Le procure di Roma e Genova indagano sulle false certificazioni dei lavori
Mazzette, escort e favori per gli appalti delle “Grandi opere”
Arrestato il figlio dell'ex ragioniere generale dello Stato Monorchio. Indagato il figlio dell'ex ministro PDL dei Trasporti e Infrastrutture Lunardi
Renzi a braccetto coi massimi responsabili sistema di corruzione

Il 26 ottobre due distinte inchieste sulle “Grandi opere” denominate “Amalgama” e “Arka di Noè” coordinate rispettivamente dalle procure di Roma e Genova hanno portato all’arresto di una trentina di persone in tutta Italia con accuse gravi e infamanti che vanno dall'associazione a delinquere alla corruzione, dalla turbativa d’asta fino alla tentata estorsione.
Tra gli arrestati figura fra gli altri Giandomenico Monorchio, imprenditore e figlio dell'ex ragioniere generale dello Stato Andrea. Mentre Giuseppe Lunardi, figlio dell'ex ministro PDL dei Trasporti e delle Infrastrutture, risulta indagato a piede libero.
In manette è finito anche Giampiero De Michelis, direttore dei lavori di una serie di opere pubbliche, e il suo socio in affari Domenico Gallo, imprenditore in odore di 'ndrangheta legato alle cosche di Platì.
Per i Pubblici ministeri (Pm) romani il responsabile dei lavori De Michelis certificava la regolarità delle opere, a prescindere da come venivano eseguite, in cambio di subappalti e forniture a società a lui riferibili. Nel mirino ci sono lavori per oltre 5 milioni di euro.
De Michelis, soprannominato “il mostro” invece di controllare le imprese subappaltatrici (tra cui anche la Rocksoil dell’indagato Lunardi) ometteva i controlli e certificava gli stati di avanzamento dei lavori falsificando le date di consegna o riscrivendoli di sana pianta inserendo condizioni e clausole molto più favorevoli alle ditte.
Emblematico è il caso di Pisa Mover, il general contractor di cui fa parte anche Condotte, per conto delle quali De Michelis ha taroccato i Sal (Stato di avanzamento lavori) inserendovi addirittura opere che non erano nemmeno state ultimate.
In particolare i procuratori aggiunti Michele Prestipino e Paolo Ielo lo accusano di non aver segnalato “le irregolarità nelle forniture di prefabbricati e nell’ingresso nei cantieri di mezzi e materiali non autorizzati”, di essersi “dimenticato” di applicare penali per i ritardi, di aver permesso che venissero montati cordoli costruiti con calcestruzzo scadente e con percentuali di amalgama sbagliate. La sua “cecità” aveva un prezzo: ottenere appalti per aziende (Breakout, Oikodomos, Tecnolab, Mandrocle) riconducibili a lui e a Gallo. Per ottenere la compiacenza e chiudere qualche occhio, giravano anche mazzette e escort.
Tra le opere pubbliche al centro delle inchieste ci sono il Terzo valico del Tav Milano-Genova (del costo di 6,2 miliardi, fine lavori nel 2021 appaltato dalle Ferrovie dello Stato), il macrolotto 6 dell’autostrada A3 Salerno-Reggio Calabria (costata 632 milioni di euro) e la People Mover, che collega l’aeroporto alla stazione di Pisa: tutte “affidate o date in concessione da soggetti pubblici con il sistema del General Contractor”, quello della legge Obiettivo di Berlusconi che permette all’affidatario dell’opera di scegliersi il direttore dei lavori. Secondo l’accusa, “De Michelis faceva fare tutto ciò che volevano alle imprese ma doveva ricevere qualcosa in cambio per restare ‘amici’”.
E di favori De Michelis ne ha fatti e ricevuti tanti a cominciare dall'assunzione di sua figlia Jennifer che lavora come “ingegnere” alla Oikomodos pur non avendo nemmeno il diploma da geometra. “Non voglio fare incazzare nessuno — si lamenta un imprenditore, tale Marchetti, intercettato con Enrico Pagani al momento dell'assunzione — ma lei non ha i requisiti che voi richiedete, c’è scritto che deve essere laureata… non è manco geometra”. La figlia di papà però rimane al suo posto. Perché l’imprenditore grazie alla “cecità” di De Michelis può “finire i suoi 54 milioni di lavori e portare a casa la pagnotta”.
Insomma è lo stesso "Sistema gelatinoso" scoperto dalle inchieste sulle “Grandi opere” della Procura di Firenze nel 2010 messo in piedi dalla banda di Verdini, Bertolaso, Balducci, De Santis e Piscicelli (quello che in un'intercettazione, la notte del terremoto in Abruzzo, rideva pregustando i lauti appalti per la ricostruzione) ma ovviamente con personaggi diversi.
L'indagine dei Pm romani nasce da uno stralcio dell'inchiesta su Mafia Capitale e coinvolge anche quattro soggetti che hanno avuto a che fare con i lavori del Tav ligure e che sono anche destinatari di altrettanti provvedimenti della procura di Genova nell'inchiesta sul Terzo valico. Tra questi anche De Michelis e Gallo arrestati insieme ad altre 12 persone per turbativa d’asta e corruzione su 4 dei 6 lotti del Tav Genova-Milano (per un totale di 324 milioni).
Gli altri due indagati condivisi dalle procure di Roma e Genova sono: Michele Longo, presidente del consorzio Cociv e general contractor del Terzo Valico, e il direttore Ettore Pagani, manager di Salini-Impregilo ed ex responsabile del progetto Ponte sullo Stretto di Messina.
La gigantesca corruttela avveniva tramite la sistematica violazione delle normative di sicurezza, con lavori non fatti a regola d'arte e uso di materiali scadenti primo fra tutti “il cemento che sembrava colla” hanno appurato gli inquirenti durante le indagini.
Una catena criminale alla fine della quale il controllore dei lavori, De Michelis, controllava se stesso.
Dunque niente buste piene soldi, assegni e triangolazioni fra paradisi fiscali per costituire fondi neri. Tutto avveniva in casa con i controllori concussi che chiudevano tutti e due gli occhi durante i controlli dei lavori e i padroni delle grandi ditte appaltatrici corrotti che ricambiavano affidando subappalti a ditte minori riconducibili agli stessi concussori. Tutto condito da una serie di favori di varia natura, assunzioni di parenti e amici degli amici e notti di piacere a sfondo sessuale.

Le responsabilità del PD e del governo
Ed è sintomatico che tutto ciò avveniva sotto gli occhi di amministrazioni, enti, referenti istituzionali e stazioni appaltanti da sempre governate dal PD.
In almeno una occasione però gli investigatori della Guardia di Finanza hanno documentato anche il pagamento di una tangente col vecchio metodo della classica busta gialla piena di banconote che passa di mano in mano. La consegna è avvenuta all'interno di alcuni uffici del Consorzio Cociv, un colosso di cui fanno parte Salini Impregilo, Condotte e Civ che sta realizzando i sei lotti della linea ad Alta Velocità Genova-Milano. Lo scambio della mazzetta è avvenuto tra un dirigente generale del Consorzio e un imprenditore. Su questa base i militari delle Fiamme Gialle hanno eseguito anche una serie di perquisizioni finalizzate all'acquisizione di diversa documentazione in Liguria, Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Emilia Romagna, Toscana, Umbria, Lazio, Molise e Campania.
I pagamenti ai funzionari del Cociv non erano solo in contanti, ma anche in natura con notti a base di sesso con escort come confermano le intercettazioni fra l'imprenditore Marciano Ricci, amministratore di Europea 92, e Giulio Frulloni, funzionario del Cociv. Le notti hard, secondo gli inquirenti, servivano per facilitare l'assegnazione a Europea 92 dei lavori di realizzazione della galleria Vecchie Fornaci.
E pensare che appena un mese fa, il 27 novembre, il nuovo duce Renzi è intervenuto alla festa per i 110 anni del gruppo Impregilo-Salini che si è svolta alla Triennale di Milano con al suo fianco l’amministratore delegato del gruppo, Pietro Salini (più volte citato nelle intercettazioni dell’inchiesta), l’ambasciatore degli Stati Uniti e molti top manager del gruppo, tra cui gli stessi Longo e Pagani. In quella occasione Renzi oltre a tessere le lodi della Impregilo-Salini ha rilanciato in grande stile il progetto del Ponte sulle stretto di Messina e insistito sulla necessità di portare a termine le “Grandi opere” che, come dimostrano le tantissime inchieste giudiziarie degli ultimi anni, non “servono al Paese” ma sono utili solo a riempire le tasche degli imprenditori, dannose per le popolazioni e devastanti per l'ambiente.
“Non accetteremo che si possano spendere 6-7 miliardi per la Torino Lione, 1,2 per la Variante di Valico e poi se facciamo un’infrastruttura al Sud non si può perché rubano. O siamo italiani sempre o siamo italiani mai”, ammoniva con piglio ducesco Renzi qualche settimana fa.
Mentre ora che il bubbone è scoppiato e gli uomini del Ponte sono finiti in galera il nuovo duce cerca di scaricare ogni responsabilità sui suoi predecessori e minimizza: “Mi auguro un processo equo e rapido. Il punto centrale è che non sono le regole che fanno l’uomo ladro. E in ogni caso stiamo parlando di arresti legati a vicende del passato”.
Che imbroglione!
 

30 novembre 2016