Per i veleni gettati nei tombini
18 ARRESTI ALL'ENICHEM DI PRIOLO
In mare concentrazioni di mercurio 20 mila volte superiori ai limiti
INCHIESTA SU 1.000 BAMBINI NATI MALFORMATI
Accusati di aver costituito "una stabile associazione per delinquere finalizzata al traffico illecito di ingenti quantità di rifiuti pericolosi contenenti mercurio", il 16 gennaio sono finiti in manette i vertici dell'Enichem di Priolo. 18 persone fra manager e dirigenti, capisettore e responsabili dello stabilimento che sorge nel cuore del polo industriale siracusano sono state arrestate per ordine della procura di Siracusa che sta anche indagando sull'inquietante aumento di malformazioni congenite registrate nei bambini nati a partire dai primi anni '80 e sull'impennata dei tumori in quello che viene definito il "triangolo maledetto" di Priolo, Augusta e Melilli.
In carcere sono finiti Giuseppe Genitori D'Arrigo, già direttore dello stabilimento Enichem di Priolo e attuale direttore della Polimeri Europa; Giuseppe Rivoli, direttore dello stabilimento di Priolo; Gaetano Claves, ex vicedirettore dello stabilimento di Priolo e attuale direttore dell'Enichem di Gela; Alfio Caceci, funzionario della Provincia di Siracusa, responsabile dei controlli amministrativi sulla gestione dei rifiuti dello stabilimento di Priolo. Assieme a loro Giuseppe Farina, responsabile sicurezza; Luigi Russo, responsabile tenuta registri dei rifiuti speciali e tossici; Luciano Adamo, responsabile ecologia e Franzo Miano, responsabile gestione dei rifiuti dello stabilimento di Priolo. Agli arresti domiciliari sono finiti Sebastiano Basile, 56 anni, responsabile del laboratorio chimico; Pietro Calì, 47 anni, responsabile del reparto aree comuni dello stabilimento; Corrado Rogas, 48 anni, capo del reparto aree comuni; Marcello Muzzicato, 60 anni, assistente del reparto aree comuni; Salvatore Terrana, 49 anni, responsabile gestione del reparto cloro-soda; Marcello Altavilla, 35 anni, responsabile produzione del reparto cloro-soda; Giuseppe Naselli, 54 anni, capo del reparto cloro-soda; Piergiorgio Sedda, 45 anni, responsabile gestione del reparto aromatici; Francesco Ognibene, 43 anni, responsabile produzione del reparto aromatici e Sebastiano Nicolosi, 52 anni, responsabile del reparto p.o. dello stabilimento. Mentre altre 12 persone sono indagate a vario titolo e devono rispondere di ben 552 capi d'imputazione.
L'inchiesta è partita dall'esposto di un gruppo di cittadini di Priolo che la mattina del 10 settembre del 2001 segnalarono alla magistratura una larga chiazza rossastra nel tratto di mare antistante l'Enichem. In un primo momento i periti appurarono solo "una elevata percentuale di acido solforico" dispersa in mare. Ma le successive analisi effettuate sui campioni di acqua di mare prelevati nel litorale di Priolo rivelavano una concentrazione di mercurio pari a 121 parti per milione, cioè ventimila volte superiore ai livelli "tollerati" dalla legge che prevede una concentrazione massima di 0,005 parti per milione.
I magistrati siracusani hanno scoperto che il mercurio, cioè la più micidiale delle sostanze di scarto dello stabilimento, veniva scaricato dentro i tombini e, attraverso un canale di scolo, finiva direttamente in mare. Oppure veniva stoccato dentro fusti col doppio fondo o mischiato ad altre sostanze pericolose e altamente inquinanti, e poi utilizzando formulari falsi e falsificando i dati nei certificati di analisi veniva trasportato in discariche non autorizzate e smaltito in violazione alle prescrizioni di legge come se fosse normalissima spazzatura con il pericolo di inquinamento per il terreno e le falde acquifere, ma con un risparmio per l'azienda di diversi milioni di euro.
Le perquisizioni effettuate in 92 discariche in tutta Italia, fra cui quelle di Ravenna, Crotone e Brindisi, dove l'Enichem spediva i rifiuti, hanno permesso di accertare che "Nell'attività d'impresa - spiega il procuratore Roberto Campisi - c'era una forte volontà di riduzione dei costi, sia a livello alto che in quello intermedio dell'azienda. E dalle intercettazioni telefoniche e ambientali - aggiunge Campisi - emerge la disinvoltura ed il sostanziale disprezzo per il valore dell'ambiente e della stessa vita umana".
Ma la verità purtroppo è che nonostante lo sforzo investigativo, ancora oggi nessuno sa con esattezza quante tonnellate di mercurio organico e chissà quali e quante altre sostanze altamente tossiche sono state versate dall'Enichem nel sottosuolo e nel mare di Siracusa.
Tutti sapevano della crescita anomala dell'incidenza dei tumori sulla popolazione, tutti sapevano degli oltre 1.000 bambini nati malformati o con gravi handicap fisici e mentali nel corso dell'ultimo decennio, così come tutti sapevano delle denunce dell'ex primario di pediatria di Augusta Giacinto Franco che, dati alla mano, aveva più volte denunciato la nascita di oltre 20 bambini malformati all'anno nel corso dell'ultimo ventennio e un'incidenza di modificazioni genetiche sulla popolazione pari al 5,6% contro il 2% della media nazionale; ma nessuno, né il ministero per l'Ambiente di diversi governi in questi anni, compresi quelli di "centro-sinistra", né tutti gli Enti locali, a cominciare dalla Regione, Provincia e Comuni interessati ivi compreso le Asl e gli organi preposti al controllo e prima fra tutte l'Agenzia regionale per il controllo ambientale, i servizi tecnici territoriali e i presidi multizonali, hanno mosso un dito per indagare su questi fatti a tempo debito, punire i responsabili a tutti i livelli ed evitare così una catastrofe ambientale di queste proporzioni, i cui effetti devastanti purtroppo si faranno sentire ancora a lungo fra le popolazioni della zona. E il fatto che fra gli arrestati ci sia anche un funzionario della Provincia addetto proprio al controllo amministrativi sulla gestione dei rifiuti dello stabilimento di Priolo la dice lunga sulla serietà dei controlli e sulle responsabilità politiche e istituzionali.
è la conferma che il sistema di produzione capitalista basato sul raggiungimento del massimo profitto è capace di distruggere tutto: risorse umane e risorse ambientali.
Tutto ciò è ancora più odioso se si pensa che l'Enichem è un'azienda pubblica che ha sfruttato proprio questa sua condizione per realizzare sulla pelle delle masse siracusane profitti astronomici. E per risparmiare sul costo dello smaltimento dei rifiuti tossici ha sparso i suoi veleni in tutta Italia. Che ha costretto al silenzio migliaia di famiglie col ricatto occupazionale e che ha imposto l'inaccettabile condizione: o ci fate fare quello che vogliamo o ce ne andiamo e restate senza lavoro.
Per impedire che adesso al disastro sanitario e ambientale si aggiunga anche la perdita del posto di lavoro che getterebbe alla fame tante famiglie e un territorio tra i più poveri d'Italia occorre ribellarsi all'odioso ricatto occupazionale e impedire all'Enichem di prendere a pretesto la vicenda giudiziaria per deindustrializzare la Sicilia, smantellare lo stabilimento e abbandonare Priolo dopo averla saccheggiata e aver accumulato profitti astronomici.
Il diritto al lavoro e il diritto alla salute non sono in contraddizione ma vanno salvaguardati entrambi. Valgono dentro e fuori la fabbrica. Riguardano i lavoratori alle prese con lavorazioni pericolose e riguardano l'intera popolazione dell'area interessata. Per fare ciò bisogna costringere l'Enichem a porre rimedio ai danni che ha causato, a risarcire le famiglie colpite dai lutti e dalle malformazioni, a bonificare tutta la zona, a mettere a norma tutto l'impianto, a smaltire in modo corretto e in rispetto della legge gli scarti di lavorazione, senza che ciò porti al licenziamento di nemmeno un operaio. Noi pretendiamo che quei profitti astronomici accumulati in questi anni siano destinati a questo scopo.
Allo stesso modo devono assumersi le gravissime responsabilità politiche il governo e le istituzioni locali e pretendiamo che non stiano più alla finestra a guardare, che la smettano di giocare allo scarica barile per coprire le malefatte dell'Enichem e si attivino fin da subito per garantire il posto di lavoro, la messa in sicurezza dell'impianto e la bonifica di tutto il territorio.
Bisogna impedire insomma che Siracusa diventi come Gela, come Porto Marghera (Venezia), come Taranto e tante altre zone dove le industrie petrolchimiche per oltre cinquant'anni hanno prodotto senza smaltire adeguatamente i loro rifiuti e hanno distrutto tutto impunemente.

29 gennaio 2003