Lo conferma il secondo Forum Med di Roma
L'imperialismo italiano si propone come centro strategico nel Mediterraneo

 
Nel comunicato del ministero degli Esteri del 3 dicembre che annunciava la chiusura dei lavori a Roma della seconda edizione del Forum MED - Mediterranean Dialogues, l'iniziativa di confronto fra i paesi mediterranei e non solo promossa dallo stesso Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale e dall’ISPI (Istituto per gli Studi di Politica Internazionale), sosteneva che i tre giorni di dibattito, dall'1 al 3 dicembre, hanno fatto di “Roma un vero e proprio 'hub' di riflessione strategica sul Mediterraneo: area non solo di conflitti e crisi ma spazio ricco di potenzialità sulle quali lavorare nella costruzione di un’agenda positiva, che si lasci dietro alle spalle un diffuso pessimismo e torni a ridare centralità alla regione in uno scenario internazionale in continuo mutamento”. Ovvero, ridare l'importanza che merita al Mediterraneo, da non intendere solo come area di crisi, e al centro di esso un punto di riferimento per tutti che sarebbe Roma o meglio le ambizioni egemoni locali dell'imperialismo italiano tirate a lucido, buon ultimo, dal governo Renzi.
Se non fosse stato chiaro, lo spiegava puntigliosamente il presidente emerito della Repubblica e presidente onorario dell'Ispi Giorgio Napolitano, emerito rappresentante dell'imperialismo italiano e delle sue rinate ambizioni egemoniche in proprio o come partner europeo. Chiudendo i lavori dei “Med dialogues” Napolitano affermava che “in questi tre giorni si è parlato molto di crisi, del 'turmoil', ma anche della 'rebirth', o usando una grande parola italiana, del rinascimento della regione mediterranea. Le opportunità e potenzialità della regione sono un campo aperto che solo ora stiamo iniziando a dissodare”. Con una certezza, che a guidare l'operazione deve essere l'Italia. “Questa seconda edizione dei dialoghi del Mediterraneo è stata un successo straordinario – precisava Napolitano - la cui premessa è stato l'impegno dell'Italia per mettere in primo piano la centralità strategica del Mediterraneo. Lo sforzo dell'Italia è stato francamente decisivo per spostare lo sguardo dell'Unione europea verso sud, quando questo si era spostato sul partenariato orientale”. E ora, secondo Napolitano, toccherebbe anzitutto all'imperialismo italiano raccoglierne i frutti.
Alla seconda edizione del Forum MED - Mediterranean Dialogues, hanno partecipato oltre 40 tra Capi di Stato, ministri e vertici delle organizzazioni internazionali, 500 leader del mondo della politica, dell’economia e della finanza, 80 tra think tank e istituzioni internazionali nonché studiosi ed esperti provenienti da circa 55 Paesi, raccontava orgogliosamente il sito dell'ISPI, precisando che il Forum si articolava in tre giornate di incontri su temi come sicurezza comune, lotta al terrorismo, futuro del Medio Oriente, con un focus particolare su Siria e Libia, immigrazione, energia, crescita, ruolo delle donne e dei giovani per il rilancio dell’economia.
Altre tavole rotonde o incontri erano stati organizzati nei due giorni precedenti il Forum fra i quali quella con imprenditori delle due sponde del Mediterraneo, promossa da Confindustria-BusinessMed, una riunione dell’Aspen European Strategy Group, vari incontri tra Mediterranean Energy Regulators e tra esperti di sicurezza col NATO Defence College; una ministeriale sull’energia promossa con la Commissione Europea e una riunione tra i policy planner dei Ministeri degli esteri dell’area; un confronto tra i media internazionali promosso con la RAI e uno tra i rappresentanti dei think tank dell’area e lo Steering Committee del Robert F. Kennedy Human Rights Center. Una serie di incontri denominati Pre-Med, che hanno esteso i temi in discussione a tutto lo scibile umano, confermando secondo l'ISPI l’idea di Roma come “hub”, punto di incontro generale.
Aprendo i lavori del Forum nel pomeriggio dell'1 dicembre il ministro degli Esteri Paolo Gentiloni affermava che occorre “prendere l’impegno tutti insieme ad evitare che il Mediterraneo, il Mare nostrum, diventi il Mare nullius, cioè un luogo in cui nessuno si assume la responsabilità o la corresponsabilità di far fronte alle crisi. La responsabilità di contenere le crisi, di sviluppare un’agenda positiva è comune a tutti i Paesi della regione, ai Paesi europei e a tutti i Paesi del mondo”, Italia in primis. E li chiudeva il 3 dicembre sostenendo che “il Mediterraneo non è un guaio, un condensato di crisi da cui stare alla larga se possibile. Il Mediterraneo è un paradosso geopolitico, è la zona del mondo in cui diversi livelli di tensione si stanno intrecciando ma se riusciamo a governarli ci saranno conseguenze positive in tutto il mondo. Per questo il nostro impegno continua e vi aspettiamo qui a Roma nel dicembre dell'anno prossimo”. Quando Roma tornerà ad essere la “capitale” del Mediterraneo con la terza edizione del Forum Med – Mediterranean Dialogues. I lavori dovevano essere conclusi da un intervento annunciato del primo ministro Renzi che non si è visto, evidentemente impegnato nella battaglia referendaria. Con la caduta del suo governo non è detto che al prossimo round del Forum Med ci sia di nuovo Gentiloni a porgere i saluti da padrone di casa, piuttosto un suo sostituto nella staffetta che sviluppa le ambizioni imperialiste dell'Italia portate avanti indifferentemente da un governo di destra come della “sinistra” borghese.

7 dicembre 2016