A Torino
Contestato Renzi schiacciato su Marchionne
Bloccati i delegati sindacali che gli volevano consegnare una lettera di critica al Jobs Act e uno studente che voleva dargli un cappello da giullare. Gli studenti: “Sembra di sentir parlare la Gelmini”
Il nuovo Berlusconi: “Sono gasatissimo dai progetti di Marchionne”

Passerella per il Berlusconi democristiano il 18 febbraio allo stabilimento Mirafiori, a Torino, accolto dai vertici di Fiat Chrysler Automobiles, in prima fila il nuovo Valletta, Marchionne. La coppietta di pescecani, le due facce, quella politica e quella imprenditoriale, della stessa medaglia neofascista, gongolanti per l'approvazione del famigerato Jobs Act, che estende e generalizza a tutti i rapporti di lavoro il sistema di sfruttamento violentemente imposto da Marchionne in Fiat, per le politiche neofasciste e antioperaie e per le scalate finanziarie di Agnelli, hanno tentato di inscenare un vomitevole quadretto di regime neofascista, interclassista, corporativista, con un Renzi “gasatissimo dai progetti di Marchionne", che si agita stringendo mani qua e là e scattando selfie, mentre gli agenti tengono lontani i delegati sindacali Fiom e Uilm della Genaral Motors per impedire loro di consegnare al capo del governo una lettera di critica al Jobs Act.
Ma le masse non si imbavagliano: “Renzi non ci scappi”, era la parola d'ordine della contestazione, tenuta ben in vista davanti al Politecnico di Torino, dove il premier si sarebbe recato per l'inaugurazione dell'anno accademico. Ed è lì che, quando il nuovo Berlusconi, una volta uscito dalla riserva controllata a vista dal boss suo amico Marchionne, ha dovuto fare i conti con la piazza. Ha scelto di sfuggire come un ladro alla folla, entrando all'università da un ingresso riservato, mentre un notevole schieramento di “forze dell’ordine”, tentava di tenere a bada centinaia di manifestanti, operai, cassintegrati, disoccupati, precari della pubblica amministrazione, studenti, sindacati, no Nav che avevano organizzato un vivace e colorato sit-in, dai toni carnascialeschi benché dai forti contenuti antigovernativi.
L'obbiettivo centrato era quello di dire a Renzi e al PD che il dissenso non è tacitato e la lotta è viva nelle fabbriche, nelle università e nelle piazze. Il sit-in, trasformatosi in corteo, mentre il nuovo Berlusconi parlava dentro l'aula magna, ha bloccato l’incrocio tra corso Einaudi e corso Duca degli Abruzzi, quello fra corso Stati Uniti e via dell’Università, per poi tornare davanti all’ingresso del Politecnico, dove si è svolta un'assemblea, durante la quale più voci hanno chiesto le dimissioni del governo. Sugli striscioni e sulle decine di cartelli tenuti ben alti da lavoratori e studenti ““Il Jobs Act non è il nostro futuro”, “Apprendistato uguale sfruttamento”, “Giannini come la Gelmini”, “La buona scuola è pubblica”, “La buona scola non è quella che ti crolla in testa”, e “Via i privati dalle scuole”.
Nell'aula magna del Politecnico, Renzi con la consueta retorica vuota e saccente ha snocciolato il nulla in “risposta” ai temi posti dalla piazza, condito da una serie di insulti neanche tanto velati all'intelligenza degli operai, dei lavoratori e degli studenti: “Basta con il Paese lagna”, come se volere un lavoro e un futuro dignitoso fosse lagnarsi. E proprio lui che non ascolta le masse popolari, tentando regolarmente di imbavagliarle e legare le mani all'opposizione, si permette di fare la lezione su come va condotto il dibattito politico: “Vi auguro dal profondo del cuore – afferma - di ascoltare sempre, di ascoltare con attenzione le critiche di chi prova a smontarvele”. E poi giù sempre con la solita ricetta selettiva, meritocratica e privatistica che ha limitato fortemente il diritto allo studio e ha portato le Università italiane all'orlo del baratro: “Ci sono università di serie A e B nei fatti e rifiutare la logica del merito e la valutazione dentro l’università e pensare che tutte possano essere uguali è antidemocratico” (sic!).
Gli studenti dentro l'aula magna militarizzata erano controllati a vista da un nugolo di agenti in borghese. Uno dei giovani è riuscito ad oltrepassare lo schieramento e avvicinandosi al podio, tentando di consegnare al premier un cappello da giullare: “contro questo capolavoro di retorica - ha urlato all'aula lo studente - mi prendo la responsabilità di consegnarle questo cappello da giullare”.
Le masse popolari hanno sottolineato lo scadere di un anno di governo Renzi nel giusto modo, con una dura contestazione. Noi auspichiamo che questo governo di massacratori del popolo italiano non veda il suo secondo compleanno. Esso va spazzato via senza indugio e con la massima determinazione, conducendo contro di esso una dura opposizione di classe e di massa nelle fabbriche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, nelle piazze, nelle organizzazioni di massa, specie sindacali e studentesche. Come L'Ufficio Politco del Partito marxista-leninista italiano scriveva esattamente un anno fa, all'alba di questo governo nero: “Il PMLI farà la sua parte, ed è pronto a unirsi con tutte le forze politiche, sociali, sindacali, culturali e religiose che si professano di sinistra, che hanno capito l'inganno di Renzi e sono disposte a rovesciare il suo governo”.

25 febbraio 2015