Prosegue a tappe forzate la svendita del patrimonio pubblico
Renzi privatizza anche le Ferrovie
E intanto sfiducia il vecchio vertice per piazzare i suoi uomini

Dopo le Poste tocca alle Ferrovie e poi all'Enav che sarà ceduta entro la prima metà del 2016: prosegue a tappe forzate la svendita totale del patrimonio pubblico avviata dal governo del nuovo duce Renzi per fare cassa e favorire i suoi amici banchieri e i pescecani capitalisti che faranno affari d'oro a danno delle masse.
A un mese esatto dalla collocazione in borsa del 40% di Poste Italiane, il 23 novembre il Consiglio dei ministri ha approvato un decreto, predisposto dal Ministero dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministero dello sviluppo economico, relativo alla cessione di non oltre il 40% di quote della società Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A.
Il provvedimento è stato illustrato dal ministro dei Trasporti Graziano Delrio che fra l'altro ha aggiunto: “Con il Decreto del presidente del consiglio dei minimistri (Dpcm) viene regolamentata l’alienazione di una quota della partecipazione nella società non superiore al 40%, disponendo che tale cessione – che potrà essere effettuata anche in più fasi – si realizzi attraverso un’offerta pubblica di vendita rivolta al pubblico dei risparmiatori in Italia, inclusi i dipendenti del Gruppo Ferrovie dello Stato, e a investitori istituzionali italiani e internazionali, e quotazione sul mercato azionario. Lo schema di decreto, inoltre, prevede che, al fine di favorirne la partecipazione all’offerta, potranno essere previste per i dipendenti del Gruppo Ferrovie dello Stato forme di incentivazione, tenuto conto anche della prassi di mercato e di precedenti operazioni di privatizzazione, in termini di quote dell’offerta riservate (tranche dell’offerta riservata e lotti minimi garantiti) e di prezzo (ad esempio, come in precedenti operazioni di privatizzazione, bonus share maggiorata rispetto al pubblico indistinto) o di modalità di finanziamento”.
Il valore stimato dell’azienda è di 45 miliardi di euro, e i proventi della privatizzazione dovrebbero andare a coprire il debito pubblico. Non è ancora chiaro, però, quanto punti a incassare il governo: Palazzo Chigi in una nota ha spiegato infatti che la privatizzazione “potrà procedere in più fasi” ma nessuno parla di cifre tranne Delrio che a domanda ha risposto con un vaghissimo: “Adesso ci penseremo”.
I conti dell’azienda, d’altro canto, ultimamente vanno piuttosto bene: nel 2014, il gruppo Ferrovie dello Stato ha realizzato quasi 8,4 miliardi di ricavi operativi (303 milioni il risultato netto). Il 2015 appare promettente: nel primo semestre i ricavi hanno sfiorato i 4,2 miliardi di euro, mentre l’utile è aumentato del 2,5% rispetto allo stesso periodo del 2014, raggiungendo i 292 milioni.
Un’azienda “risanata” sulla pelle dei lavoratori e dei pendolari del trasporto pubblico locale bersagliati da continui e devastanti tagli a vantaggio dei treni ad alta velocità per i ricchi e che ora il governo offre su piatto d'argento alla grande speculazione del mercato capitalista.
Non a caso Franco Nasso, segretario della Filt Cgil ha dichiarato che: “Da quanto si può capire dagli annunci — dice — la privatizzazione non darà risorse al trasporto regionale, anzi finirà per limitare fortemente la capacità industriale di Trenitalia, limitandosi a fare un incasso dalla vendita che, viste le condizioni e la fretta, potrebbe sostanzialmente consistere in una svendita”.
Secondo la Cgil c’è “un problema di mancata corrispondenza tra le aspettative degli utenti del trasporto regionale e il servizio offerto. Le ragioni sono dovute principalmente ai tagli operati da tutti gli ultimi governi su questo fondamentale servizio universale che, per essere erogato, ha bisogno del contributo pubblico”. E abbiamo tutti sotto gli occhi le immagini (alcuni lo vivono sulla propria pelle) di treni congelati in inverno e simili a saune in estate; la folla e i ritardi, i bagni in condizioni pietose.
“Questa privatizzazione acefala è una stupidaggine gigantesca che farà solo danni al Paese, ai cittadini italiani e ai lavoratori delle Ferrovie. Non abbiamo elementi di chiarezza e il ministro non ha ritenuto di spiegarci nulla nonostante le reiterate richieste di incontro”, ha aggiunto il segretario Fit Cisl Giovanni Luciano.
“Privatizzazione sbagliata, mera operazione di cassa”, taglia netto anche la Uiltrasporti.
Intanto Renzi va avanti senza scomporsi e anzi approfitta della situazione di disarmo dei vertici sindacali e delle scaramucce all'interno degli attuali vertici di Fs (l’amministratore delegato Michele Mario Elia difende l’unicità del gruppo, mentre il presidente Marcello Messori è favorevole allo scorporo di Rfi) per portare a termine il suo piano di privatizzazioni e di piazzare i suoi uomini, a cominciare da Riccardo Mazzoncini, attuale ad della controllata Busitalia, al comando delle Ferrovie.
Si ripete pari pari lo stesso copione andato in onda nel 2011 a Firenze, quando l'allora sindaco Renzi decise la privatizzazione dell'Azienda di trasporti fiorentina (Ataf) e impose proprio Mazzoncini al vertice della nuova azienda.

9 dicembre 2015