30mila licenziamenti alla Volkswagen
23 mila in Germania, il resto in nordamerica e Brasile

 
A fine ottobre i legali della Volkswagen avevano definito con i giudici americani un accordo che prevedeva il pagamento da parte della casa automobilistica di quasi 15 miliardi di dollari per chiudere i contenziosi legati alla vendita negli Usa di quasi 500 mila auto con motori diesel truccati per risultare meno inquinanti. La vicenda emersa nel settembre 2015 aveva portato a una caduta provvisoria delle vendite e macchiato la fedina penale del gruppo automobilistico impegnato nella battaglia per i primi posti nelle vendite di settore coi concorrenti giapponesi e coreani. A un mese di distanza, il 18 novembre, nella sede centrale di Wolfsburg il Germania il Consiglio di sorveglianza approvava il piano predisposto dall'amministratore delegato Matthias Mueller per superare la crisi del cosiddetto dieselgate e rendere ancora più “competitivo” il marchio Volkswagen.
Il piano, o meglio la cura da cavallo varata dai vertici della Volkswagen prevede investimenti di 3,5 miliardi nella ristrutturazione dei siti tedeschi recuperati coi “risparmi” ottenuti dalla diminuzione entro il 2020 di 30 mila addetti, di cui 23 mila in Germania, dei 624 mila addetti in tutto il mondo, di cui 282 mila in Germania. Detto in altri termini il piano è pagato dai lavoratori, finanziato con la riduzione di circa il 5% dei lavoratori del gruppo, del 10% di quelli in Germania.
Secondo l'amministratore delegato di Vw si tratterebbe del “piano di ristrutturazione più importante nella storia della marca Volkswagen”, un piano concordato con i sindacati che dispongono di dieci posti su venti nel Consiglio di sorveglianza, tanto che il responsabile del consiglio di fabbrica partecipava alla conferenza stampa a fianco del top manager e si diceva soddisfatto da un accordo che prevede una riduzione dell'organico ma “senza licenziamenti”, attraverso prepensionamenti, part time e mancato rinnovo dei contratti a termine. Il prepensionamento non è un licenziamento ma gli altri strumenti come il passaggio al part-time dei dipendenti più anziani non è una misura indolore se riduce consistentemente il salario mentre la fine del rapporto di lavoro coi contratti a termine è un licenziamento di fatto.
Il presidente della regione della Bassa Sassonia, per nulla abbagliato dal luminoso futuro illustrato dai vertici aziendali, ha definito l'accordo “una pillola amara” in riferimento ai tagli in Germania che colpiranno soprattutto i 6 stabilimenti nel Land di Wolfsburg anche se la sede nella città è confermata come sito strategico e polo per gli investimenti nelle vetture elettriche e nella digitalizzazione dell'auto. E non ha tutti i torti.
“Ristrutturiamo in modo radicale per essere pronti al grande cambiamento che affronterà il settore dell’auto”, affermava l'amministratore delegato di Vw e snocciolava i vari impegni sottoscritti fra i quali quello di non effettuare licenziamenti in Germania fino al 2025, fino al termine del piano strategico presentato nei mesi scorsi e che prevede investimenti dedicati a nuovi prodotti quali l'auto elettrica e la promessa della creazione di 9 mila nuovi posti di lavoro.
Neanche un mese fa, il 28 ottobre, il capo del personale dichiarava che se con il passaggio all'elettrico la Vw vendesse sempre meno motori a combustione e più auto elettriche l'organico del gruppo sarebbe stato troppo grosso e sarebbero potuti arrivare tagli dei posti di lavoro “a quattro zeri”. “Non si tratta di qualche centinaio di tagli, ma negli anni saranno coinvolti a livello globale un numero per una cifra a quattro zeri” dichiarava il dirigente perché le auto elettriche si compongono di un numero di componenti relativamente basso, quindi per la loro produzione Vw ha bisogno “di meno lavoratori nel lungo termine”. Il responsabile del personale della Vw, impegnato nella trattativa che ha portato all'accordo, poteva esercitare una tattica negoziale e minacciare disastri futuri solo per raccogliere di lì a poco i 23 mila licenziamenti concordati, ma non è detto.
Intanto l'applicazione del cosiddetto “Piano futuro” presentato dai vertici aziendali prevede investimenti di 3,5 miliardi di euro nella ristrutturazione dei siti tedeschi, miliardi più che abbondantemente ricavati dalla riduzione dei costi di 3,7 miliardi di euro, attraverso la riduzione dell'organico. Nonostante che il bilancio della casa automobilistica tedesca nel terzo trimestre del 2016 registrasse un utile pari a 2,3 miliardi di euro.

30 novembre 2016