Sugli attentati di Istanbul, Dacca e Bagdad
Spezzare la spirale guerra imperialista e attentati terroristici
L'Italia deve ritirarsi dalla guerra allo Stato islamico

Il PMLI esprime il suo cordoglio per le vittime innocenti dei terribili attentati di Istanbul, di Dacca e di Bagdad e la sua solidarietà ai loro familiari. Al tempo stesso, però, rifiuta di unirsi al coro ipocrita dei governi imperialisti della autonominatasi “comunità internazionale” e dei mass-media ad essi asserviti, che scaricano tutta la responsabilità sul terrorismo dello Stato islamico (IS), come se si trattasse di un demone sorto dal nulla: un mostro da distruggere col ferro e col fuoco, un tumore estraneo e maligno impiantatosi in un corpo “sano”, estirpato il quale tornerà a regnare la pace e la concordia tra i popoli.
Poiché è questa la falsa rappresentazione che la santa alleanza imperialista di Stati, tra cui l'Italia, che ha dichiarato da tempo la guerra totale all'IS propina alle masse, per nascondere le sue responsabilità e la sua barbarie imperialista, che a sua volta genera e alimenta la barbarie del suo nemico islamico. È per questo che pur non condividendo gli attentati terroristici dei combattenti islamici antimperialisti quando dettati da fanatismo religioso e diretti a colpire vittime civili innocenti, invitiamo le masse che amano davvero la pace e la concordia tra i popoli a non cadere passivamente nella trappola della propaganda imperialista e a riflettere invece attentamente sui motivi e le cause che stanno dietro a questi ed altri simili attentati, distinguendo tra le cause e gli effetti, tra la contraddizione principale e quelle secondarie, per comprendere a fondo questi tragici avvenimenti che ormai sembrano destinati a ripetersi senza fine e farsi parte attiva nella loro risoluzione.
Quello che la propaganda imperialista nasconde dietro la retorica del terrorismo fine a sé stesso è che c'è una guerra in atto, e che questi attentati non sono atti ciechi e insensati dettati da pura follia come si vuol far credere, ma veri e propri atti di guerra, commessi in risposta alla guerra della santa alleanza imperialista contro lo Stato islamico. Una guerra a base di bombardamenti aerei massicci e indiscriminati che provocano migliaia di vittime nella popolazione civile e immani distruzioni nelle città e nei territori bombardati, a cui però nessuno dà importanza, come se per definizione i bombardamenti imperialisti fossero tutti “chirurgici”, in grado cioè di colpire i soli combattenti islamici antimperialisti senza provocare anche vittime innocenti. Che, come recentemente ha dichiarato anche Obama, al massimo sono solo “vittime collaterali” e “una inevitabile conseguenza”.

Perché l'IS usa il terrorismo
Il terrorismo non è un'entità astratta, un mostro internazionale uscito dalle tenebre come lo dipinge la propaganda imperialista, ma è un metodo di guerra, da sempre praticato nelle guerre giuste come nelle guerre ingiuste, e lo Stato islamico lo usa nella fattispecie per allargare la guerra all'interno dei Paesi della coalizione imperialista, fin nelle sue retrovie, allo scopo di rispondere colpo su colpo all'assedio militare e ai bombardamenti che minacciano la sua sopravvivenza. E questo lo proclama apertamente, senza possibilità di equivoci: “O crociati, voi, le vostre famiglie e i vostri amici, tutti siete bersagli, vi uccideremo perfino nei vostri sogni”, è infatti il messaggio, terribile ma ben chiaro e comprensibile, lanciato su Internet dal Califfato a commento della strage di Dacca.
D'altra parte, vantarsi ogni giorno, come fa la coalizione imperialista, delle distruzioni e delle perdite di territori inflitte all'IS, fino a dipingerlo sull'orlo della disfatta, e pretendere che questi non cerchi di reagire con tutti i mezzi a sua disposizione, è come pretendere dal proprio nemico, che non possiede portaerei, missili e cacciabombardieri, di combattere con le mani legate e gli occhi bendati. Ma c'è un motivo ben preciso, per questa gigantesca finzione: nascondere ai popoli che anch'essi sono coinvolti in prima persona dai loro governi in questa guerra, altrimenti potrebbero ribellarsi e chiedere di uscirne per non essere esposti alle inevitabili ritorsioni terroristiche dell'IS.
Non a caso una delle più recenti stragi terroristiche è avvenuta nella Turchia del fascista Erdogan, un paese dentro fino al collo al conflitto mediorientale e alla guerra allo Stato islamico, che da mesi ha cominciato a bombardare le sue postazioni sul confine siriano e ha concesso la base Nato di Incirlik agli aerei Usa che bombardano l'IS in Siria e in Iraq. E che proprio alla vigilia dell'attentato all'aeroporto di Istanbul aveva ripreso le relazioni diplomatiche con il governo nazi-sionista di Israele e riallacciato colloqui con la Russia di Putin, alleato di ferro di Assad e nemico giurato dello Stato islamico. Inoltre si sta riavvicinando all'Egitto del boia Al-Sisi, dopo il raffreddamento delle relazioni a causa delle persecuzioni contro i Fratelli musulmani.

Un segnale per l'Italia imperialista
Quanto al Bangladesh sembrava apparentemente meno coinvolto in questa guerra, ma lo sfruttamento intensivo a cui la popolazione è sottoposta dalle multinazionali occidentali del tessile e della moda, con salari che non arrivano a 70 dollari al mese e con l'impiego di mano d'opera poverissima, anche minorile, senza diritti sindacali e in condizioni di estrema insicurezza (come dimostra l'incendio del 2013 nella fabbrica tessile in cui morirono 1.129 persone, per la maggior parte ragazze tra i 17 e i 20 anni), ha creato evidentemente un terreno favorevole all'espandersi dello Jihadismo islamico. E anzi il fatto che sia stato colpito un locale di Dacca frequentato dagli imprenditori italiani potrebbe essere interpretato, come sostengono alcuni osservatori, proprio come un segnale lanciato all'Italia, non soltanto in quanto paese tra i più coinvolti nello sfruttamento della mano d'opera locale, ma anche per il suo crescente coinvolgimento nella guerra all'IS in Medio Oriente e in Libia (vedi invio di truppe alla diga di Mosul e installazione di missili italiani al confine turco-siriano, i preparativi militari per un intervento in Libia, ecc.). Tanto che il ministro degli Esteri Gentiloni si è dovuto affrettare a smentirlo, sostenendo che l'attacco a Dacca “non è un attacco all'Italia ma alla comunità occidentale”.
Eppure gli stessi toni patriottardi e guerreschi usati nelle dichiarazioni ufficiali del nuovo duce Renzi e di Mattarella dimostrano invece che anche l'Italia è sempre più coinvolta in questa guerra senza uscita. Renzi in conferenza stampa ha chiamato le vittime di Dacca “fratelli d'Italia che sono caduti”, quasi fossero soldati morti sul campo, ha detto che “gli italiani sono colpiti ma non piegati”, e ha proclamato che “i terroristi vogliono strappare la quotidianità della nostra vita, noi abbiamo il dovere di rispondere con ancora più decisione e determinazione in difesa dei nostri valori”. A sua volta il capo dello Stato ha dichiarato che “la barbarie e il terrorismo sono davvero senza confini e il terrorismo con la sua barbarie rappresenta oggi il principale pericolo per il mondo. Occorre un impegno comune di tutti con molta determinazione per sconfiggerlo e riaffermare la prevalenza del valore del rispetto della vita umana, della libertà e della convivenza pacifica nel mondo”.
Bisogna smetterla invece con i proclami di guerra contro il terrorismo che preparano solo ulteriori interventi militari imperialisti e invertire urgentemente la rotta, se si vuole uscire da questa spirale senza fine guerra imperialista-attentati terroristici. Se si vuole veramente spegnere l'incendio che divora il Medio Oriente occorre ritirare tutte le forze e le armi straniere da quella regione e avviare trattative di pace con tutte le parti in causa, anche con lo Stato islamico, che rivendica legittimamente una ridefinizione dei confini e degli equilibri stabiliti arbitrariamente dalle grandi potenze colonialiste dopo la sconfitta dell'impero ottomano.
E l'Italia deve ritirarsi immediatamente dalla guerra allo Stato islamico. Solo così sarà possibile evitare di esporre il nostro Paese e il nostro popolo ad altri attentati e altre stragi come quelle di Istanbul, di Dacca e di Bagdad.
 
 

6 luglio 2016