Trattare con l'IS. Non bombardare

“Io l'avevo scritto sul Gazzettino il 29 agosto 2014: 'Noi occidentali dovremmo riconoscere la realtà del Califfato di Al Baghdadi e trattare con lui'. Allora ero stato preso per pazzo o per un filo-jihadista. Mi fa piacere che l'Indipendent ora segua questa idea. Quello che noi chiamiamo abitualmente il 'sedicente Califfato' è in realtà uno Stato con un governo, un territorio, una popolazione. E non si può cancellarlo solo perché a noi non piace. Bisogna tener presente che la lotta jihadista si avvale della componente religiosa ma è anche un tentativo, a mio avviso perfettamente legittimo, di ridefinire i confini di quell'area mediorientale disegnati arbitrariamente dagli inglesi un secolo fa”.
Questa la proposta avanzata in un editoriale su Il Fatto Quotidiano del 17 dicembre da Massimo Fini, proposta razionale e controcorrente rispetto all'isterica propaganda imperialista spacciata quotidianamente da governo, partiti e mass-media del regime neofascista e interventista, che mira a convincere le masse che l'unica risposta possibile al “terrorismo jihadista” è quella della distruzione dello Stato islamico per mezzo della guerra e dei bombardamenti.
“Certo noi rabbrividiamo di fronte a stragi come quelle del Bataclan - continua Fini - ma siamo del tutto indifferenti, o ignoriamo, o fingiamo di ignorare, che un drone guidato dal Nevada uccide forse qualche guerrigliero, ma allo stesso tempo fa decine di vittime civili”. Qual è allora, secondo il giornalista, l'unica strada realisticamente possibile, per far cessare questo bagno di sangue? Trattare con l'IS per un accordo in base al quale Al Baghdadi si impegnerebbe “a non uscire dall'area di sua competenza e quindi stoppare ogni attentato terroristico in Europa, negli Usa e altrove”.
Accanto all'editoriale di Fini Il Fatto ne pubblica un altro dell'ex generale Fabio Mini che, almeno nelle premesse, concorda col primo ammettendo che la proposta di riconoscere l'IS e trattare con esso “è provocatoria ma non peregrina”, dato che “la grande maggioranza degli Stati moderni viene dalle rivoluzioni, da Stati succeduti alle colonie, da gruppi di rivoltosi considerati terroristi dalle legittime potenze, da guerre civili e intestine, da periodi di terrore”, ecc. Anche se poi l'ex capo della missione KFOR della NATO in Kosovo, per negare nella pratica allo Stato islamico quel diritto ad essere riconosciuto come tale che gli concede in teoria, è costretto a tutta una serie di distinzioni assai deboli e contorte per dimostrare che “il solo riconoscimento possibile oggi è quello di 'banda armata'. Ed è già tanto”.

Una guerra devastante e senza prospettive

Questi interventi, come anche quello dell'autorevole quotidiano britannico a cui Massimo Fini fa riferimento, dimostrano comunque che comincia a farsi sia pur faticosamente strada, attraverso la massiccia cortina militarista e interventista, l'idea di un riconoscimento almeno di fatto dell'IS e della necessità di una trattativa per uscire da un'escalation sempre più devastante e senza prospettive della guerra che incendia tutto il Medio Oriente.
Una proposta che è da prendere in seria considerazione e caldeggiare da parte di tutti coloro che hanno veramente a cuore la pace e il bene dei popoli e vogliono ragionare con la propria testa, senza farsi ricattare dall'asfissiante propaganda imperialista secondo la quale chi non si schiera “senza se e senza ma” con la guerra allo Stato islamico favorisce il terrorismo internazionale.
Per quanto non condivisibili al cento per cento le argomentazioni, il nocciolo della proposta di Fini è giusto: bisogna trattare con lo Stato islamico, non bombardare. Altrimenti non c'è soluzione alla spirale guerra-terrorismo. Poiché, come ha detto per primo e purtroppo da solo l'Ufficio politico del PMLI nel comunicato stampa subito dopo gli attentati di Parigi, “è la barbarie dell'imperialismo che genera barbarie ”. E che “questi attentati, non condivisibili ma comprensibili, sono la diretta conseguenza della criminale guerra che la santa alleanza imperialista, della quale fa parte la Francia di Hollande, conduce contro lo Stato islamico. Ed è facilmente prevedibile che essi continueranno e investiranno tutti i paesi della suddetta coalizione. Per evitarli l'unica strada è quella di cessare la guerra allo Stato islamico ”.
Lo Stato islamico, piaccia o non piaccia, è una realtà, e se le potenze imperialiste si rifiutano di accettarla (non a caso preferiscono chiamarlo spregiativamente Daesh), è solo per poterlo bombardare e distruggere con ogni mezzo “legale” e illegale, senza rendere conto dei loro crimini di guerra e delle stragi di popolazioni civili che ciò comporta, fino a minacciare l'uso dell'atomica, come ha già fatto Putin. Oltretutto con ammessa scarsa efficacia dal punto di vista militare, il che dimostra che i bombardamenti americani, francesi, britannici, russi e chi più ne ha più ne metta, hanno uno scopo prettamente terroristico. Poco importa, ai comandi e ai governi imperialisti, se poi questi criminali bombardamenti terroristici, espongono i popoli dei rispettivi paesi, in Europa e in Usa, alle inevitabili ritorsioni dei militanti e simpatizzanti dell'IS.

Ribellarsi alla propaganda imperialista

I sinceri antimperialisti, i pacifisti e tutti coloro che hanno a cuore la pace e l'indipendenza dei popoli, devono perciò ribellarsi al ricatto della imperante propaganda imperialista che demonizza l'IS e santifica la “guerra totale” per la sua “estirpazione”, e sostenere invece il riconoscimento dello Stato islamico, la cessazione dei bombardamenti e la trattativa con esso. Ciò non significa condividere la sua ideologia, cultura, tattica, strategia e tutti i suoi metodi di lotta, azioni e obiettivi, ma certo non è negando la sua realtà e la sua legittima aspirazione a ridisegnare i confini ingiustamente stabiliti dalle potenze colonialiste che si può dare un contributo alla lotta per la pace in quella martoriata regione ed evitare che la guerra si estenda anche all'interno dei Paesi della santa alleanza imperialista.
Se siamo convinti che la guerra non può essere la soluzione, quale altra alternativa rimane sul campo, se non la trattativa, e con tutte le parti in causa, per farla cessare? Altrimenti si finisce per soggiacere alla propaganda di regime e appiattirsi sulle posizioni guerrafondaie e imperialiste di Renzi, Obama, Hollande, Cameron, Merkel e Putin. Una terza via non esiste.

23 dicembre 2015