Renzi svende Ansaldo, la prendono i giapponesi

Dopo Enel, Ferrovie, Poste, Enav e Sace, il Berlusconi democristiano Renzi e il suo ministro all'Economia Padoan hanno svenduto per un piatto di lenticchie tutto il settore ferroviario di Finmeccanica ai giapponesi della Hitachi.
Per appena 36 milioni di euro il colosso giapponese ha acquisito la Ansaldo Breda, l’unica azienda ferroviaria italiana, più il 40% di Ansaldo Sts su cui è già pronta un'offerta pubblica d'acquisto (opa) per assicurarsi il pieno controllo della società pubblica italiana fiore all'ochiello a livello mondiale del segnalamento ferroviario e una capitalizzazione in borsa di circa 1,8 miliardi.
Un colpaccio che permetterà alla divisione ferroviaria Hitachi Rail, che oggi vanta solo un piccolo avamposto in Inghilterra, di entrare dal portone principale in un mercato mondiale molto allettante come quello dell’alta velocità e dell’intero sistema europeo dei trasporti su ferro ivi compreso le metropolitane e le tramvie. Specie se si pensa che il settore non è quasi toccato dalla crisi e anzi, secondo gli analisti, nei prossimi anni, solo per il trasporto ferroviario, i fatturati ai quattro angoli del pianeta saliranno dagli attuali 45 a 52 miliardi di euro, con una robusta crescita dei passeggeri.
Per Ansaldo Sts i giapponesi hanno versato alla holding pubblica italiana 773 milioni, pari a un prezzo fissato in 9,65 euro per azione Sts, nel primo atto di un’acquisizione che li vedrà impegnati nei prossimi mesi in una offerta pubblica di acquisto, obbligatoria, sulle azioni rimanenti. Per conquistare, con circa 1,85 miliardi di euro, un pezzo storico oltre che pregiato dell’industria italiana.
In borsa il titolo Finmeccanica è schizzato a livelli record con rivalutazioni vicino al 50% in dodici mesi e ha chiuso nelle settimane scorse a quota 10,87 euro per azione. Per parte sua Ansaldo Sts è salita del 6,06%, con il titolo a 9,37 euro.
Intanto il numero uno di Hitachi Ltd, Hiroaki Nakanishi ha già annunciato un odioso piano di ristrutturazione aziendale che coinvolge gran parte dei 2.300 lavoratori della Breda di Pistoia, Napoli e Reggio Calabria. Mentre per il sito di Palermo e per i circa 2.500 lavoratori dell’indotto si prospetta il licenziamento e la chiusura dello stabilimento.
Una decisione che conferma la volontà del governo Renzi di sbarazzarsi di pezzi pregiati che operano nel settore civile, di non attuare una politica industriale pubblica dei trasporti (treni, navi, aerei e autobus), di fronte a una mobilità collettiva in forte crescita e di favorire invece lo sviluppo e la crescita dell'industria bellica italiana. Infatti la cessione della Ansaldo Breda e della Ansaldo Sts fa seguito alla recente vendita ai cinesi di Ansaldo Energia che rappresentava un altro pezzo storico del sistema industriale italiano. “La vendita – ha confessato infatti l'amministratore delegato e direttore generale di Finmeccanica Mauro Moretti – è una tappa del nostro piano industriale, che mira a focalizzare e rafforzare il gruppo nel core business aerospaziale, difesa e sicurezza”.
Di tutt'altro avviso i sindacati di categoria con alla testa la Fiom che replicano: “Con questa cessione il nostro paese perde un altro settore strategico. Viene confermata l’esclusione del sito di Carini (Palermo) e di 170 addetti negli altri stabilimenti occupati nel revamping. Inoltre non viene implementato il piano di investimenti di Ansaldo Breda, a fronte di commesse in essere che garantiscono lavoro per oltre due anni. Si deve verificare la possibilità di bloccare la cessione”. Secondo la Uilm: “Fare a meno di Ansaldo Breda e Ansaldo Sts significa rinunciare a due miliardi di fatturato; non si possono ridurre gli assetti industriali quando si tratta di dimensioni strutturali”.
Insomma il “criminale sistema di corruzione e malvessazione” con annesso il vorticoso giro di tangenti che ha visto protagonisti nel corso degli ultimi anni i massimi vertici di Finmeccanica, da Guarguaglini (Letta) a Orsi (Lega Nord), passando per la mega tangente di 2,4 milioni di euro intascata dall'ex ministro Tremonti (all'epoca PDL), tanto per citare i casi più eclatanti, lo pagheranno ancora una volta le masse popolari e primi fra tutti i lavoratori che perderanno il posto di lavoro.

25 marzo 2015