Bloccata per ora la costruzione dell'oleodotto in Nord Dakota
Vittoria dei Sioux
Il progetto potrebbe ripartire con l'amministrazione Trump

 
Il sottosegretario dell'esercito per le Costruzioni Civili, Jo-Ellen Darcy, annunciava il 3 dicembre che il corpo dei genieri dell'esercito, che formalmente è proprietario dei terreni interessati nella zona del lago Ohare in Nord Dakota, non autorizzava la costruzione dell'oleodotto sul tracciato previsto dalla società Dakota Access Pipeline e che sarebbe stato definito un nuovo percorso; il progetto originale prevedeva il passaggio a poca distanza dalla riserva indiana dei Sioux di Standing Rock , e sopra i territori sacri già espropriati, contro cui da mesi i nativi americani si stavano battendo. Il progetto era stato fermato dall'amministrazione Obama proprio in seguito alle proteste e solo a un passo dalla fine del mandato è arrivata la decisione del Genio. Il blocco della costruzione dell'oleodotto è una vittoria dei Sioux e del largo movimento che aveva solidarizzato con la loro lotta; una vittoria che potrebbe essere momentanea se la nuova amministrazione Trump ribalterà la decisione, come ha preannunciato. Vorrà dire che la lotta dei Sioux ripartirà di nuovo.
Il progetto denominato “Dakota Access”, dal costo di 3,8 miliardi di dollari, prevede la costruzione già completata al 70% di un oleodotto lungo circa 1.900 chilometri e con una capacità di trasporto di oltre 500 mila barili al giorno; il serpentone di tubi attraversa quattro Stati, North e South Dakota, Iowa e Illinois. Il percorso era stato approvato dall'Esercito americano compresa la parte che attraversava il territorio sottoposto a servitù federale nella zona del Lago Oahe, sotto il quale avrebbe dovuto passare il tubo, a poca distanza dalle terre assegnate ai Sioux.
I leader della comunità denunciavano che l'oleodotto passava a meno di un chilometro fuori dalla riserva ma su alcune aree considerate sacre, sottratte agli Standing Rock negli ultimi 150 anni, che metteva a rischio di inquinamento le acque del fiume, la principale fonte di acqua per gli ottomila abitanti della riserva. Denunciavano che inizialmente l'oleodotto avrebbe dovuto attraversare il fiume a nord della capitale del North Dakota, Bismarck, ma la forte opposizione degli abitanti aveva convinto la società petrolifera Energy transport partners a spostare il tracciato. E davano il via alla protesta contro il progetto.
Una richiesta al tribunale di fermare i lavori era respinta agli inizi dello scorso ottobre dalla corte d'appello locale e il capo David Archambault II aveva annunciato che “la tribù Sioux degli Standing Rock non si ritira dalla lotta. Siamo guidati dalla preghiera e continueremo a combattere per il nostro popolo. Non ci daremo pace finché le nostre terre, il nostro popolo, le acque e i luoghi sacri saranno definitivamente al riparo da questo oleodotto distruttivo”.
La lotta continuava con presidi e accampamenti allestiti sul percorso contestato dell'oleodotto dagli attivisti indiani che tenevano testa alla repressione della polizia. A fine ottobre uno degli accampamenti era preso d’assalto dagli agenti e da contractors privati pagati dalle quattro società petrolifere che sostengono il progetto. Durante l’assalto 141 manifestanti erano arrestati e brutalmente picchiati dagli agenti anche una volta condotti in carcere; una repressione condannata come violazione dei diritti umani persino dagli osservatori delle Nazioni Unite ma non dall'amministrazione Obama e che alimentava un sostegno sempre più largo alla lotta dei Sioux, comprese organizzazioni di soldati in congedo.
La comunità indigena di Standing Rock rafforzava la protesta e alla fine riusciva a far sospendere la costruzione dell'oleodotto sui terreni gestiti dal Genio; una soluzione pilatesca da parte di Obama che ha delegato i responsabili dell'Esercito a venire incontro alle richieste indiane ma che non ha definitivamente bocciato il progetto. La partita infatti non è chiusa e passa al pronunciamento dell'amministrazione Trump dopo il suo insediamento a gennaio alla Casa Bianca, come annunciava il portavoce del transition team del prossimo presidente, Jason Miller. “Trump sostiene la costruzione dell'opera e si riserva di prendere le decisioni più adeguate”, annunciava Miller che precisava che “il suo sostegno per questo progetto non ha nulla a che fare con i suoi investimenti personali e tutto ha a che fare con la promozione di politiche a beneficio tutti gli americani”. Infatti Trump prima di candidarsi aveva comprato azioni della società Energy Transfer Partners che ha sviluppato il progetto e della Phillips 66 che possiede un quarto dell'oleodotto.

7 dicembre 2016