Abbattere il nuovo Mussolini per affossare la legge bavaglio fascista e piduista
Le parole non bastano, occorre un nuovo 25 Aprile
Con l'approvazione in Senato nero della legge bavaglio fascista, piduista e mafiosa contro le intercettazioni e la libertà di informazione il neoduce Berlusconi ha messo a segno, dopo la feroce stangata di 24 miliardi, un altro violento colpo demolitore alla magistratura e alle residue garanzie costituzionali. Questa legge pensata per tutelare unicamente se stesso, la sua banda di politicanti ladri e corrotti, e i suoi amici affaristi, speculatori e mafiosi, e il modo fascista con cui è stata imposta dimostrano tutta la pericolosità e l'arroganza di questo bandito nel portare avanti, con criminale lucidità, la realizzazione integrale del piano piduista che ha ereditato da Gelli e Craxi. E che non si fermerà finché non avrà ottenuto la controriforma neofascista, presidenzialista e federalista della già sbrindellata Costituzione del 1948 e i pieni poteri di tipo mussoliniano che reclama a ogni piè sospinto.
Non a caso li ha chiesti di nuovo e a gran voce, proprio mentre nel parlamento nero si consumava il colpo di mano, intervenendo alle assemblee della Federalberghi e della Confartigianato, che ha monopolizzato usandole come tribune favorevoli per scagliarsi contro i magistrati e i giornalisti che protestano e si oppongono alla legge bavaglio e contro la Costituzione accusata di essere "vecchia di 60 anni" e "frutto di un compromesso catto-comunista": "Governare con questa architettura istituzionale è un inferno", ha tuonato il neoduce svelando di fronte a queste platee padronali "amiche" e compiacenti le sue sempre più impellenti e irrefrenabili fregole mussoliniane. Del resto anche questo suo incessante lavorìo per rafforzare i suoi rapporti clientelari con le associazioni imprenditoriali, dalla Confindustria e Confcommercio alle varie categorie di autonomi, proclamando di essere "uno di loro" e promettendo tagli alle tasse e libertà da "lacci e lacciuoli", anche cancellando l'articolo 41 della Costituzione, in cambio dell'appoggio alle sue campagne per soggiogare la magistratura e il parlamento e alle sue leggi neofasciste, razziste e liberticide, fa parte dello stesso piano scientifico teso a mantenersi saldamente al governo del Paese finché non avrà ottenuto quel presidenzialismo che blinderà definitivamente il potere dittatoriale che già esercita di fatto.
Ecco serviti quanti come il PD liberale di Bersani andavano fantasticando su un presunto "indebolimento", se non addirittura un'imminente caduta, del neoduce Berlusconi grazie agli scandali, o alla crisi economica, o alle contraddizioni interne alla maggioranza provocate dalla fronda finiana e quant'altro. E che si illudevano di bloccare e depotenziare la sua violenta controffensiva alle inchieste e agli scandali che rischiavano di sommergerlo con la sua banda di corrotti, scendendo sul suo stesso terreno fino a essere disposti addirittura a venire a patti con lui, mercanteggiando in parlamento qualche modifica o ritocco migliorativo alla legge bavaglio fascista e piduista.
Un'illusione che il neoduce ha finto per un po' di assecondare, anche per dare corda a Fini per impiccarsi, contentare Napolitano e aprire brecce nel PD mostrando volontà di "dialogo", salvo poi calare il pugno e far saltare il tavolo quando si è stufato e ha deciso di chiudere la partita. Tra l'altro col maxiemendamento e il voto di fiducia (il 34°!) che, come è venuto fuori a cose fatte, erano già stati decisi in Consiglio dei ministri fin dal 25 maggio, ben prima delle cosiddette "modifiche" che finiani e piddini si sono vantati di aver "strappato", mentre hanno fatto solo il gioco del nuovo Mussolini.
Il PD, che avrebbe potuto cogliere l'occasione dell'ondata di indignazione sollevata dalla legge bavaglio per mobilitare le masse e dare una spallata decisiva a Berlusconi e al governo ha scelto come sempre l'imbelle "confronto" parlamentare, arrivando con D'Alema a inciuciare di nuovo con Gianni Letta per stralciare dalla legge la norma sulla non intercettabilità degli agenti segreti, rimandata ad un provvedimento ad hoc di cui nulla ci è dato sapere ma che è stata presentata come una "grande vittoria". Ha evitato perfino di occupare l'aula come l'IDV, dopo che questa pur palliativa e simbolica forma di protesta era stata minacciata a parole dal suo gruppo parlamentare. Che cosa ci vuole ancora per scuotere questo partito dal torpore e dalla codardìa che lo stanno sempre più paralizzando e che gli fanno ingoiare uno dopo l'altro e senza reagire i rospi che il nuovo Mussolini gli ammannisce?
Nonostante ciò i settori più democratici, antifascisti e progressisti della società mostrano di comprendere la gravità di questi atti e l'importanza della posta in gioco, e cercano di reagire con forme di protesta e di mobilitazione spontanee, dai magistrati ai giornalisti, dal "popolo viola" agli intellettuali. Qualcuno comincia anche ad ammettere che il regime e il fascismo non sono ipotesi avveniristiche ma sono già una realtà presente, e sempre di più Berlusconi viene accostato a Mussolini, come il PMLI va dicendo inascoltato da anni. Lo ha fatto per esempio anche il quotidiano riformista L'Unità, uscendo nei giorni dell'approvazione della legge bavaglio con prime pagine riportanti scritte e immagini che rimandavano al ventennio fascista. Anche il segretario della FNSI, Siddi, associazione che guida la protesta dei giornalisti ed ha proclamato uno sciopero di 24 ore dell'intera categoria per giovedì 1° luglio, in un editoriale su La Nuova Sardegna ha fatto un parallelo con il luglio 1923 e le parole usate allora da Mussolini per chiedere ai suoi ministri di fare un decreto per reprimere "gli abusi a cui si abbandonano senza ritegno taluni organi della stampa italiana".
Sono tutte dichiarazioni importanti e confortanti, ma occorre prendere coscienza fino in fondo che al fascismo ci siamo già, anche se sotto nuove forme, nuove parole d'ordine e nuovi vessilli, e che Berlusconi è in tutto e per tutto il nuovo Mussolini. Le parole non bastano, come non bastarono a fermare il suo predecessore e maestro. Nessuna illusione c'è da farsi nemmeno sull'intervento di Napolitano: il nuovo Vittorio Emanuele III, per quanto abbia detto di "aspettare il testo finale" per decidere se firmarlo o no, si è già schierato chiaramente con Berlusconi, quando ha rampognato ancora una volta quanti lo esortano a non firmare le sue leggi-vergogna golpiste, accusandoli sdegnosamente di "parlare a vanvera".
Quel che occorre è un nuovo 25 Aprile, una mobilitazione di tutte le masse antifasciste, democratiche e progressiste, che ispirandosi alla gloriosa Resistenza scatenino una lotta di piazza senza quartiere fino all'abbattimento del neoduce Berlusconi e della legge bavaglio. E occorre farlo ora, senza aspettare una nuova votazione-farsa alla Camera, per poi rimandare tutto all'intervento della Corte costituzionale, come pensa di fare il PD, o a un ipotetico referendum abrogativo, come proclama il demagogo e destro Di Pietro. Ora, prima che il nuovo Mussolini, dopo questa legge fascista e piduista che gli fa da apripista, rivolga la sua furia contro altri principi costituzionali, come l'articolo 21 sulla libertà di espressione, l'articolo 41 e altri che gli fanno ombra. E prima che il suo governo neofascista proceda oltre nella macelleria sociale che sta massacrando i lavoratori e le masse popolari.

16 giugno 2010