Gli operai Alcoa occupano l'aeroporto di Cagliari
La tenace lotta impone alla multinazionale la trattativa. Per Roma "Faremo un biglietto di sola andata" gridano i lavoratori

Sono passate da poco le dodici e trenta del 29 gennaio. Da due ore l'aeroporto di Elmas di Cagliari è occupato da una delegazione dei lavoratori dell'Alcoa di Portovesme. Un'ottantina presidia la pista, altri trecento bloccano i varchi d'ingresso dell'area partenze.
La mobilitazione, portata avanti con la forza e la determinazione da chi lotta tenacemente in difesa del posto di lavoro, era partita in mattinata con un blocco alla statale 131, che collega Cagliari e Sassari, durato oltre un'ora; a sorpresa è stato interrotto per dirigersi verso lo scalo. Bloccata la strada di accesso al terminal partenze, un gruppo di operai è entrato nell'aerostazione con uno striscione con la scritta "Alcoa: rispetto e lavoro". Con un blitz velocissimo gli operai hanno sfondato il cordone di agenti in assetto antisommossa che presidiavano i varchi di sicurezza e, sotto una selva di manganellate, sono riusciti a raggiungere e occupare la pista di rullaggio bloccando lo scalo sardo per tutta la mattinata.
Non demordono gli operai dell'Alcoa di fronte alla strafottenza e all'arroganza padronale della multinazionale che aveva annunciato il giorno prima di chiudere i suoi due impianti in Italia, oltre a quello sardo anche quello di Fusina in provincia di Venezia, entro il 6 febbraio per almeno sei mesi, in attesa che l'Ue dia il via libera agli sconti sull'energia concessi dal governo. Un pretesto per chiudere definitivamente.
La patata bollente era passata di mano al Consiglio dei ministri che il 5 febbraio doveva pronunciarsi in merito. "Troppo tardi", sostengono i sindacati visto che scadono il 4 le procedure per la cassa integrazione già avviate da Alcoa. "Noi ce ne andiamo solo se verrà anticipata la riunione di Palazzo Chigi del 5 febbraio, dicono i delegati sindacali, quel giorno l'impianto di Portovesme sarà già morto e sepolto". "Preferisco farmi ammazzare - grida un giovane operaio che presidia la pista - tanto non posso più dar da mangiare a mio figlio".
La lotta paga: "La riunione è stata anticipata a martedì 2 febbraio, nel pomeriggio", assicura il prefetto agli operai infreddoliti sulla pista che esultano, dopo aver parlato con Gianni Letta, la voce del governo. È la prima, parziale vittoria! Infatti, dopo la prova di determinazione e coraggio dimostrati dai lavoratori è Berlusconi in persona che scrive una lettera al presidente e amministratore delegato di Alcoa, Klaus Kleinfeld, per anticipare l'incontro a Palazzo Chigi al 2 febbraio. "Una scelta diversa da parte dell'Alcoa produrrebbe gravi crisi sociali in aree disagiate del Paese e potrebbe modificare i rapporti fra il governo italiano e la multinazionale", scrive il neoduce. Da parte della multinazionale americana una risposta fredda ma di resa: ha fatto sapere che risponderà privatamente alla lettera di Berlusconi e, soprattutto, che reputa "costruttive" le proposte del governo italiano. Poi, come il lupo che si ammanta da agnello, dichiara di comprendere le "preoccupazioni dei dipendenti e della comunità" coinvolte in Italia e si dice "preoccupata" a sua volta. Ma, cercando di scaricare le proprie responsabilità, aggiunge: "Non siamo noi ad aver voluto questo, è il risultato di una decisione europea".
L'annunciata fermata dello stabilimento di Portovesme, rischia di mettere definitivamente in ginocchio un intero territorio, il Sulcis Iglesiente, dove la disoccupazione arriva al 30% e molte aziende controllate da multinazionali (Eurallumina, Rockwool e la stessa Alcoa) hanno deciso di fermare gli impianti e lasciare a casa gli operai.
Per la quarta volta in tre mesi, i lavoratori sardi tornano a Roma per chiedere al governo un atto straordinario che tenga accesi gli impianti e le speranze di tutto il Sulcis. Almeno 500 gli operai che andranno martedì 2 febbraio a presidiare Palazzo Chigi dove si terrà la riunione, prevista intorno alle 20.30, tra i vertici della multinazionale dell'alluminio, i rappresentanti del governo, della regione Sardegna e le organizzazioni sindacali. "Partiremo con un biglietto di sola andata e non torneremo a casa - promettono gli operai - fino a quando non ci verrà data la garanzia che Alcoa continuerà a produrre alluminio negli stabilimenti italiani".
La mobilitazione coinvolge tutto il territorio del Sulcis: infatti, scuole e negozi resteranno chiusi a sostegno della vertenza.

3 febbraio 2010