Ecco la “ricca” Italia di Renzi
4,6 milioni di “poveri assoluti”, 8,3 milioni di “relativi”
I giovani, le donne e gli anziani i più colpiti
Il governo fa l'elemosina

“Il Paese ha svoltato”, “l'Italia è in ripresa”, “alla faccia di gufi e rosiconi”, continua a ripetere come un mantra il nuovo duce Renzi. Ma la realtà è più ostinata di lui, e conferma invece che la crisi che dura dal 2007 non ha ancora toccato il fondo e la povertà continua ad aumentare tra le masse popolari, e ad un ritmo molto più elevato che in tutti gli altri Paesi europei.
Lo ha appena certificato l'Istat nel suo rapporto annuale sui dati dell'anno scorso, rilevando che le persone che vivono sotto la soglia di povertà assoluta sono aumentate di circa mezzo milione, raggiungendo il livello peggiore da dieci anni a questa parte. Si tratta di 4 milioni e 598 mila persone, o detto altrimenti di 1 milione e 582 mila famiglie, pari al 7,6% della popolazione residente. Si pensi che nel 2007 i poveri assoluti erano circa 1 milione e 800 mila, cioè sono quasi triplicati in un decennio. Nel 2014 i poveri assoluti erano poco più di 4 milioni, e rappresentavano il 6,8% della popolazione: quindi tra il 2014 e il 2015, cioè in piena era renziana, nonostante gli 80 euro e le altre cure miracolose vantate dal governo come il Jobs Act, c'è stato un ulteriore e netto impoverimento delle masse popolari.
Essere classificati come poveri assoluti, secondo l'istituto di statistica, significa non essere in grado di acquistare beni essenziali definiti da un paniere variabile per aree geografiche e costo della vita. Ad esempio, per un adulto tra i 18 e i 59 anni e che vive da solo la soglia è di 819 euro mensili in una grande città del Nord, che diventano 734 in un piccolo comune, sempre del Nord, fino ai 552 di un piccolo centro del Sud.
L'aumento della povertà assoluta si registra soprattutto tra le famiglie con quattro componenti (dal 6,7% al 9,5%), in particolare coppie con due figli (dal 5,9% al 8,6%) e tra le famiglie di soli immigrati (dal 23,4% al 28,3%). Gli stranieri sono la fascia di popolazione che paga di più la crisi, come a livello geografico lo è il Mezzogiorno, con il 10% di individui e il 9,1% di famiglie sotto la soglia di povertà assoluta. Tuttavia, se si considerano gli incrementi percentuali del 2015 rispetto al 2014, è il Nord a far registrare il più forte peggioramento della situazione socio-economica: c'è un aumento drammatico della povertà assoluta sia per le persone che per le famiglie, che nel caso di quelle composte solo da stranieri balza dal 24% a ben il 32,1%.
Quel che è peggio è che sta cambiando anche la composizione dei nuovi poveri, che non sono più soltanto i disoccupati, ma ora soprattutto la fascia di persone relativamente anziane tra i 45 e i 54 anni di età, segno che la criminale riduzione degli ammortizzatori sociali decretata da Renzi, Padoan e Poletti contestualmente alla “riforma del lavoro” comincia a far sentire i suoi micidiali effetti. Il rischio di povertà assoluta è aumentato decisamente anche per le famiglie dove la persona di riferimento che lavora è un operaio (dal 9,7% al 11,7%), mentre si conferma che il rischio è minore se il capofamiglia è impiegato, quadro o dirigente, così come se è diplomato o laureato. Anche se, va detto, i casi di persone con titolo di studio e condizione agiata che cadono repentinamente in condizioni di povertà assoluta sono in forte aumento.
Sono i cosiddetti nuovi poveri, che per vari motivi, come la perdita del posto di lavoro, una malattia, una separazione, il fallimento di un'attività, uno sfratto ecc, si trovano a passare direttamente dalla classe media alla povertà assoluta, se non a ritrovarsi addirittura nella condizione di homeless . Secondo la Caritas sono cresciuti di 500 mila unità nell'ultimo anno, una cifra impressionante. Secondo Walter Nanni, responsabile dell'ufficio studi della Caritas, sempre di più sono gli italiani che si rivolgono ai centri dell'organizzazione, tanto da essere triplicati dall'inizio della crisi: “Tra chi si rivolge a noi, dieci anni fa la proporzione tra italiani e stranieri era di uno su dieci, ora sono tre su dieci”.
E' ovvio però che quando si parla di povertà assoluta si parla di livelli praticamente al di sotto della sopravvivenza e che non basta oltrepassare queste soglie per non essere più poveri e cominciare a vivere discretamente. C'è ancora tutta una fascia di popolazione che magari riesce a malapena a sopravvivere sopra la soglia di povertà assoluta ma non ce la fa a tirare avanti decentemente fino alla fine del mese, e si tratta di ben 8 milioni e 307 mila persone, ovvero 2 milioni e 678 mila famiglie, che vivono in condizione di cosiddetta povertà relativa. Intendendo per povertà relativa una soglia, riferita ad una famiglia di due componenti, pari alla spesa media mensile per persona per tutto il Paese. Soglia che nel 2015 era di 1.050,95 euro.
Anche la povertà relativa è aumentata, poiché nel 2014 colpiva il 12,9% della popolazione mentre nel 2015 è salita al 13,7%. E anche qui a soffrirne di più sono i nuclei con capofamiglia operaio (+2,6%), in cerca di occupazione (+5,1%) e con un'età compresa tra i 45 e i 54 anni (+1,7%). Per non parlare del Mezzogiorno, dove rispetto al 2014 la povertà relativa balza dal 29,5% al 38,2% del 2015: ossia, quattro famiglie su dieci nel Meridione vivono in condizioni di povertà relativa. In totale, in Italia, tra povertà assoluta e relativa sono quasi 13 milioni le persone che soffrono pesanti disagi economici.
In questo quadro generale peggiorato da tutti i lati particolarmente critica è la situazione riguardante i minori e le donne. Secondo l'Ong Save the children il numero di bambini in condizioni di povertà assoluta è aumentato ed è arrivato a 1 milione e 131 mila. Ed è in crescita anche il numero di minori e di adolescenti in povertà relativa, calcolati attualmente in 2 milioni e 110 mila. Mentre per quanto riguarda le donne si parla di 2 milioni e 277 mila che vivono in condizioni di assoluta indigenza.
Si tratta di cifre enormi, assolutamente intollerabili nella “ricca” e “avanzata” Italia tanto vantata da Renzi, la terza economia dell'Eurozona. Una situazione scandalosa che la ridicola ed elettoralistica elemosina del “reddito di inclusione” escogitata da Renzi, Padoan e Poletti, con lo stanziamento di un miliardo per il 2017, non potrà certamente scalfire.
 
 
 

27 luglio 2016