Al referendum costituzionale
Strepitosa vittoria del NO
Vince in quasi tutte le regioni
Il SI’ travolto al Sud. Affluenza al 65,5%

Una grande e travolgente vittoria del NO alla controriforma piduista e fascista della Costituzione; un implicito ma inequivocabile monito alla “sinistra”, ma anche alla destra borghese, a mettere fine ai tentativi di stravolgere completamente da destra la Costituzione del ’48; un colpo devastante al nuovo duce Renzi e al suo governo, che infatti è stato costretto ad annunciare le proprie dimissioni, ma anche un pugno nello stomaco al rinnegato Giorgio Napolitano, alla classe dominante borghese, alle lobby economiche e finanziarie italiane e internazionali, alla Confindustria, alla stragrande maggioranza dei media borghesi e di regime che lo hanno sponsorizzato e sostenuto in ogni modo.
Tutto questo e anche altro ha espresso la maggioranza del popolo italiano che il 4 dicembre ha partecipato massicciamente e oltre ogni previsione al referendum costituzionale per bocciare la legge di revisione della Costituzione votata dal governo Renzi. Una vittoria simile a quella antimonarchica conseguita col referendum del ’46. Oggi come allora si è impedito che si arretrasse ulteriormente sul piano dei diritti e delle libertà democratiche borghesi conquistati a caro prezzo dai partigiani e dal nostro popolo con la Resistenza.
Due sono infatti gli elementi di grande significato che rendono così schiacciante il verdetto di questo referendum: l’alta affluenza al voto, col 65,5% (il 68,5% se si considerano solo gli elettori in Italia), e la netta prevalenza del NO col 59,1% pari a 19.419.507 elettori contro i 13.432.208 elettori (40,9%) che hanno votato SI’.
Renzi contava molto anche sul voto degli elettori all’estero (pressati e turlupinati da Renzi attraverso la famigerata lettera inviata come presidente del Consiglio e il tour della ministra Boschi in Sud America) che hanno fatto registrare un’affluenza del 30,7%. Ma questa volta il gap fra il NO e il SI’ è stato talmente ampio che i 722 mila SI’ ottenuti ai seggi esteri (pari al 64,7%) non gli sono bastati per ribaltare il risultato complessivo.

Affluenza inattesa
Il fatto che sia stato raggiunto il quorum in un referendum costituzionale che non lo prevede neanche, e anzi l’abbia ampiamente superato, andando ben oltre la partecipazione ai precedenti due referendum costituzionali, e che ciò sia avvenuto per la prima volta dopo ben 21 anni dall'ultima volta, dimostra che questa partecipazione non è casuale ma le masse hanno capito benissimo la posta in gioco e che la consultazione aveva un valore politico che trascendeva lo stesso quesito referendario.
Ancora una volta la realtà ha fra l’altro dimostrato che l’astensionismo elettorale non è frutto del disinteresse, del qualunquismo e meno che mai di fattori stagionali e umorali. Ma è una scelta voluta e consapevole delle masse, che lo usano o meno a seconda delle situazioni e per esercitare ben determinate opzioni politiche. C’è da dire che anche in questa circostanza una buona fetta di elettorato, specialmente al Sud, ha voluto esprimere con l’astensionismo la propria protesta, il proprio rifiuto e presa di distanze dal governo Renzi, dalle istituzioni borghesi e da tutti i partiti della destra come della “sinistra” borghese, compreso il Movimento 5 stelle. Non è certo un caso che l’unica provincia in tutta Italia dove l’affluenza non raggiunge il 50% è Crotone, una delle province più povere e massacrate del Paese.

Stravince il NO
E poi ci sono i NO che vincono in quasi tutte le regioni italiane. Il record del NO a livello regionale spetta al Sud e alle Isole con percentuali ben oltre la media nazionale: la Sardegna col 72,2%, la Sicilia (71,6%), la Campania (68,5%), la Puglia (67,2%). In tutto il Meridione e le isole il NO è andato oltre la somma dei voti ottenuti alle passate elezioni politiche del 2013 dai partiti che hanno sostenuto il NO.
E pensare che Renzi si era speso molto per accaparrarsi consensi al Sud, e in Sicilia in particolare dove si era recato ben cinque volte negli ultimi sette mesi e dove aveva scelto Palermo come ultima tappa finale della sua campagna referendaria.
Solo in Trentino Alto-Adige, in Emilia-Romagna e in Toscana prevalgono i SI’. Il dato non è omogeneo in tutte le province. In Trentino Alto-Adige il SI’ prevale soltanto per effetto del voto a Bolzano dove raggiunge il 63,7%, mentre a Trento è il NO a prevalere col 54,3%. In Toscana, dove fra i NO e i SI’ ci sono 105 mila voti di differenza, il NO vince comunque a Massa Carrara, la città dei morti sul lavoro nelle cave, col 58,5%, e poi a Grosseto, Lucca e Livorno; in Emilia-Romagna addirittura la differenza fra NO e SI’ è di appena 20 mila voti e il NO prevale comunque a Piacenza, Parma, Ferrara e Rimini. Renzi fra l’altro non passa in altre due regioni cosiddette “rosse”, ossia Umbria e Marche.
Anche per quanto riguarda il voto disaggregato per provincia, il record del NO spetta al Mezzogiorno e alle Isole con in testa Catania (74,6%), Oristano (74%), Cagliari (73,8%), Palermo (72,5%).
Il SI’ ha prevalso in sole 12 province italiane: Bolzano, Reggio Emilia, Modena, Bologna, Ravenna, Forlì-Cesena, Pistoia, Prato, Firenze, Arezzo, Pisa e Siena. A Firenze e provincia il risultato più alto col 57,7%. E non poteva essere che così dal momento che questa provincia è da anni il feudo politico di Renzi. E infatti il SI’ prevale abbastanza nettamente anche nei comuni della Val di Sieve e nel Valdarno superiore dove l’ex premier, nonché la ministra Boschi, tengono famiglia e più forte e capillare è il controllo e l’influenza sull’elettorato PD. Questo rende ancor più encomiabile il coraggio e la determinazione con cui i compagni di Firenze e provincia del PMLI hanno sostenuto e propagandato il NO in queste zone.

Il voto delle periferie e fra i giovani
Differenze significative vi sono fra i risultati nelle grandi città e le rispettive province. In genere infatti la percentuale del NO è più marcata in provincia rispetto ai comuni capoluogo. Questo per effetto della diversa composizione anagrafica e sociale che in genere distinguono i centri cittadini dalle periferie e dai comuni dell’hinterland. È particolarmente evidente a Milano dove prendendo come riferimento l’intera provincia, il NO prevale col 52,6%, mentre nel solo comune capoluogo prevale il SI’, anche se di misura, col 51,1%.
Anche uno studio dell’Istituto Cattaneo sull’analisi socio economica del risultato referendario a Bologna ha evidenziato che il NO ha nettamente prevalso fra le fasce di reddito più basse, fra i giovani e nelle aree più disagiate ed emarginate il che dimostra che il referendum è stata un’occasione per questo elettorato per esprimere il proprio disagio, il proprio malcontento e la propria protesta antigovernative e d’altro canto mette in evidenza la difficoltà, già mostrata nelle ultime elezioni amministrative, che il PD ormai incontra negli strati e nei quartieri operai, popolari e delle periferie urbane.
Non sono dunque bastate la campagna asfissiante e porta a porta dei sostenitori del SI’, la tracimante presenza televisiva di Renzi, i martellanti ricatti e le pressioni sulle presunte catastrofi economiche e finanziarie che sarebbero seguite alla vittoria del NO, le accuse di conservatorismo e di egoismo verso le nuove generazioni a cui il NO avrebbe sbarrato il futuro.
La maggioranza delle elettrici e degli elettori ha capito l’inganno e ha dimostrato una coscienza e una maturità pienamente all’altezza della situazione. Proprio i giovani hanno capito più di altri che dietro la controriforma costituzionale di Renzi c’era la reazione e la conservazione e non il cambiamento e l’hanno sonoramente bocciata.
Secondo diversi sondaggi il NO ha prevalso nettamente fra i giovani. Per “Quorum” il NO ha stravinto con l’81% tra gli elettori di 18-34 anni. Al 67% tra gli elettori di 35-54 anni e scende al 47% con gli elettori di 55 anni e oltre. Simili i risultati per altre analisi secondo cui fra i 18 e 34 anni hanno votato NO il 68%, fra i 35-54 anni il 63% e il 49% fra gli over 54.

I flussi elettorali
Un altro dato su cui riflettere è l’analisi dei flussi elettorali secondo cui Renzi, come era prevedibile ha goduto del consenso di una fetta considerevole di elettori del “centro-destra”. Al contrario, fette a volte anche massicce di elettori PD hanno votato NO.
Secondo l’Istituto Cattaneo che ha preso in esame i flussi elettorali di 11 città, confrontando il risultato referendario con i risultati delle elezioni politiche 2013, nelle città del Nord e del Centro il peso della diaspora degli elettori PD verso il NO varia da un minimo di un quinto (20,3% a Firenze) a un massimo di un terzo (33% a Torino). Al Sud questo peso è in alcuni casi anche maggiore: a Napoli e Palermo più del 40% degli elettori PD ha votato NO.
Al contrario massiccia è stata in alcuni casi la perdita dei consensi dell’allora PDL verso il SI’. A Brescia i berlusconiani favorevoli a Renzi sono il 36,8% e a Bologna superano il 41%, a Firenze addirittura si arriva al 44%. Il che spiega in parte anche il risultato realizzato da Renzi nel capoluogo toscano, culla del sodalizio con l’ex forzista Verdini e con tutta la sua consorteria.
Più fedele al momento risulta l’elettorato del M5S con percentuali che superano il 90%, con solo piccole ma significative eccezioni. Come a Parma del fuoriuscito M5S sindaco Pizzarotti dove il 17,4% degli elettori del 2013 ha contravvenuto all’indicazione di votare NO e si è astenuto al referendum e il 14,9% ha invece votato SI’; e Firenze dove il 21,1% degli elettori del M5S si è astenuto e il 13,9% ha votato SI’.

Le dimissioni di Renzi
Renzi, consapevole della sconfitta senza appello, durante la conferenza stampa indetta poco più di un’ora dopo l’inizio degli scrutini, ha annunciato le proprie dimissioni recitando la parte del “salvatore della patria” incompreso e lasciato solo nella titanica impresa del “cambiamento” e della “rinascita” del Paese. In verità forse nessuno come Renzi ha goduto in questa occasione del consenso e del sostegno incondizionato della classe dominante borghese e di tutti i “poteri forti” che contano a livello nazionale e internazionale.
Non è del tutto credibile che ora Renzi si faccia da parte e rinunci ai suoi ambiziosi e mussoliniani progetti, anche perché settori della classe dominante borghese già lo stanno spingendo apertamente a non abbandonare il campo. Intanto Mattarella per il momento gli ha chiesto di “congelare” le dimissioni fino all’approvazione della legge di stabilità. Vedremo quali saranno i suoi prossimi passi.
Se Renzi al momento giustamente piange, la destra borghese non ha comunque alcun diritto di cantar vittoria. La sua indicazione di votare NO è stata puramente strumentale e non è credibile il suo richiamo alla democrazia e persino alla Costituzione che attraverso i governi Berlusconi (comprensivi anche della Lega Nord) ha contribuito in prima persona a fare a pezzi.
La vittoria del NO è innanzitutto la vittoria degli autentici antifascisti che sono riusciti momentaneamente a sbarrare la strada al completamento del regime neofascista preconizzato dalla P2 e perseguito tenacemente da Gelli, Craxi, Berlusconi e Renzi. Ma occorre non abbassare la guardia. Il PD ha dimostrato ampiamente di non essere affidabile nemmeno sul piano antifascista. E affidabile non lo è nemmeno la minoranza PD schierata per il NO, visto che è capeggiata dall’ex presidente della Bicamerale golpista, D’Alema.

Proseguire la battaglia
La Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI ha rivolto un caloroso ringraziamento ai militanti e ai simpatizzanti del Partito che si sono battuti con grande coraggio e sacrificio per la vittoria del NO esortandoli a proseguire la battaglia per “chiarire le idee alle masse sul carattere, sul significato e sulle implicazioni del risultato del referendum. Soprattutto sull'atteggiamento che bisogna avere di fronte alle varie proposte politiche, spiegando la proposta strategica del socialismo. Diffondendo, in maniera mirata, l'importante e incisivo documento dell'Ufficio politico del Partito”.
In questo documento l’UP del PMLI fra l’altro sostiene che dobbiamo essere consapevoli che “la Costituzione borghese vigente non può essere la linea politica del proletariato e delle masse sfruttate e oppresse poiché essa è concepita per difendere il sistema capitalistico e il potere della borghesia.
Così come non si può contare su un governo borghese diretto dal PD o dal M5S o dal ‘centro-destra’ per risolvere i problemi immediati dei lavoratori, delle masse, delle donne e dei giovani sui piani economici, della libertà e della democrazia. Come dimostra la storia parlamentare e governativa del nostro Paese e del mondo.
Il proletariato e le masse sfruttate e oppresse per far valere i loro diritti e per aprirsi la strada verso una società basata sui loro interessi, in cui non ci siano più sfruttamento e oppressione, disoccupazione e povertà, ingiustizie e disuguaglianze sociali, territoriali e di genere e le classi, possono contare solo sulla lotta di classe.
Questa società ha un solo nome, e si chiama socialismo. In questo momento di grande gioia per la vittoria del NO, per la quale il PMLI ha dato il massimo di se stesso pur nel vergognoso silenzio stampa che l’ha avvolto, noi lo riproponiamo a tutte le elettrici e gli elettori di sinistra, a partire dalle operaie e dagli operai, dalle ragazze e dai ragazzi, come prossima meta da conquistare”.
 
 
 
 

7 dicembre 2016