Le superpotenze imperialiste impongono impegni non vincolanti
L'accordo di Cancun non risolve il problema sul riscaldamento del clima
Solo la Bolivia ha avuto il coraggio di denunciarlo
Manganellate ai contestatori

La XVI Conferenza delle Nazioni Unite sul Clima (Cop16) che si è svolta nella cittadina turistica messicana di Cancun ha prodotto l'11 dicembre un nuovo accordo per la riduzione delle emissioni inquinanti che provocano il riscaldamento del clima, un accordo dopo il fallimento della precedente conferenza di Copenaghen che non risolve affatto il problema.
Il testo dell'accordo approvato con il dissenso della sola Bolivia chiede il taglio delle emissioni dal 25 al 40% rispetto al livello del 1990 da realizzarsi entro il 2020 per evitare che l'aumento di temperatura del globo superi i 2 gradi. Istituisce un fondo che parte da 10 miliardi l'anno fino ai 100 miliardi nel 2020 per il trasferimento delle tecnologie pulite e il mantenimento delle foreste tropicali, la cui gestione è affidata alla Banca mondiale. Impegni che non sono vincolanti e che quindi rischiano seriamente di andare disattesi come quelli già del tutto insufficienti definiti nel Protocollo di Kyoto del 1998.
Il documento elaborato dalla presidenza messicana ha ottenuto la quasi unanimità rimandando ai negoziati che si terranno in preparazione della conferenza del prossimo anno la definizione degli impegni vincolanti di taglio delle emissioni di ciascun paese e non ha indicato nessun vincolo nemmeno per quanto riguarda la parte finale degli impegni di riduzione delle emissioni inquinanti, previste dal documento di Kyoto che scade nel 2012, e per gli anni successivi.
Il fatto che sia ciascun paese a indicare volontariamente lo sforzo che è disposto a sostenere prelude al fallimento degli sbandierati obiettivi dato che, hanno denunciato i climatologi delle Nazioni Unite, la somma degli sforzi finora indicati dà un taglio delle emissioni che è circa la metà di quello considerato necessario.
La conferenza, che si è aperta il 29 novembre e alla quale hanno partecipato i rappresentanti di 194 paesi, aveva l'obiettivo di evitare un nuovo fallimento dopo la Cop 15 di Copenaghen quando le superpotenze imperialiste rifiutarono di dare un seguito a quello di Kyoto. L'accordo di Copenaghen poneva l'obiettivo di contenere il riscaldamento globale entro due gradi ma non indicava in concreto come fare. A Cancun l'obiettivo di riduzione delle emissioni inquinanti è stato alzato fino al 40% ma nello stesso modo non viene indicato come realizzarlo. Le superpotenze imperialiste, a partire dai maggiori inquinatori Usa e Cina, hanno bloccato l'indicazione di qualsiasi impegno vincolante. Mentre la stessa istituzione del Green Fund, il fondo verde, pari a 100 miliardi di dollari è del tutto insufficiente a fronte delle richieste dei paesi in via di sviluppo che avevano avanzato la richiesta di una disponibilità di almeno 500 miliardi di dollari per fronteggiare l'adattamento al cambiamento climatico.
Solo la Bolivia ha avuto il coraggio di denunciare i limiti dell'intesa e non ha approvato il documento finale denunciando la mancanza di impegni per i paesi industrializzati dopo il 2012, la mancanza di certezze sui tagli delle emissioni per i paesi avanzati, l'assenza di chiarezza sulle fonti di finanziamento del Green Fund e la sua gestione affidata alla Banca mondiale, il non riconoscimento dei diritti dei popoli indigeni.
La questione principale è che sarebbe necessario affrontare anzitutto le cause e non solamente gli effetti dei cambiamenti climatici, ovvero iniziare con la denuncia e la battaglia contro il sistema capitalistico, improntato alla ricerca del massimo profitto, in nome del quale diventa secondario il rispetto del pianeta.
Una parte di queste ragioni sono state rivendicate da migliaia di dimostranti che il 7 dicembre sono sfilati per le vie di Cancun nel lungo corteo organizzato dai movimenti sociali messicani e internazionali che ha cercato di arrivare fino alla sede del vertice, una sede superblindata e protetta da un nugolo di poliziotti che hanno bloccato i contestatori a suon di manganellate.

15 dicembre 2010