Un ex trotzkista dirige “L'Unità” di Renzi
D'Angelis per 20 anni redattore de “il manifesto”

Il 30 giugno è tornata nelle edicole L'Unità , chiusa da quasi un anno e messa in liquidazione il mese scorso. Un ritorno presentato da Renzi alla base del PD come un suo merito personale per aver fatto rivivere il giornale “fondato da Antonio Gramsci”.
Peccato però che basti uno sguardo ai primi numeri per accorgersi che il nuovo quotidiano non sia altro che un bollettino personale di Renzi, un perfetto megafono agiografico del pensiero renziano e della linea del governo, i cui modelli ispiratori rimandano direttamente al Popolo d'Italia di Mussolini, all'Avanti! di Craxi e a Il Giornale di Berlusconi. Il nuovo duce, infatti, ha gestito personalmente e a sommo studio tutta l'operazione dall'A alla Z: cioè dal nuovo assetto proprietario, architettato dal suo fido tesoriere del PD, Francesco Bonifazi, che l'ha affidato a finanzieri “amici” del premier, all'accurata selezione dei redattori e dei collaboratori, fino alla scelta del direttore, un suo fedelissimo proveniente direttamente dal suo staff di Palazzo Chigi.
Cominciamo con l'assetto proprietario del giornale, che dopo l'uscita di scena del precedente acquirente, Guido Veneziani, indagato per bancarotta fraudolenta, vede l'80% della proprietà in mano alla società Piesse del costruttore Massimo Pessina e del suo socio in affari Guido Stefanelli, nominato amministratore delegato. Il 19% circa è controllato dalla fondazione EyU del PD, mentre il restante 1% scarso resta a Veneziani, che anche da indagato mantiene così un piede dentro l'impresa per espresso volere di Bonifazi, che gli ha appaltato addirittura la realizzazione degli inserti tematici allegati al giornale.
Per inciso, secondo quanto riportato da Il Fatto Quotidiano , non smentito sostanzialmente dall'interessato, il nome di Pessina compare nella lista Falciani degli esportatori clandestini di capitali e, in qualità di cliente, in un'ordinanza di convalida del fermo del barone del riciclaggio internazionale Filippo Dollfus firmata dal gip di Milano. Curiosamente (lo riporta Marco Travaglio), non appena si è saputo che sarebbe diventato editore del nuovo renzianissimo quotidiano, il gruppo di Pessina ha vinto come unico concorrente (quando era ancora in carica la giunta Burlando) l'appalto da 165 milioni per il nuovo ospedale di La Spezia.

Pagherà Pantalone?
C'è poi la questione degli imponenti debiti con le banche accumulati negli anni da L'Unità : chi li paga? In base ad una leggina del 2008 (governo Prodi 2), le garanzie di ultima istanza per i mutui accesi dai giornali sono passate in capo al governo, e così Palazzo Chigi sta cercando 95 milioni (debiti fatti nel solo 2014, ma secondo Il Messaggero sarebbero in tutto ben 176) per pagare i decreti ingiuntivi già presentati dai creditori. Renzi vorrebbe vendere qualche immobile dell'ingente patrimonio dell'ex PCI, che però prima del suo scioglimento nel PD fu blindato ermeticamente dall'ex tesoriere Sposetti. Facile immaginare come andrà a finire: toccherà pagare al solito Pantalone, ossia alle casse pubbliche. Anche se il nuovo direttore si vanta che L'Unità “non riceverà alcun finanziamento pubblico”. Intanto è stato calcolato che di milioni pubblici ne ha presi ben 124 tra il 1990 e il 2013.
E' facile immaginare anche come saranno stati scelti i “fortunati” 29 redattori del nuovo quotidiano tra i circa 60 della vecchia redazione messi a cassa integrazione. Se non riuscite ad immaginarvelo, c'è una lettera del vecchio Comitato di redazione
spedita a suo tempo all'Ad di Unità s.r.l., Guido Stefanelli, e all'allora candidato alla direzione del nuovo quotidiano, Vladimiro Frulletti (già allora renziano di ferro, poi nominato vicedirettore), che muoveva alla proprietà (e implicitamente al vertice del PD) una lunga serie di contestazioni sulla selezione del personale: dall'invio a mezzo pec ai singoli giornalisti prescelti del contratto da sottoscrivere, senza inviare nessuna comunicazione agli esclusi, alle irregolarità riscontrate nel contratto stesso (mansioni non indicate, retribuzioni “con metodo forfettario di dubbia legittimità”, ecc.); al punto da ipotizzare la violazione dell'articolo 28 dello Statuto dei lavoratori.
E veniamo alla scelta del direttore, Erasmo D'Angelis, il quale, manco a dirlo, è un altro renziano di ferro che più renziano non si può. Meglio ancora, è un ex trotzkista che è stato per 20 anni redattore de il manifesto; il che, come spesso accade con i rinnegati e i trotzkisti “convertiti” al carrierismo borghese, forse anche per la fame arretrata di soldi, onori e privilegi, garantisce ai poteri di cui si mettono al servizio, una fedeltà e uno zelo superiori alla media. Vedi il caso del rinnegato e opportunista Sergio Staino, disegnatore dell'insulso suo alias e nostalgico del PCI berlingueriano, “Bobo”, tempestivamente saltato anche lui sul carro di Renzi per mantenersi la ricca pagnotta e subito arruolato infatti come vignettista del nuovo giornale, dove finge di far fare al suo personaggio da intermediario tra il nuovo duce e la sinistra del PD.
Ma di ex trotzkisti “di successo” come D'Angelis se ne possono citare tanti altri, come il suo ex collega al il manifesto , Stefano Menichini, approdato alla direzione di Europa , organo del PD fino al 2014; o l'ex Lotta Continua (LC) Gad Lerner, già direttore del Tg1 Rai e dell'organo della Fiat, La Stampa, e oggi editorialista de la Repubblica del magnate De Benedetti; o altri ex LC come Adriano Sofri, editorialista de la Repubblica e de Il Foglio berlusconiano, e come Paolo Liguori, berlusconiano di ferro premiato con la direzione della rubrica “Fatti e misfatti” di Tgcom ; o ancora l'ex esponente della sedicente Unione dei comunisti (marxisti-leninisti) il cui organo era “Servire il popolo” Michele Santoro (lunga carriera tra Rai, Mediaset e La7), Gianni Riotta, anche lui proveniente dalla redazione del il manifesto , premiato con la direzione del Tg1 Rai, poi direttore de La Stampa e oggi editorialista dell'organo confindustriale Il Sole 24 Ore . Per non parlare del terribile rivoluzionario Paolo Mieli, ex membro di Potere operaio e poi direttore del principale quotidiano borghese “Corriere delle sera”. E chi più ne ha più ne metta.

Il fedele cantore della “rivoluzione in corso”
D'Angelis è stato fino a ieri responsabile per il governo Renzi della Struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche (di lui si parlava come possibile successore di Franco Gabrielli alla Protezione civile), e già sottosegretario al ministero delle Infrastrutture e trasporti del governo Letta. Nel 2000 e nel 2005 è stato eletto consigliere regionale della Toscana, ricoprendo l'incarico di presidente della commissione Ambiente, infrastrutture e trasporti, nonché nominato presidente di Publiacqua, la più grande società pubblica della Toscana, con 700 dipendenti. Data evidentemente da allora la sua stretta relazione con l'ex sindaco di Firenze e suo attuale datore di lavoro.
La sua linea editoriale, o meglio, la sua “mission”, è semplice, e l'ha esposta così nell'editoriale per il primo numero: “Siamo ambiziosi? Siamo una squadra molto ambiziosa, come lo è il nostro piano editoriale. Del resto, come si fa a non esserlo con una rivoluzione in corso? Potendo raccontare l'Italia che cambia dal punto di vista privilegiato di chi la vuole cambiare e la sta cambiando?”.
Per i più ingenui che che non capissero chi fosse mai il misterioso personaggio autore di questa “rivoluzione”, c'era anche l'editoriale in prima pagina del nuovo duce in persona, il quale, rivolgendosi alla “cara Unità”, così precisava: “Da quando ci hai lasciato un anno fa l'Italia sta meglio: è tornata a farsi sentire la crescita, sono cresciuti i posti di lavoro e sappiamo quanto questo sia importante per te e per il tuo popolo. Molte crisi aziendali di cui ti sei occupata sono state risolte e la cassa integrazione si è dimezzata. Le riforme vanno avanti, a viso aperto e senza mollare di un centimetro. L'Italia è tornata a farsi sentire nelle organizzazioni internazionali, e finalmente è tornata a crescere la fiducia di aziende e cittadini”. Con un post scrittum veramente esilarante: “Non farci mancare le voci critiche che servono come il pane, perché aiutano sempre a crescere”.
Per i più duri di comprendonio, comunque, c'era anche un'intervista di D'Angelis a la Repubblica , che alla domanda indiscreta “sarete organo del PD renziano?”, ha risposto con piglio e linguaggio degno del suo principale: “saremo organo di un PD che lascia da parte le divisioni e lavora unito per governare. Basta piagnistei, rimbocchiamoci le maniche”. Si è perfino vantato di aver avuto come maestro il noto trotzkista Luigi Pintor durante il praticantato a il manifest o: “un grande politico e giornalista considerato un eretico dentro al PCI. Posso dire che mi ricorda qualcuno”? Un paragone, quello tra Pintor e il suo nuovo maestro Renzi, che gli ha guadagnato un imbarazzato e indispettito editoriale di Norma Rangeri sul quotidiano trotzkista di cui è direttrice (“Eretico chi?”).

Una vetrina idilliaca dell'Italia di Renzi
E i risultati di tanto zelo filorenziano si vedono già dai primi due numeri del nuovo quotidiano, dove a fronte della vergognosa assenza fino ad allora del tema della Grecia compaiono intere pagine appaltate a ministri del governo, come Gentiloni affinché potesse teorizzare la guerra allo Stato islamico, o al ministro Martina per esaltare l'Expo, o all'ex ministro Luigi Berlinguer per glorificare la “buona scuola” di Renzi, o a Umberto Ranieri per celebrare i 90 anni di Napolitano, e via osannando.
Per non parlare delle foto di giovani vendemmiatori felici e della Boschi e della Serracchiani che mostrano sorridenti il primo numero; di servizi sulle scuole che “finalmente riaprono” e ci “entrano gli operai” (a imbiancare); scuole che non cadono più a pezzi (“Quattro miliardi per mettere al sicuro i nostri figli”, “Cadeva a pezzi, volevano venderla. Ora è la nostra scuola”...); sugli insegnanti precari che grazie a Renzi esultano: “Ora torno in classe anche io, finalmente non più da precaria”; sugli operai festanti degli stabilimenti Fiat-Fca di Cassino che produrranno la nuova Alfa Romeo e che, sotto “Il sorriso della Giulia”, tripudiano: “Finalmente si torna a lavorare davvero: comprerò casa”.
E così via salmodiando, sulla “cara Unità” rinata per celebrare i fasti dell'Italia in piena “rivoluzione” renziana.

8 luglio 2015