Opponiamoci alla guerra imperialista e appoggiamo lo Stato islamico che ne è il bersaglio

Sabato 12 marzo si sono svolte in 30 città italiane manifestazioni, cortei e sit-in antimperialisti, anche davanti a basi Nato e altre installazioni militari, nell'ambito di una “Giornata di mobilitazione contro la guerra” indetta dal Coordinamento contro la guerra, le leggi di guerra, la Nato”. Un'iniziativa di mobilitazione quanto mai opportuna, in un momento in cui il nuovo duce Renzi sta intensificando i preparativi per un intervento armato in Libia, mentre le masse popolari italiane sono frastornate e disorientate dalla propaganda del governo e dei mass-media di regime, tesa a far loro accettare passivamente un'entrata in guerra dell'Italia mascherata da intervento di “pace” in nome della “sicurezza” e della lotta al “terrorismo” di matrice islamica.
Sostanzialmente condivisibili sono anche le rivendicazioni politiche contenute nell'appello alla mobilitazione, tra cui “la fine immediata di ogni partecipazione italiana alle guerre in corso, con il ritiro delle truppe da esse e il ripristino dell'articolo 11 della Costituzione”, “lo smantellamento delle basi e delle servitù militari”, “l'uscita dell'Italia dalla Nato e da ogni alleanza di guerra”, “la fine delle politiche persecutorie e xenofobe contro i migranti” e la cancellazione delle leggi eccezionali e dello stato di polizia imposte in tutta Europa “nel nome della guerra al terrorismo”.
Condivisibile è anche la denuncia, con cui si apre il documento, che “il nostro paese è in guerra”, così come la messa in guardia delle masse che “la decisione di Renzi di preparare e prima o poi fare la guerra in Libia ci espone a tutti i rischi terribili che abbiamo visto realizzarsi in altri paesi”. Non siamo invece d'accordo sull'analisi politica delle cause che stanno alla base di questa guerra e delle forze in campo, a proposito delle quali riscontriamo non poche ambiguità e tesi errate e fuorvianti su cui occorre fare chiarezza, proprio per non prestare il fianco a quel “muro di bugie della propaganda del circo mediatico di regime” che pure gli estensori dell'appello affermano di voler rompere con questa mobilitazione.
E chiarezza si fa cominciando intanto a chiamare le cose col loro vero nome, cioè chiamandola guerra di aggressione imperialista, e non genericamente guerra, quella che Renzi sta per lanciare contro la Libia. Non è solo un problema di nomi ma un criterio rigoroso per inquadrare nella giusta prospettiva economica, politica e storica – noi diciamo secondo l'analisi marxista-leninista – questa guerra che non si può ridurre, come suggerisce confusamente l'appello, a “guerra di egemonia e sopravvivenza”, nel quadro della “competizione tra potenze”.

Quali sono le due forze in campo
Le parole hanno la loro importanza. Se non si chiarisce che questa di Renzi, che sta calcando le orme del suo predecessore e maestro Mussolini, è una guerra imperialista in senso classico, per conquistare nuovi spazi all'imperialismo italiano nella sua sfera di espansione storica del Mediterraneo e del Nord-Africa – non solo in termini geo-politici e militari, ma anche economici, di fonti energetiche, di materie prime e di mercati – si rischia di lasciare ampi varchi di ambiguità alla propaganda di regime per farla accettare alle masse come una sorta di guerra inevitabile di “difesa” (o di “sopravvivenza”, appunto) dalla “minaccia terroristica” al nostro Paese. Poco importa a questo punto controbattere tale argomento lamentando che la minaccia sia stata provocata a sua volta da precedenti interventi delle “potenze in competizione” tra di loro.
Ma se questa è una guerra di aggressione imperialista, occorre anche dire chiaramente chi è l'aggredito. Certamente il popolo libico in generale, ma sappiamo bene che sul piano militare il nemico giurato da battere della coalizione imperialista che l'Italia aspira a comandare in Libia è lo Stato islamico. Di fatto, piaccia o non piaccia, è l'IS l'unica forza in campo che si oppone militarmente alle potenze imperialiste: in Libia come in Siria, in Iraq come in altre zone del Medio Oriente e dell'Africa. Dunque è lo Stato islamico l'aggredito, il bersaglio del resto dichiarato della nuova guerra imperialista che Renzi sta per scatenare in Libia, e contro la quale si chiamano giustamente gli antimperialisti e i pacifisti a mobilitarsi.
Ma su questo punto fondamentale l'appello è volutamente lacunoso, laddove accenna appena alla “espansione dell'IS” tra le nefaste conseguenze delle “guerre per procura successive alle primavere arabe”. In questo modo cerca di evitare di prendere posizione tra le due forze in campo: la santa alleanza imperialista occidentale, a cui si è aggiunta anche la Russia del nuovo zar Putin, e lo Stato islamico. Ma così facendo si finisce per coprire nei fatti quell'intervento che si rifiuta a parole.
Un rischio questo che si fa certezza se si vanno a vedere le posizioni più articolate espresse sull'argomento da alcune forze aderenti all'appello, come per esempio il sito Peacelink.it , che si chiede esplicitamente cosa si può fare “per fermare i miliziani dell'Isis, già impiantati in alcune città libiche”. Dando quindi per scontato, senza peraltro spiegare il perché, che lo Stato islamico sia da considerare un nemico da estirpare, esattamente come sostiene la coalizione imperialista. Sia pure senza bombardamenti e solo con sanzioni ai “sei paesi mandanti dell'Isis”.
O, peggio ancora, sempre su peacelink.it ma anche su altri siti, con gli articoli del professore californiano, attivista della Rete No War, Patrick Boylan, che sostiene addirittura la falsa e fuorviante tesi trotzkista e dei falsi partiti e gruppi comunisti che lo Stato islamico sarebbe stato creato e foraggiato appositamente dall'Occidente per dargli il pretesto di invadere i paesi del Medio Oriente. Oppure si danno pericolose patenti di credibilità a superpotenze imperialiste come Russia e Cina, come fa il sito sibialiria.org , perché insieme ai cinque paesi dell'Alleanza bolivariana per l'America-Alba, più Iran, Bielorussia, Zimbabwe, Corea del Nord e governo siriano di Assad, le dette superpotenze “sono stati gli unici al mondo a votare contro una risoluzione dell'Arabia Saudita, che condanna le sole violenze governative e propone l'appoggio all'opposizione siriana in nome della protezione della popolazione”.

Appoggiare chi si oppone all'imperialismo
Queste posizioni rischiano di disorientare e disarmare i movimenti antimperialisti e pacifisti e portano solo l'acqua al mulino di Renzi e dei guerrafondai, che basano proprio sulla demonizzazione dell'IS come “nemico dell'umanità”, a prescindere da qualsiasi altra considerazione, il tentativo di creare un consenso di massa alla nuova avventura imperialista in Libia.
Ma se si ragiona con la propria testa, senza lasciarsi ingannare dall'asfissiante propaganda imperialista, non si può non prendere atto che l'IS è l'unica realtà che si oppone oggettivamente all'imperialismo. In Iraq e in Siria ha un territorio e amministra uno Stato e una popolazione, e in Libia ha un forte seguito in alcune zone e tra alcuni strati della popolazione. Lo ammettono anche alcuni osservatori occidentali, che cominciano ad affacciare la proposta che l'unico modo per far cessare gli attentati terroristici è quello di smetterla coi bombardamenti, che del resto servono solo a massacrare e terrorizzare le popolazioni inermi e a provocare esodi biblici, riconoscere il suo diritto di ridiscutere i vecchi assetti geopolitici imposti dalle potenze coloniali e trattare con esso per far cessare il conflitto.
Si può non condividere, come noi non condividiamo assolutamente, l'ideologia, la cultura, la strategia, certi metodi di lotta, certe azioni e gli obiettivi dello Stato islamico, ma occorre comprendere che è l'imperialismo il vero nemico dei popoli, la vera causa di tutte le guerre, la barbarie che genera ogni barbarie.
Perciò opporsi alle guerre imperialiste è giusto, ma non basta. Affinché questa lotta sia efficace, come dimostra l'esperienza storica delle lotte anticolonialiste e di liberazione, dall'Algeria, al Vietnam, alla Palestina, bisogna anche appoggiare chi ne è il bersaglio, in questo caso lo Stato islamico. Anche se queste guerre vengono estese per ritorsione dentro gli stessi paesi imperialisti attraverso attentati terroristici. Anzi, proprio per evitare o far cessare queste ritorsioni.
 

16 marzo 2016