Principi del leninismo e Questioni del leninismo; Mao, Sulla giusta soluzione delle contraddizioni in seno al popolo.

Se il proletariato ha subito il presente rovescio storico lo deve non al fallimento del comunismo ma al fallimento dei rinnegati e traditori revisionisti e più in generale di quelle correnti socialiste a parole ma borghesi e controrivoluzionarie nei fatti contro cui si erano scagliati gli stessi Marx ed Engels nel terzo capitolo del Manifesto. Solo dunque dopo un serio e approfondito bilancio critico e autocritico dell'intera esperienza del movimento operaio nazionale e internazionale, esso potrà chiarirsi le idee, riorganizzarsi, rimettere in moto la lotta di classe e far tornare a vincere il socialismo. E potrà dare tutta la sua fiducia ed energia al PMLI che marcia risolutamente verso il 4° Congresso nazionale. L'unico Partito che non ha rinnegato la causa del socialismo, che lotta contro il governo borghese, anche se è quello della sinistra borghese e ha il volto di Prodi, D'Alema e Bertinotti, e lo chiama alla lotta dietro le sue bandiere rosse con la falce e martello e l'effige di Mao rinnovando la stessa intrepida esortazione con cui si conclude magnificamente il Manifesto ``I comunisti sdegnano di nascondere le loro opinioni e le loro intenzioni. Essi dichiarano apertamente che i loro scopi non possono essere raggiunti che con l'abbattimento violento di ogni ordinamento sociale esistente. Tremino pure le classi dominanti davanti a una rivoluzione comunista. I proletari non hanno nulla da perdere in essa fuorché le loro catene. E hanno un mondo da guadagnare. Proletari di tutti i paesi, unitevi!''

Coi maestri vinceremo!

L'Ufficio politico del PMLI

Firenze, febbraio 1998