Alle elezioni regionali parziali del 31 maggio 2015
Quasi meta’ dell’elettorato diserta le urne. sfiduciati Renzi, le istituzioni e i partiti del regime neofascista
Record dell’astensionismo in Toscana. I partiti, a cominciare da PD e Forza Italia, perdono valanghe di voti. Rossi ha perso quasi 400 mila voti. L' “impresentabile” De Luca è stato votato solo dal 19,9% degli aventi diritto al voto in Campania
ma solo lottando contro il capitalismo per il socialismo è possibile cambiare l’italia e dare il potere politico al proletariato

Alle elezioni regionali parziali del 31 maggio 2015, che hanno coinvolto sette regioni su 15 a statuto ordinario, ossia Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Umbria, Campania e Puglia, per un totale di 19 milioni di elettori, quasi la metà dell’elettorato ha disertato le urne. Si tratta di un risultato clamoroso vista anche la campagna assordante contro l’astensionismo che ha accomunato tutti i partiti parlamentari: dal PD a Forza Italia, dal Movimento 5 stelle alla Lega Nord, nonché il Vaticano e persino l'ANPI spaventati da un nuovo possibile calo dell’affluenza alle urne.
E così è stato. Si tratta di un eclatante atto di sfiducia verso il nuovo duce Renzi e il suo governo, contro le istituzioni e i partiti del regime neofascista e contro i governatori, i governi e le istituzioni rappresentative borghesi regionali. Il fatto che Renzi sia volato a Kabul senza profferir parola sui risultati elettorali la dice lunga sull’evidente bocciatura del suo operato.
La presa di distanza è così netta e l’elettorato italiano ormai così esperto che non vale nessuna attenuante, a dire il vero flebilmente sostenuta da qualche commentatore politico borghese, come il voto in un solo giorno, rispetto al 2010 quando si votava anche il lunedì mattina, o la concomitanza del lungo ponte del 2 giugno.
Nel 1970 quando furono istituite le regioni e si votò per la prima volta per il consiglio regionale l’affluenza alle urne andava oltre il 95% ovunque e così è restata fino agli anni ‘90. Specie nelle regioni cosiddette “rosse” i risultati elettorali venivano attesi da milioni di elettori nelle piazze, nelle sezioni di partito, nelle case del popolo. Le elezioni regionali infatti erano viste ed erano sbandierate dal PCI revisionista, specie dopo l’attribuzione ad esse di tutta una serie di competenze di governo, come la possibilità di cambiare a livello locale la politica economica e sociale in contrapposizione a quella del governo nazionale allora in mano alla DC, poi al “centro-destra”.
Niente più di tutto questo. Oggi l’elettorato è fortemente disilluso e vede giustamente il governo regionale solo come un prolungamento di quello nazionale, come uno strumento per far digerire a livello locale la politica economica, sociale e ambientale, stangatrice e antipopolare, del governo centrale. E la disillusione è stata tanto più forte proprio nelle regioni “rosse”.

L’astensionismo
Alla Toscana spetta il record della diserzione col 51,7% del corpo elettorale. In questa regione non c’è una provincia dove l’affluenza supera il 50%. Il dato record nel comune di Marciana all’Isola d’Elba dove alle urne si è recato solo il 23,8% degli aventi diritto.
Oltre alla Toscana la diserzione supera il 50% anche nelle Marche, un’altra regione cosiddetta “rossa”. Poco al di sotto di questa soglia le altre cinque regioni.
Nel 2010 quando si tennero le precedenti elezioni regionali, in tutte le regioni la diserzione non superava in nessun caso il 40%. L’incremento della diserzione è abbastanza omogeneo in tutte le regioni con un accento su Marche (+13%), Toscana (+12,4%) e Puglia (+12%).
Rispetto alle elezioni europee del 2014 (le più vicine anche se non le più omogenee) l’aumento della diserzione oscilla fra i 15 e i 18 punti percentuali in Toscana, Marche e Umbria. In Campania e in Puglia i valori sono sostanzialmente stabili e in Veneto si colloca a metà strada. Rispetto alle elezioni politiche 2013 il divario aumenta ancora di più e ancora una volta sono le regioni “rosse” a marcare il differenziale più alto fra la diserzione alle elezioni 2015 e quella alle politiche 2013 con la Toscana a +30,9%, Marche (+30%), Umbria (+24,1%). Si tenga presente che fino agli anni ’90 fra regionali e politiche l’affluenza alle urne era pressoché uguale.
Vi è da sottolineare che in questa tornata elettorale l’astensionismo (diserzione alle urne, voto nullo e voto lasciato in bianco) non solo è il primo “partito” ma ha ottenuto la maggioranza assoluta in ben 5 regioni su 7: Toscana 54,3%, Marche 52,9%, Puglia 52,8%, Campania 51,7%, Liguria 51,5%. Solo leggermente al di sotto l’Umbria (47,1%) e il Veneto (45%).

Governatori delegittimati
Ne hanno fatto pesantemente le spese tutti i governatori eletti che grazie all’astensionismo ottengono dei consensi irrisori che vanno dal 27,6% sul corpo elettorale ottenuto da Luca Zaia in Veneto, al 16,7% di Giovanni Toti in Liguria. Risultati che ne delegittimano pesantemente la rappresentanza e, nel caso di riconferme, rappresentano una vera e propria bocciatura politica.
Ha un bel coraggio Enrico Rossi, riconfermato governatore della Toscana, a dichiarare all’indomani del voto che “Forse possiamo anche pensare che io possa essere il presidente più votato a livello nazionale”. Non solo non è quello più votato, ma risulta che è stato votato da appena il 22% degli elettori e ha perso per strada, rispetto all’elezione del 2010, ben 399.253 voti pari al 13,1%.
Non meglio va ai suoi colleghi. Giovanni Toti (Forza Italia) diventa governatore della Liguria con 197.334 voti in meno del suo predecessore e avversario Claudio Burlando (PD).
L’“impresentabile”, secondo la Commissione antimafia, Vincenzo De Luca (PD), che pavoneggia la vittoria schiacciante in Campania, è stato votato neppure da un elettore su cinque (il 19,9% degli aventi diritto in quella regione). Catiuscia Marini (PD) conta il 22,7% dei consensi fra gli elettori umbri ma al primo mandato nel 2010 ne poteva vantare ben il 36,1% (-13,4%). Michele Emiliano (PD) col suo 22,2% degli elettori perde rispetto al suo predecessore Nichi Vendola (SEL) 242.807 voti, pari a -7%. Anche Luca Zaia, riconfermato governatore col 27,6% dei voti degli elettori perde ben 420.932 voti e l’11% rispetto al 2010.

Partiti del regime decimati
I partiti, a cominciare da PD e Forza Italia, perdono complessivamente valanghe di voti.
Il PD, rispetto alle regionali 2010 perde circa 550 mila voti. Secondo uno studio dell’Istituto Cattaneo rispetto alle europee 2014 avrebbe invece perso 2.143.003 voti. Rispetto alle elezioni politiche 2013 i voti persi sarebbero 1.083.557.
Sempre secondo questo studio avrebbe dunque perso circa il 50,2% dei voti ottenuti alle europee 2014 e il 33,8% dei voti rispetto alle politiche 2013. Ininfluenti le cosiddette “liste del presidente” assenti del tutto in Toscana, Umbria e Liguria dove pure il PD arretra in modo sensibile.
Il PD si conferma, non senza soffrire, al governo nelle Marche e in Umbria, e poi in Puglia e in Toscana. Strappa a fatica la Campania al “centro-destra” e perde sonoramente in Veneto. Soprattutto perde in Liguria dove la minoranza interna uscita dal partito (Lista Pastorino con l’appoggio di Cofferati e Civati) da un punto di vista dei voti validi impedisce l’elezione della renziana di ferro Raffaella Paita. In verità il PD in Liguria perde al di là della Lista Pastorino (che conta 13.500 voti) dal momento che rispetto al 2010 registra ben 73.243 voti in meno.
Forza Italia precipita ai minimi storici. Rispetto alle Europee 2014 saluta il 46,9% dei propri consensi, mentre rispetto alle politiche 2013 i consensi persi sono ben il 67%. Si tratta anche in questo caso di milioni di voti che hanno perso ogni fiducia nel proprio partito di riferimento: 1.929.827 voti in meno rispetto alle politiche 2013, 840.148 voti in meno rispetto alle europee 2014.
Vi è poi un’area di voto di protesta che ancora una volta si è riversato sul Movimento 5 stelle e sulla Lega Nord.
Anche se il Movimento 5 stelle ha ridotto, secondo lo studio Cattaneo, di ben il 60% i suoi consensi rispetto all’exploit delle politiche 2013 e del 40,4% rispetto alle europee 2014 dove aveva già segnato un sensibile arretramento. In valori assoluti si tratta di 1.956.613 voti in meno rispetto alle politiche e di -893.541 voti rispetto alle europee 2014. Al trend negativo evidentemente ha contributo la disillusione di una parte di elettorato di sinistra che è tornato o è approdato per la prima volta all’astensionismo, e il fatto che molti elettori del “centro-destra” questa volta gli abbiano preferito la Lega Nord di Salvini (con la quale peraltro il M5S condivide molti punti programmatici). Basti pensare che in Veneto il partito di Grillo e Casaleggio ha perso il 75% dei voti rispetto al 2013.
La Lega Nord sembra, stando ai numeri, l’unico partito che avanza: 402.584 voti in più rispetto al 2013, 256.803 voti in più rispetto alle europee 2014. Evidentemente Salvini è riuscito a capitalizzare almeno in parte le cospicue perdite di Forza Italia e persino una parte dell’elettorato di centro e di destra fuoriuscita dal PD che ne condivide la politica sfacciatamente razzista, xenofoaba e fascista.
E’ pur significativo che l’unica regione dove la Lega Nord era al governo, in Veneto, Zaia perde per strada 420.932 voti su 1.528.386 e la Lega Nord, pur sommandogli arbitrariamente i voti della “Lista per Zaia” resta sostanzialmente al palo. Solo nelle regioni dove era molto debole e ben lontana dal governo ha raddoppiato o triplicato i propri consensi. Il trionfante slogan di Salvini “Renzi stiamo arrivando” è dunque un po’ prematuro. La novità da registrare è invece che al momento si è invertito il rapporto di forza all’interno del “centro-destra” fra Forza Italia e Lega Nord a favore di quest’ultima.

Lottare per il socialismo
Registriamo l’ennesimo flop delle liste elettorali a sinistra del PD presentatesi in tutte le sette regioni. Solo in Toscana (6,3%) e in Liguria (4,1%) superano il 4% dei voti validi, una inerzia sull’intero corpo elettorale. Ciononostante si intensifica il lavorio da parte di vecchi e nuovi imbroglioni politici borghesi per costruire un nuovo partito o, come amano camuffare, un nuovo “soggetto politico” a sinistra del PD che si ponga apertamente, come ha sostenuto Cofferati all’indomani del voto, l’obiettivo di riassorbire l’ampio bacino dell’astensionismo di sinistra.
Un’operazione non certo nuova. E’ dagli anni ’70, a seguito della Grande Rivolta del Sessantotto, che la classe dominante borghese escogita sempre nuove trappole politiche ed elettorali per tenere sotto controllo e riportare nei confini istituzionali, costituzionali e parlamentari borghesi, l’elettorato di sinistra che sfugge dalle maglie prima del PCI, poi del PDS, dei DS e infine del PD. Si pensi al PdUP, a Democrazia proletaria, al PRC e al PdCI (ora PCd'I), fino alla odierna coalizione sociale di Landini ed altre in cantiere. Non dobbiamo sopravalutare, ma nemmeno sottovalutare questi tentativi che comunque hanno ritardato e ritardano la maturazione della coscienza antistituzionale, antiparlamentarista, antielettoralista del proletariato e delle masse.
L’astensionismo è oggettivamente un voto anticapitalista, antigovernativo e antistituzionale ma non lo è ancora soggettivamente. Nella stragrande maggioranza dei casi infatti l’elettorato di sinistra anche se astensionista non vanta una coscienza anticapitalista e non lotta per il socialismo.
L’elettorato di sinistra deve maturare la coscienza di concepire l’astensionismo come un voto dato al PMLI e al socialismo e che solo lottando contro il capitalismo per il socialismo è possibile cambiare davvero l’Italia e dare il potere politico al proletariato. Far maturare questa coscienza è il compito titanico che sta di fronte al PMLI e ai suoi militanti che anche in questa tornata elettorale, dove presenti, si sono battuti come leoni, seppur privi di forze, mezzi e visibilità mediatica, per propagandare l’astensionismo marxista-leninista e la nostra proposta strategica per il socialismo. Ricevendo gli elogi e i ringraziamenti dei dirigenti nazionali del PMLI con alla testa il compagno Giovanni Scuderi. La semina continua e presto o tardi darà i suoi frutti proletari rivoluzionari.

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4 giugno 2015