Tragedia a Messina come trent'anni fa a Ravenna
Tre operai morti asfissiati sul traghetto
Aperta un'inchiesta per omicidio colposo e lesioni

Dai cantieri alle officine, dai campi al mare, dalle cave ai porti l'ecatombe di lavoratori sacrificati sull'altare del profitto capitalistico non accenna a placarsi.
L'ultima tragedia si è verificata il 29 novembre a bordo di una nave della Caronte & Tourist, ex Siremar, nel porto di Messina dove tre marinai sono morti e un altro è rimasto gravemente intossicato durante i lavori di manutenzione di una cisterna del traghetto Sansovino, mentre era attraccato al molo San Raineri.
Uno dei marinai è morto sulla banchina, gli altri due all'ospedale Papardo e al Policlinico. Il quarto marittimo è stato ricoverato in condizioni disperate.
Le tre vittime sono Gaetano D'Ambra, secondo ufficiale di coperta di Lipari, Christian Micalizzi, primo ufficiale di Messina; Santo Parisi, operaio di Terrasini. Il marittimo ricoverato in gravi condizioni si chiama Ferdinando Puccio.
Le indagini sull'incidente sono affidate alla Capitaneria di Porto di Messina mentre la procura ha aperto un'inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Giovannella Scaminaci per omicidio colposo e lesioni.
Secondo una prima ricostruzione dei fatti i marittimi sono morti asfissiati a causa delle esalazioni di idrogeno solforato sprigionatesi durante la pulizia del locale sentina della nave. Fatale è stata la cosiddetta “catena di solidarietà”: quando il primo operaio si è sentito male gli altri compagni impegnati nelle operazioni hanno cercato di soccorrerlo e hanno a loro volta inalato i gas letali.
Dai rilievi effettuati dai vigili del fuoco risulta che i lavoratori operavano in condizioni di estrema pericolosità e non indossavano nemmeno le tute, le maschere speciali e non avevano gli strumenti necessari per gli interventi in "spazi confinati". Non solo. Dalle testimonianze raccolte dagli investigatori è emerso un altro elemento inquietante che, probabilmente, porterà a breve i magistrati a emettere i primi avvisi di garanzia. Nella cisterna della morte le vittime non dovevano proprio esserci. Nessuno di loro ricopriva il ruolo di pulizia. Un lavoro che non avrebbero dovuto effettuare.
Una drammatica realtà confermata purtroppo dalle statistiche e dalla tragica conta dei morti e dei feriti che evidenzia come i padroni pensano solo al massimo profitto e non certo alla salute e alla tutela dei lavoratori mandati a morire in ambienti pericolosi senza essere messi nelle migliori condizioni di sicurezza.
Maria Carrara, esperta di sicurezza nei luoghi di lavoro, pone alcuni interrogativi inquietanti: "Prima che gli operai effettuassero le attività nella cisterna sono state realizzate dall’esperto nell’utilizzo delle attrezzature le misurazione sul livello d’ossigeno e sulla concentrazione di gas e sostanze pericolose? Gli operai erano stati formati sugli “spazi confinati” come obbliga il decreto 81 del 2008 sulla sicurezza nei luoghi di lavoro? Inoltre, i lavoratori erano dotati degli indumenti specifici necessari per questo tipo di attività?".
L’esperta aggiunge: "Prima dell’ingresso di un lavoratore in uno “spazio confinato”, come nel caso della cisterna di una nave, è necessario acquisire tutte le informazioni occorrenti sulle caratteristiche dell’ambiente e bisogna effettuare le attività previste come la manutenzione, la bonifica e le ispezioni". I rischi in ambienti del genere sono tanti, sottolinea Maria Carrara: asfissia per mancanza di ossigeno, intossicazione per inalazione o per contatto epidermico di sostanze pericolose per la salute come gas, vapori o fumi, incendio e esplosione. E ancora: caduta dall’alto, inciampo o scivolamento, contatto con parti abrasive o taglienti, urto, colpo o schiacciamento, contatto con parti in movimento, proiezione di parti solide o liquide, contatto con tensione elettrica.
Una tragedia che segue di pochi giorni quello verificatosi nel porto di Salerno (dove un operaio è morto schiacciato da una rampa, ndr) ed è esattamente uguale a quella di quasi trent'anni fa a Ravenna dove, nel marzo dell’87, tredici operai morirono asfissiati nella nave gasiera "Elisabetta Montanari", di proprietà della Mecnavi, mentre stavano effettuando lavori di saldatura.
Oggi come allora le massime cariche istituzionali con alla testa Mattarella, i boss politici e confindustriali piangono lacrime di coccodrillo. Sfilano davanti alle bare e vigliaccamente tentano ancora una volta di scrollarsi di dosso ogni responsabilità promettendo “maggiori tutele, nuove norme e più sicurezza negli ambienti di lavoro”. Invece sono proprio loro i mandanti di questa strage operaia! Sono loro che per soddisfare l'insaziabile sete di profitto dei padroni hanno imposto insieme ai vertici sindacali collaborazionisti l'abolizione di ogni diritto e tutela sindacale e ridotto in schiavitù i lavoratori; hanno siglato accordi capestro che prevedono ritmi di lavoro infernali ben oltre le 8 ore, riducono i controlli e gli investimenti sulla salvaguardia della vita dei lavoratori e permettono più sfruttamento e libertà di licenziamento.

7 dicembre 2016