Realizzato il primo tassello della terza repubblica neofascista
Il governo approva il decreto sul federalismo fiscale. Nasce l'Italia federale
Il decreto rompe definitivamente l'unità dello Stato per consentire alle Regioni ricche di meglio fronteggiare la concorrenza globale. Per le masse popolari del Nord come del Sud in arrivo nuove tasse e servizi sociali tagliati e privatizzati. Esultano i padroni

Il 7 ottobre il Consiglio dei ministri, per rinsaldare, alla luce della settembrina crisi di governo, l'alleanza del neoduce Berlusconi con il leader razzista, xenofobo e secessionista delle camicie nero-verdi, Umberto Bossi, ha approvato in fretta e furia il maxi decreto sul federalismo fiscale, che porterà al definitivo spezzettamento dello Stato unitario borghese in venti staterelli tra loro in concorrenza per accaparrarsi poteri e risorse economiche, con il Nord che secondo il disegno separatista dei fascio-leghisti farebbe la parte del leone.
Il decreto legislativo che rivoluziona l'autonomia impositiva di Regioni e Province e che, rispetto alla Costituzione democratico-borghese del '48, rovescia una volta per tutte i rapporti tra Stato ed enti locali, è stato presentato dal leghista Calderoli, quello delle famigerate leggi "porcate", che, tronfio e impettito come non mai, ha annunciato che "il 90% del federalismo si è realizzato", ragione per cui l'attuale maxi decreto chiude dieci anni di partite aperte sul federalismo fiscale.
Più specificamente, il decreto legislativo approvato dal Consiglio dei ministri tratta il fisco regionale e provinciale, i costi standard per la sanità e il fondo perequativo.

Tasse in aumento, ma non per i padroni
Per quanto riguarda il primo punto, ossia la capacità finanziaria delle Regioni, dal 2013 la loro compartecipazione all'Iva potrà salire fino al 45% del gettito complessivo, per finanziare la spesa sanitaria. Di conseguenza l'Iva diventa territoriale, cioè legata ai consumi locali. A questa base, le Regioni potranno aggiungere ulteriori prelievi grazie alla possibilità, dal 2014, di aumentare del 3% l'addizionale Irpef, al fine di compensare il taglio ai trasferimenti statali. Su questo punto, durante la presentazione del decreto, è andato in scena un grottesco siparietto, con Tremonti che spergiurava invano che "il nostro obiettivo è di non aumentare la pressione fiscale", smentito seduta stante da Calderoli, il quale, mentre gli si allungava il naso, ammetteva tale incremento solo per le fasce medie e alte.
Che sia proprio il decreto sul federalismo fiscale di marca fascio-leghista a introdurre elementi di giustizia sociale, con buona pace di Calderoli, infatti non ci crede nessuno. E infatti, se l'Irpef potrà aumentare progressivamente, dal 2014 l'Irap, imposta a carico delle imprese, potrà essere ridotta dalle Regioni fino alla sua eliminazione, esaudendo così un sogno a lungo accarezzato dalla Confindustria.
In realtà, l'eccezionale debito pubblico italiano, che certo non svanisce d'incanto grazie al decreto appena approvato, rende vana ogni promessa di riduzione della pressione fiscale. Già con i nuovi parametri, ad esempio, nel Lazio si potranno pagare fino a mille euro in più all'anno per cittadino. La situazione non è molto diversa per Campania, Calabria, Abruzzo, Molise e Sicilia. Perciò, se da un lato, stando al decreto, dal 2014 spariranno sei micro tasse che attualmente finanziano le Regioni, è facile immaginare che, non tornando di sicuro i conti, anche alla luce del nuovo patto di stabilità che i circoli economici e finanziari dell'UE imperialista stanno scrivendo, quello che nel 2014 uscirà dalla porta rientrerà dalla finestra sotto forma di inediti tributi regionali.
Ma tutto ciò non preoccupa i fascio-leghisti, per loro ciò che conta è che i soldi del Nord restino alla borghesia del Nord. Un ragionamento ormai condiviso a destra come a "sinistra" del regime neofascista.

Tagli ai servizi sociali e rottura dell'unità nazionale
Per le masse popolari non si prospetta nulla di positivo neppure sul fronte dei servizi. Lo dimostra il fatto che il maxi decreto, già in sé negativo per il popolo, dal momento che l'erogazione dei servizi sociali dipenderà fondamentalmente da meri concetti di efficienza economica e da logiche di mercato e di profitto, blatera di costi standard per la sanità senza avere ancora aperto un confronto vero su di essi (ad esempio non sono state ancora individuate le cosiddette Regioni "virtuose" come riferimento per i costi standard stessi) e senza avere sviluppato questioni come la definizione dei Livelli essenziali di assistenza (Lea) e dei Livelli essenziali di prestazione (Lep).
Una mancanza che la dice lunga e che ha indispettito non poco i governatori regionali, i quali, con Vasco Errani (PD), presidente della Conferenza delle Regioni, si sono però limitati a rivolgere al governo una "critica di metodo" ma non di sostanza, a dimostrazione che l'intero arco istituzionale borghese, dal governo centrale agli enti decentrati, dalla destra alla "sinistra", nonostante le sfumature, stanno collaborando insieme per instaurare la terza repubblica neofascista.
Senza contare, poi, che i livelli essenziali non sono stati fissati neppure per assistenza, istruzione, trasporti e così via, a riprova del totale disinteresse delle istituzioni in camicia nera verso i servizi e i diritti delle masse popolari. Su queste basi, è altrettanto chiaro che anche il discorso sul fondo perequativo tra Regioni, lungi dall'aprire a principi di solidarietà tra Regioni ricche e povere, risulta un vuoto chiacchiericcio che cerca di nascondere maldestramente i futuri tagli di mannaia alle spese sociali regionali. Semmai, a causa della "concorrenza fiscale" tra Regioni a cui ha accennato Tremonti, niente di più facile che per reggere la concorrenza dell'economia globalizzata, le Regioni ricche si stacchino dalle Regioni povere, con l'esito finale di rompere l'unità del Paese.
Ora il decreto dovrà passare al vaglio della Conferenza Stato-Regioni, del parlamento e infine tornare al Consiglio dei ministri. L'approvazione finale è prevista entro marzo, con data limite il 21 maggio 2011. "Dopo il federalismo - ha annunciato Calderoli - mi dedicherò alle riforme istituzionali". Affinché al ministro fascio-leghista non sia consentita l'ennesima "porcata", grazie anche all'imbelle opposizione parlamentare, occorre buttare giù quanto prima e dalla piazza il governo del neoduce Berlusconi.

13 ottobre 2010