Continuano le trattative segrete tra USA e UE per il Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti per dominare il mondo
Fermiamo il TTIP
Una manna per i grandi monopoli e fonte di nuovi danni e sventure per i popoli
Il PMLI e “Il Bolscevico” aderiscono a Stop TTIP Italia

 
Dall’inizio di febbraio è in corso a Bruxelles, nella sede della Commissione UE, l’ottavo ciclo di trattative tra Stati Uniti e Unione Europea sul TTIP, sigla del Trattato transatlantico sul commercio e gli investimenti (Transatlantic Trade and Investment Partnership), in sostanza un accordo di libero commercio tra le due aree, che cancelli ogni ostacolo ai grandi monopoli americani e europei di commerciare liberamente e battere l’agguerrita concorrenza delle altre potenze imperialiste per la leadership planetaria. Un’area, quella transatlantica, che dovrà diventare ancora più grande, considerati altri accordi internazionali negoziati o in via di negoziazione, come il CETA con il Canada (Comprehensive Trade and Economic Agreement - Accordo economico e commerciale globale). Insomma quasi un terzo del pianeta e un’area che rappresenta tra il 50 e il 60% del Pil mondiale rientrerà in questo accordo.
Il 18 aprile prossimo si svolgerà la giornata di azione globale internazionale contro il TTIP. Il PMLI e “Il Bolscevico” hanno aderito ufficialmente al movimento Stop TTIP Italia, da più parti i suoi militanti, simpatizzanti, amici, nonché i lettori del nostro giornale, si sono già attivati per appoggiare concretamente la campagna, partecipando alle riunioni locali, organizzando banchini e diffusioni sul tema. Occorre firmare la petizione nazionale contro il TTIP e anche raccogliere le firme con i moduli predisposti dalla campagna. E’ un nostro dovere antimperialista partecipare attivamente al fronte unito, che ormai è diventato mondiale, per denunciare e combattere questo nuovo mostro della legislazione imperialista, che si sta definendo nel silenzio e nella segretezza fatti calare da USA e UE sulle spalle e all’insaputa dei popoli.

Perché il TTIP?
Già dal 2007 il Consiglio Atlantico, un centro di ricerca con sede a Washington, istituito nel 1961 per favorire la cooperazione tra il Nord America e l’Europa in piena guerra fredda tra le due superpotenze Usa e Urss, aveva pubblicato uno studio che delineava una “leadership transatlantica per una nuova economia globale” e avanzava la proposta di un Accordo di libero commercio USA-UE: “Non è accettabile che l’economia internazionale proceda senza una leadership rinnovata. E’ tempo che gli Stati Uniti e l’Unione Europea la esercitano indicando un nuovo cammino in avanti”.
Con la motivazione di dover uscire definitivamente dalla peggiore crisi del capitalismo mondiale dal 1929 nel 2011, i monopoli USA e UE tirarono fuori dal cilindro imperialista il “Gruppo di lavoro di alto livello su occupazione e crescita” presieduto dal commissario europeo per il commercio Karel De Gucht e dall’allora rappresentante commerciale Usa, Ron Kirk. Nella sua relazione finale il Gruppo non solo raccomandava di avviare i negoziati tra le due superpotenze, ma entrava nei dettagli su ciò che doveva essere messo sul tavolo, con l’obiettivo di vasta portata di muoversi verso un mercato transatlantico. L’idea di un “Nuovo Partenariato Economico Transatlantico” veniva poi ripreso dalla Cancelliera tedesca Angela Merkel durante la presidenza tedesca del Consiglio della UE.
Il 13 febbraio 2013 il presidente statunitense Barack Obama, il presidente della Commissione europea José Manuel Barroso e il presidente del Consiglio europeo Herman Van Rompuy, annunciarono il lancio delle procedure negoziali per un partenariato transatlantico su commercio e investimenti. Nel segreto più totale da allora sono stati 8 i cicli di trattative tra le due sponde dell’Atlantico. “Proteggere gli investimenti”, riducendo le “barriere inutili” e “armonizzando” i regolamenti che si presume scoraggino il libero scambio tra gli USA e l’UE, le motivazioni ufficiali. “Più occupazione e ricchezza” l’altra balla rimbalzante da tempo tra Washington e Bruxelles per negare la vera natura del TTIP: un mandato per il saccheggio mondiale da parte delle multinazionali, l’aggiramento delle procedure democratiche e l’erosione di tutti i diritti dei popoli e della sovranità nazionale degli Stati, un programma a favore delle privatizzazioni selvagge che sancisce i privilegi delle più potenti multinazionali del mondo a scapito dei popoli. Con il TTIP dal canto loro gli USA controllano da vicino ancor di più i pruriti interventisti dell’Unione europea e scavano un solco tra l’Europa e la Russia per evitare un maggiore avvicinamento economico tra i due. Con la crisi ucraina e le sanzioni alla Russia l’UE non può che guardare e abbracciare totalmente il TTIP, che indubbiamente diventa una parte importante della più vasta strategia americana per indebolire l’Europa occidentale e dividere il continente europeo emarginando la Russia.
Così come è evidente e diffusa la preoccupazione di perdere altri colpi nei confronti della Cina che contemporaneamente sta completando una serie di accordi concorrenti nell’altra parte del globo, come il RCEP, Regional Comprehensive Economic Partnership, che comprende anche India, Giappone e Corea, escludendo gli USA, mentre il potere economico, politico e militare del BRICS (Brasile, Russia, India e Cina) è in rapido aumento. Come spiega la Commissione europea in un documento interno di alcuni mesi fa sul TTIP: “Ciò che stiamo negoziando non è solo una futura normativa per le nostre relazioni commerciali e industriali bilaterali, ma un contributo allo sviluppo di regole globali in aree dove non siamo ancora riusciti a fare accordi multilaterali“.

Perché occorre battersi contro il TTIP
La tendenza alla costruzione di un mercato sempre più globale rappresenta una necessità strutturale per i grandi gruppi monopolistici che vedono nelle barriere doganali e negli altri intralci al libero commercio un ostacolo all’aumento dei profitti. Attraverso il TTIP non esisteranno più queste barriere commerciali tra USA e UE. Si creerà un mercato a misura dei grandi monopoli e a scapito delle piccole e medie imprese. Solo le aziende più forti saranno in grado di resistere ad una competizione posta sempre più sulle regole capitalistiche dei bassi costi di produzione e non certo sulla qualità del prodotto finale e sui livelli salariali e le tutele dei lavoratori. Il TTIP è la manna dei grandi monopoli, aziende che hanno base nel mondo intero con stabilimenti produttivi in decine di paesi, sulla base delle sovvenzioni pubbliche e del basso “costo del lavoro” locale, hanno la sede legale nel paese dove è maggiore la convenienza dal punto di vista degli assetti proprietari, la sede fiscale dove le imposte sono inferiori.
Ci sono tanti motivi per battersi contro il TTIP. A partire dai diritti del lavoro; la legislazione sul lavoro, già drasticamente attaccata dalle politiche liberiste e liberticide di austerity dell’Unione Europea, sarà considerata “barriera non tariffaria” da rimuovere. Per cui non solo si perderanno posti di lavoro per la ristrutturazione di interi settori produttivi tra le due sponde dell’Atlantico, ma ci sarà la corsa al ribasso per le norme sul lavoro, dove prevarranno quelle più liberticide e antisociali, per esempio quelle sulla libertà di associazione e la libertà sindacale che latitano negli USA. Più obblighi e meno diritti per i lavoratori.
La crescita del commercio transatlantico comporterà inevitabili e incontestabili conseguenze negative sull’ambiente. L’armonizzazione delle normative ambientali USA e UE porteranno alla messa in discussione del “Principio di precauzione” che anche se molto formalmente vige nell’Unione Europea, con gravi conseguenze per la salute e la sicurezza delle persone e dell’ambiente.
L’agricoltura e la sicurezza alimentare riceveranno un duro colpo. Le norme europee, su pesticidi, organismi geneticamente modificati (OGM), la carne trattata agli ormoni e i polli sterilizzati al cloro statunitensi, più restrittive di quelle americane, saranno condannate come “barriere commerciali illegali”. Il TTIP esporrà l’agricoltura europea a una più forte concorrenza con i grandi gruppi USA dell’agroalimentare. A beneficiarne saranno unicamente i grandi gruppi agroalimentari a spese dei consumatori e degli agricoltori.
La privacy e libertà individuale saranno degli optional con il TTIP. Già dagli incontri svolti trapela come i giganti della rete internet statunitensi cerchino di indebolire le normative di protezione europee dei dati personali per ridurli al livello quasi inesistente degli Stati Uniti, autorizzando in questo modo un accesso incontrastato alla privacy dei cittadini da parte delle imprese private.
Se per la finanza il trattato comporterebbe l’impossibilità di qualsivoglia controllo sui movimenti di capitali e sulla speculazione bancaria e finanziaria, per il grande capitale transatlantico la sanità è una mucca da mungere. Avvelenare i cittadini e poi negare loro l’accesso ai servizi sanitari e ai medicinali. La crisi del capitalismo e le conseguenti politiche di austerità hanno già messo a rischio i diritti a un’assistenza sanitaria pubblica, ora l’armonizzazione delle normative sanitarie USA e UE non potranno che far aumentare i costi sanitari per i cittadini europei. E l’obbligo dettato dal TTIP agli Stati a trattare su un piano di uguaglianza sia le imprese locali sia i gruppi multinazionali, spalancherebbe le porte all’assalto dei sistemi sanitari nazionali.
Anche la regolazione giuridica sarà transnazionale, perché sarà istituito un tribunale arbitrale comune al quale le aziende potranno rivolgersi direttamente, scavalcando la giurisdizione nazionale e quella europea. La funzione di questo tribunale è la condanna degli Stati che operano contro le regole del TTIP. Per questo il TTIP costituisce una ulteriore perdita di sovranità nazionale a scapito delle leggi internazionali del grande capitale. Una giungla liberista e liberticida per cui le imprese americane che investono in Europa sarebbero autorizzate ad aggirare i tribunali dell’UE e a citare direttamente in giudizio i governi UE davanti a tribunali extra-territoriali ogniqualvolta ritengano che le leggi riguardanti la salute pubblica, l’ambiente o la protezione sociale condizionino i loro profitti. E le imprese UE che investono all’estero avrebbero lo stesso privilegio negli USA.
Nonostante la campagna internazionale contro il TTIP stia crescendo, in Europa i governanti procedono come se nulla fosse, tanto che anche al parlamento europeo popolari e socialdemocratici vogliono imporre a maggioranza un parere di pieno appoggio al TTIP. In Italia il Berlusconi democristiano Renzi si era già espresso perentoriamente il 20 ottobre del 2014 nel corso del convegno ad hoc sul TTIP tenutosi a Roma, rimarcando: “l’appoggio totale e incondizionato del governo italiano. Si tratta di una scelta strategica. Il rapporto con gli USA, valoriale, culturale, ma anche commerciale, è un’assoluta priorità. Il TTIP per gli enormi aspetti geostrategici dell’intesa non è un semplice accordo di libero scambio come altri e saremmo molto felici se la sua chiusura potesse avvenire alla fine del prossimo anno (2015 dr). Ogni giorno che passa è un giorno perso”.

9 aprile 2015