Usa, Nato, Ue e Russia appoggiano il governo di Skopje
GLI ALBANESI IN MACEDONIA COMBATTONO PER I LORO DIRITTI NAZIONALI
NO ALLO SCHIERAMENTO DELLA FOLGORE AI CONFINI CON LA MACEDONIA
Il primo ministro macedone Ljubco Georgievski affermava il 26 marzo che l'esercito aveva ripreso il controllo di tutti i villaggi e delle postazioni strategiche occupate nelle settimane precedenti nella zona di Tetovo dai guerriglieri dell'esercito di liberazione albanese (Nla, in albanese Uck) presso la frontiera con il Kosovo. L'offensiva scatenata il giorno precedente dall'esercito di Skopje, iniziata con i massicci bombardamenti degli elicotteri e dell'artiglieria pesante che hanno preceduto l'avanzata dei carri armati e dei blindati, si è conclusa senza vittime; i guerriglieri si sono ritirati dalle montagne sopra la città di Tetovo e hanno attaccato nella zona di Blace. Il governo macedone ha preannunciato una nuova offensiva anche nella zona di Blace.
La politica del pugno di ferro non ha pagato, la questione dei diritti degli albanesi di Macedonia non può essere risolta a colpi di cannone dal governo di Skopje. Se ne sono resi conto anche la Ue e la Nato, che pure assieme a Usa e Russia appoggiano il governo macedone, lo riforniscono di armi e consiglieri e hanno dato il via libera all'attacco su Tetovo dopo aver condannato i ``terroristi'' albanesi; il responsabile della politica estera e di difesa dell'Unione europea Solana e il segretario generale della Nato, l'inglese Robertson, nell'incontro del 26 marzo nella capitale macedone hanno sollecitato il presidente Boris Trajkovski a cessare le prove di forza e ad aprire un tavolo negoziale. Ma anche la Nato si prepara a un possibile e pericoloso intervento diretto mobilitando il proprio contingente in Kosovo, la Kfor, per tentare di chiudere con la forza la frontiera con la Macedonia nel settore affidato alle forze americane; il capo della Kfor, il generale italiano Carlo Cabigiosu, ha confermato che già nelle scorse settimane i soldati americani della Kfor si sono scontrati con la guerriglia albanese.
Nel punto caldo della frontiera tra Kosovo e Macedonia ci saranno anche reparti italiani della Folgore e della brigata Garibaldi. L'imperialismo italiano vuole mantenere il posto di prima fila nell'intervento militare nei Balcani e schiera i soldati con l'indicazione del ministro della Difesa Sergio Mattarella che ``se attaccati potranno rispondere con le armi'', invece di ritirarli.
La questione dei diritti negati degli albanesi di Macedonia, di una parte consistente tra il 25% e il 40% a seconda delle stime dei circa 2 milioni di abitanti della ex Repubblica jugoslava di Macedonia (Fyrom), è riesplosa in seguito agli attacchi dei guerriglieri dell'esercito di liberazione nazionale (Nla), una costola macedone del disciolto Uck del Kosovo, nelle zone a maggioranza albanese presso il confine col Kosovo; il primo attacco a una postazione di polizia macedone a Tearce è del 22 gennaio scorso. Gli attacchi del Nla si intensificavano nella seconda metà di febbraio. Rappresentanti del Nla affermavano di non voler spaccare il paese ma di sostenere le richieste degli albanesi della Macedonia: una modifica della costituzione con il riconoscimento di pari dignità e diritti civili e culturali di macedoni e albanesi a cominciare dal riconoscimento ufficiale dell'albanese come seconda lingua nazionale, della pari dignità dell'università di Tetovo, di maggiori posti di lavoro nell'amministrazione pubblica, nell'esercito e nella polizia. Tra gli albanesi il tasso di disoccupazione è del 60%, il doppio della già alta media nazionale.
Il governo macedone rifiutava il confronto e le formazioni albanesi attaccavano nella regione di Tetovo, una delle principali città del paese con 200 mila abitanti, a stragrande maggioranza albanese. Il 14 marzo mentre nella città è in corso una manifestazione contro il governo per le discriminazioni antialbanesi i guerriglieri attaccavano le forze di sicurezza nella vicina Kale. Gli scontri si estendevano in breve tempo a macchia d'olio nei villaggi e nelle città presso la frontiera col Kosovo.
A sostegno del governo di Skopje, che chiedeva l'intervento delle truppe Nato, si pronunciavano il parlamento europeo che con una risoluzione approvata il 15 marzo su iniziativa di tutti i gruppi condannava gli attacchi dei guerriglieri e chiedeva l'intervento della Kfor. L'appoggio della Nato era promesso dal segretario generale Robertson, Bush assicurava tutta l'assistenza militare necessaria al governo di Skopje mentre la Ue si mobilitava anche politicamente accelerando il negoziato di adesione della Macedonia con la prossima firma, il 9 aprile, del trattato di associazione, primo passo dell'adesione vera e propria. Anche il presidente russo Putin chiedeva di intervenire con ``un'azione politica energica e, se necessario, con un ricorso alla forza da parte della comunità internazionale''.
Gli scontri attorno a Tetovo continuavano fino alla massiccia offensiva del 25 marzo dell'esercito di Skopje che non chiude certo la questione del riconoscimento dei diritti degli albanesi in Macedonia.