Sul primo numero dell'Unità del PD di Renzi ritornata in edicola
Gentiloni traccia il “nuovo ordine mediterraneo” imperialista
Al primo posto la lotta al terrorismo, cioè allo Stato islamico

“La grande sfida al terrorismo globale”: sotto questo titolo che sembra ripescato dai bellicosi proclami di Bush dopo l'11 settembre, il primo numero de L'Unità tornata in edicola il 30 giugno dedica un intero paginone a un lungo articolo del ministro degli Esteri Paolo Gentiloni, tanto per mettere subito in chiaro che il nuovo quotidiano diretto dal trotzkista Erasmo D'Angelis è “rinato” non soltanto come organo del PD, ma più espressamente come bollettino personale di Renzi e come megafono al servizio del suo governo. In questo articolo infatti, usando il renzianissimo quotidiano del PD come una tribuna a sua completa disposizione, Gentiloni ha potuto esporre a suo piacimento la politica estera imperialista del governo italiano per il Mediterraneo, il Medio Oriente e l'Africa, con al centro la lotta allo Stato islamico, e senza neanche quel poco di contraddittorio richiesto dalle tante interviste che rilascia di frequente alla pur compiacente stampa di regime.
Partendo dagli allora recentissimi attentati in Tunisia, Francia e Kuwait, Gentiloni mette subito sul tappeto come priorità del governo la guerra al cosiddetto terrorismo islamico, e più specificamente allo Stato islamico: “Quest'anno emerge con forza inusitata, nel Mediterraneo, la sfida di Daesh (Isis)”, dice infatti il ministro, sottolineando che “la lotta contro il Daesh (il nome arabo dello Stato islamico, ndr) richiede una strategia a più livelli, dove l'azione militare è certo decisiva, e ci vede impegnati su diversi fronti. Ma ad essa vanno affiancati strumenti di prevenzione e di contrasto in grado di incidere sulle nuove forme di reclutamento. Occorre un coinvolgimento sempre più stretto delle comunità musulmane sui nostri valori condivisi, contro il messaggio di intolleranza e di odio che giunge dal terrorismo. Inoltre dobbiamo essere in grado di drenare le fonti di finanziamento del Daesh, attraverso una collaborazione internazionale di cui l'Italia è protagonista in quanto co-presidente del 'Counter ISIL Finance Group (GCFI)'”.
In sostanza, cioè, il ministro rivendica con orgoglio all'Italia di Renzi un ruolo di assoluto primo piano nella guerra allo Stato islamico: non soltanto sul piano strettamente militare “sui diversi fronti” in cui l'Italia schiera truppe e mezzi bellici (Afghanistan, Iraq, Corno d'Africa, Libia, Libano, ecc.), ma anche sul piano interno, con le misure liberticide, razziste e xenofobe varate con il pretesto della lotta al terrorismo; e, non ultimo, con il ruolo di primo piano assunto dall'Italia, insieme a Usa e Arabia saudita, nel dirigere il gruppo di Paesi aderenti al GCFI con il compito di individuare e tagliare le fonti di finanziamento dello Stato islamico.

Mediterraneo “spazio vitale” dell'imperialismo italiano
Il punto focale di questo ruolo multilaterale dell'imperialismo italiano – quello che lui chiama “il cuore della bussola concettuale” - Gentiloni lo individua nel Mediterraneo, che è “molto di più del confine meridionale dell'Europa”, è diventato oggi “la frontiera di civiltà in cui si incontrano tre continenti”, e soprattutto “un primato” nella politica estera dell'Italia: “Un Paese con 8000 chilometri di coste ed esposto nel suo vicinato ai focolai di instabilità, anche nelle loro implicazioni economiche ed energetiche”. Il Mediterraneo, vuol dire in sostanza Gentiloni riesumando il concetto di “mare nostrum” di romana e mussoliniana memoria, è il nostro “spazio vitale”, dove sono in gioco gli interessi economici, energetici e di sicurezza dell'Italia.
É in questa regione, che egli intende estesa all'intera area geo-politica del Medio Oriente, del Nord Africa e dell'Africa sub-sahariana, che l'Italia deve perseguire il suo ruolo multilaterale e di primissimo piano, secondo tre direttrici o “sfide” fondamentali. La prima di queste riguarda “il terrorismo e l'instabilità”, che oggi pone al centro della politica italiana la Libia, “la cui stabilizzazione è determinante per la stabilità di tutta l'area mediterranea e per il nostro interesse nazionale”. Gli obiettivi della nostra azione “bilaterale e internazionale, sottolinea Gentiloni, sono distruggere “l'economia criminale del traffico di esseri umani” e favorire la nascita di un governo libico unitario “che l'Italia è pronta a supportare con i suoi mezzi e un ruolo da protagonista”.
Obiettivi che poi sono gli stessi dichiarati della missione aeronavale europea Eunavfor Med a guida italiana recentemente approvata e avviata dalla UE, senza ancora il consenso dell'ONU, per il “contrasto ai trafficanti di migranti” nel Mediterraneo, e che in una fase successiva prevede anche azioni militari sul suolo libico per la distruzione dei “barconi” e delle “organizzazioni dei trafficanti”. In realtà con gli obiettivi non dichiarati di creare una testa di ponte per invadere la Libia, impossessarsi delle sue ricchezze energetiche e affrontare direttamente lo Stato islamico, le cui milizie sono già presenti in alcune zone del Paese.
Tale strategia “antiterrorismo” dovrà estendersi, secondo Gentiloni, anche a Siria e Iraq, “Stati la cui stessa sopravvivenza è oggi messa in gioco”, e per impedire che “altri Stati precipitino nella spirale dell'instabilità”, come Tunisia, Libano e Giordania: “Bisogna invertire questa tendenza, e aiutare a costruire capacità istituzionali”, pontifica il ministro degli Esteri, per il quale è urgente creare a questo scopo “un nuovo ordine mediterraneo, con un ampio coinvolgimento multilaterale”.

Una “piattaforma verso l'Africa”
Anche perché – suggerisce tra le righe il titolare della Farnesina – la torta in palio di questo “nuovo ordine mediterraneo imperialista” è ancora più grossa, e “la seconda grande sfida del Mediterraneo riguarda l'Africa, continente il cui potenziale di crescita è enorme e in cui l'Italia può e deve essere protagonista”, utilizzando a questo fine il Mediterraneo “come piattaforma verso l'Africa”. Nel quadro di questa strategia imperialista rivolta all'Africa, Gentiloni ricorda che “questo governo, fin dalle prime visite di Stato all'estero del presidente Renzi, ha considerato l'Africa una priorità economica e politica”, e in particolare l'Africa sub-sahariana, “che è al centro dell'azione italiana nella cooperazione internazionale per lo sviluppo”, e che sarà rilanciata “con la partecipazione del presidente del Consiglio al prossimo summit di Addis Abeba sul finanziamento dello sviluppo”.
Del suo lungo monologo sulla politica mediterranea imperialista non deve sfuggire che tra i Paesi instabili dell'area mediterranea Gentiloni non cita l'Egitto del dittatore Al Sisi, del quale pure Renzi è uno dei più stretti alleati, forse il più stretto dopo Obama, sia nella guerra comune al “terrorismo islamico”, sia per quanto riguarda gli interessi economici e geo-politici mediterranei dell'Italia. Evidentemente il governo Renzi considera l'Egitto un Paese già “stabilizzato” dai generali golpisti e già facente parte a pieno titolo del “nuovo ordine mediterraneo” imperialista ad egemonia italiana, anche se di lì a pochi giorni è arrivato l'attentato dinamitardo all'ambasciata italiana del Cairo a dimostrare che è tutt'altro che “stabilizzato”.
E a dimostrare anche che la politica imperialista italiana di guerra allo Stato islamico e di sostegno alla dittatura militare egiziana sta attirando sul nostro Paese e sul nostro popolo l'attenzione e l'odio degli oppositori di Al Sisi e dei combattenti dell'IS. Ciononostante Renzi ha voluto dichiarare subito in un'intervista ad Al Jazeera che “in questo momento l'Egitto sarà salvato solo con la leadership di Al Sisi. Questa è la mia posizione personale, e sono fiero della mia amicizia con lui. Darò il mio sostegno per lui e la direzione della pace”. Ribadendo poi che “Italia ed Egitto sono e saranno sempre insieme nella lotta contro il terrorismo”.

15 luglio 2015