Secondo uno studio dell'Undp
Gli accordi Epa distruggeranno l'economia africana
Il Forum sociale mondiale di Nairobi li respinge

Gli Accordi di partenariato economico, Epa, che l'Unione europea sta preparando con i 77 paesi del gruppo Acp (Africa, Caraibi e Pacifico) distruggeranno l'economia africana. Un giudizio che si ricava da uno studio pubblicato nel 2005 col contributo del Programma per lo sviluppo delle Nazioni Unite (Undp) e rilanciato nelle denunce e nella manifestazione del 24 gennaio scorso contro gli Epa dal settimo Forum sociale mondiale di Nairobi.
Lo studio dal titolo "Impatti sull'economia e sul welfare degli accordi di partenariato economico Ue-Africa" sostiene che gli Epa sono a esclusivo vantaggio dell'Unione europea, o meglio delle grandi aziende agricole della Ue, che vedrà crescere vertiginosamente l'esportazione dei propri prodotti. I rapporti commerciali tra la Ue e l'Africa cresceranno ma per effetto dell'aumento delle esportazioni europee nell'altro continente e non per il maggiore spazio ai prodotti agricoli africani sui mercati europei. Nel dettaglio lo studio ha analizzato gli effetti della liberalizzazione in alcuni paesi con risultati eloquenti come quello del Burundi che perderebbe il 3% del prodotto interno lordo (pil).
Scopo degli Epa è la liberalizzazione economica negli scambi agricoli tra Ue e paesi Acp, con in particolare l'abbattimento delle tariffe doganali. Uno dei diktat dell'organizzazione mondiale per il commercio (Wto) che ha imposto lo smantellamento degli accordi preesistenti, le convenzioni di Lomè, che pure contenevano limitate facilitazioni per l'esportazione dei prodotti agricoli africani in Europa. La firma del trattato di Cotonou nel 2000 ha dato il primo colpo nello smantellamento delle tariffe doganali e dato il via al negoziato che le liquiderà completamente e che si dovrà concludere entro l'1 gennaio del 2008 con la definizione di nuovi accordi.
Per gran parte dei paesi africani legati alle esportazioni dei prodotti agricoli l'azzeramento delle teriffe doganali rappresenterà una perdita tra il 10 e il 60% delle proprie entrate annuali. I contadini subiranno anche la concorrenza dei prodotti agricoli importati che le grandi aziende europee potranno vendere a prezzi stracciati grazie e ai sussidi Ue.
"No agli Epa", moratoria per almeno 20 anni, sono le richieste avanzate nella manifestazione del 24 gennaio a Nairobi, indetta da una serie di organizzazioni di contadini africane che rappresentano 70 milioni di agricoltori. Circa 2 mila dimostranti, partiti dall'Uhuru Park, al centro della città, sono sfilati per le strade di Nairobi fin sotto la sede di rappresentanza della Ue al grido di "Lottiamo contro la povertà, fermiamo gli Epa. Noi non abbiamo bisogno dell'euro".
Un rappresentante delle organizzazioni del Camerun ha denunciato che "l'Europa pretende di arrivare con i suoi prodotti nei nostri paesi, ma la nostra agricoltura non ha niente degli standard agricoli europei: ci vorranno almeno venti anni. E nel frattempo la nostra agricoltura deve essere protetta. Come d'altronde l'Europa protegge la propria". Un rappresentante dell'Etiopia aggiungeva che "l'agricoltura familiare, quella più diffusa, verrà completamente distrutta. Ma accadrà lo stesso anche con le piccole industrie, che non potranno avere prezzi abbastanza competitivi. A Bruxelles parlano di libero mercato, ma una mucca europea riceve due dollari al giorno di sussidi, quando il 45% della popolazione in Etiopia vive con meno di un dollaro al giorno". Che le liberalizzazioni dei mercati siano la rovina dei paesi più poveri lo conferma anche l'esempio del Senegal che 15 anni fa era il ventitreesimo produttore di pomodori al mondo; costretto dalla Banca mondiale a operare una graduale apertura del proprio mercato in cambio di una riduzione del debito è sceso oggi al quarantesettesimo posto.
La manifestazione di Nairobi ha rilanciato una denuncia che già le organizzazioni dei contadini africani e di alcuni paesi europei avevano avanzato nel novembre del 2005; in un comunicato congiunto avevano affermato che "non può che nuocere all'agricoltura familiare africana nella misura in cui metterà in concorrenza diretta le produzioni agricole africane e quelle importate a basso prezzo dall'UE a causa dell'insufficienza o dell'inesistenza di tassazioni alle frontiere. Non ci possono essere scambi giusti tra economie e competitività che non sono paragonabili".
Il documento denunciava inoltre che gli effetti della liberalizzazione voluta dal Wto mostra "come da un lato l'agricoltura familiare viene gettata nella crisi e la povertà e dall'altro sono soprattutto le aziende multinazionali ad approfittare delle nuove regole all'OMC. Le agricolture familiari africane come quelle dell'Unione Europea hanno tutto da perdere da un tale sistema".

7 febbraio 2007