Approvato il nuovo regolamento con una votazione on-line degli iscritti che non ha raggiunto il quorum
Grillo si blinda monarca assoluto del M5S

Grillo l'aveva annunciata a settembre contestualmente alla decisione di riprendere le redini del M5S come suo “capo politico” assoluto, dopo il caos scoppiato nel movimento per le vicende della giunta Raggi: ad ottobre si sarebbe tenuta una consultazione on-line tra gli iscritti per modificare il “non Statuto” e approvare un nuovo regolamento. La decisione si era resa necessaria per tutelarsi dai ricorsi alla magistratura da parte di iscritti sottoposti a misure disciplinari, come i 23 espulsi dal M5S di Napoli a cui il giudice aveva dato ragione, e più in generale per mettere il movimento in regola con le disposizioni del codice civile per gli Statuti delle associazioni non riconosciute, ma Grillo ne ha approfittato per sancire e blindare anche formalmente il suo ruolo di padre padrone assoluto e indiscusso del movimento.
Per essere legale la votazione doveva coinvolgere almeno il 75% degli iscritti “certificati”, che al 1° gennaio 2016 erano calcolati in 135.023, il che significava ottenere oltre 101 mila voti. Una cifra notevole, considerato che un anno fa, per il cambio del simbolo, i voti espressi furono circa 41 mila e nel 2014, per l'approvazione del Direttorio, furono poco più di 37 mila. Per questo motivo le votazioni on-line sono state tenute aperte per un mese intero, dal 26 settembre al 26 ottobre, periodo durante il quale gli iscritti, gli attivisti e gli eletti del movimento sono stati bombardati da Grillo e Davide Casaleggio con un vero e proprio stalking di sms, e-mail e post sui social network per sollecitare i renitenti e i ritardatari a votare.
Ai votanti si chiedeva di approvare il nuovo regolamento e le relative modifiche formali al “non Statuto” per recepirlo, scegliendo tra due versioni, una comprendente le espulsioni e una solo le sospensioni. Ma in realtà, come vedremo, votando il nuovo regolamento gli iscritti non accettavano solo nuove regole disciplinari e i relativi organi di controllo, atti a tutelare il movimento dai ricorsi giudiziari, ma anche tutta una serie di nuovi poteri e prerogative ad esclusivo appannaggio del “capo politico” del M5S, ossia dello stesso Beppe Grillo.
Ad ogni modo il quorum del 75% non è stato raggiunto, essendosi i partecipanti fermati a quota 87.213, ma Grillo, con un'acrobazia spregiudicata delle sue, lo ha dichiarato raggiunto lo stesso e proclamato in vigore il nuovo regolamento e il nuovo “non Statuto”, perché a suo dire il regolamento prevedeva al suo articolo 2f che il quorum doveva essere di un terzo degli iscritti. Quanto ai prevedibili ricorsi legali degli espulsi contro questa sorta di autoassoluzione, egli ha spiegato con disinvoltura che “i nostri avvocati sono già al lavoro per questo. Processi, burocrazie, codici e codicilli non possono fermarci perché siamo uniti e compatti verso lo stesso obbiettivo”. E anzi si è scrollato di dosso il problema teorizzando addirittura che “il M5s trova difficoltà a essere riconosciuto dalle leggi attuali perché la sua struttura e organizzazione è molto più innovativa e avanzata di quelle regolamentate dai codici. Proprio per questo il nostro caso è destinato a fare giurisprudenza”.
Si sa che il M5S vive su due livelli: uno pubblico, formato dagli iscritti, dagli attivisti e dagli eletti in parlamento e nelle amministrazioni locali, e uno privato, che gli sta sopra, che ha l'esclusiva del simbolo ed è formato solo da Grillo, suo nipote e il suo notaio. Poi c'è la Casaleggio Associati che gestisce il sito e trasmette gli ordini di Grillo e di Davide Casaleggio al movimento e lo tiene sotto stretto controllo. Con il nuovo regolamento questa struttura rigidamente gerarchica viene ulteriormente rafforzata, con l'introduzione di nuovi organi come il collegio dei probiviri per comminare sanzioni ed espulsioni, ma soprattutto la formalizzazione dell'autorità e dei poteri assoluti del “capo politico”.
Già all'articolo 1 si stabilisce per esempio che “la procedura di identificazione ed accettazione viene effettuata dal gestore del sito incaricato dal capo politico del MoVimento 5 Stelle”. Che gli iscritti non possono né rappresentare il movimento né utilizzare il suo simbolo per iniziative “non espressamente autorizzate dal capo politico del MoVimento 5 Stelle”. E che devono rispettare le decisioni dell'assemblea e le votazioni in rete, nonché – è stato aggiunto - “le decisioni assunte dagli altri organi del MoVimento 5 Stelle”.

I poteri pervasivi e assoluti del “capo politico”
E quali sono questi altri organi? “Oltre l’assemblea degli iscritti e il capo politico – recita l'articolo 1 bis aggiunto al vecchio regolamento - sono organi del MoVimento 5 stelle, senza alcuna funzione direttiva o rappresentativa”, il collegio dei probiviri e il comitato di appello. All'assemblea spetta votare in rete su una serie di materie (programmi, candidature, sanzioni disciplinari ecc.), e tra queste anche “eventuali modifiche al non statuto od al presente regolamento proposte dal capo politico”, e in generale da “qualsiasi altro argomento che venga sottoposto dal capo politico”. Cioè è sempre Grillo che propone e gli iscritti sono solo chiamati a ratificare. E comunque, si precisa, le regole relative alle candidature “potranno essere meglio determinate dal capo politico”, e lo stesso capo politico può entro dieci giorni “sottoporre a convalida” le decisioni delle assemblee in ambito territoriale. Così come può chiedere che siano ripetute le votazioni su modifiche al “non Statuto” e al regolamento, e così via.
Sempre al capo politico spetta anche indire l'assemblea mediante votazione in rete per la scelta dei candidati e dei programmi elettorali; per pronunciarsi sulle sanzioni disciplinari in caso egli non sia d'accordo con le decisioni del collegio dei probiviri e del comitato d'appello, e “in ogni altro caso in cui egli lo ritenga opportuno” (sic).
A comminare le sanzioni disciplinari, che vanno dal richiamo, alla sospensione da uno a dodici mesi (la cosiddetta “norma Pizzarotti”, una sospensione lunga abbastanza per impedire al sindaco di Parma di presentarsi alle prossime comunali col simbolo M5S), fino all'espulsione, sono il collegio dei probiviri e in seconda istanza il comitato di appello.
Il primo è una novità introdotta col nuovo regolamento, è composto da tre membri nominati con votazione in rete sempre “su proposta del capo politico” e dura in carica tre anni. È quello che di recente è stato eletto in fretta e furia per sospendere gli indagati per il caso delle firme false a Palermo che non volevano autosospendersi. E proprio il principale indagato, il deputato alla Camera Riccardo Nuti, era stato scelto come candidato a far parte del nuovo organismo disciplinare.
Il comitato di appello esisteva già, ed è composto da Roberta Lombardi, Vito Crimi e Giancarlo Cancellieri. Quest'ultimo è deputato regionale e portavoce siciliano del M5S, candidato alla presidenza dell'Ars per le prossime regionali del 2017, e figura tra gli interrogati dai pm che indagano sul caso firme false. La Lombardi è coinvolta fino al collo nella guerra per bande interna al M5S romano. Di questi tre membri uno è nominato dal consiglio direttivo dell'associazione (cioè da Grillo e Casaleggio), e gli altri due vengono scelti con votazione on-line tra una rosa di cinque candidati proposti dallo stesso direttivo.

Un partito privato comandato da un monarca
E non soltanto i membri del collegio dei probiviri e del comitato d'appello sono proposti e fatti eleggere da Grillo e rispondono direttamente a lui, ma ad ulteriore precauzione un'apposita clausola del regolamento stabilisce che “Il capo politico del MoVimento 5 Stelle, laddove sia in disaccordo con una sanzione irrogata dal collegio dei probiviri o dal comitato d’appello, ha facoltà di annullarla e, ove la sanzione risulti inflitta dal comitato d’appello, può irrogarne una più lieve”. E che in ogni caso lo stesso “capo politico”, se in disaccordo con la sentenza, può “rimettere la decisione ad una votazione in rete di tutti gli iscritti al MoVimento 5 Stelle”, la cui decisione è “definitiva e inappellabile”.
Come si vede con questo nuovo regolamento la presenza e il potere assoluto di Grillo pervadono l'intera struttura direttiva, organizzativa e di controllo del M5S. La sua figura assume le sembianze di un vero e proprio “grande fratello” che è dappertutto e tutto vede, comanda e controlla, e non è invece controllato da nessuno. Anche perché la figura del “capo politico” non è assimilabile a quella di un leader di partito, infatti non è prevista da nessuna parte la sua elezione o la sua sostituzione, ma è imposta a priori e si identifica solo con lui. In questo senso il potere del milionario narcisista e qualunquista, beniamino di forze della destra e della “sinistra” borghese, è ancor più antidemocratico e monarchico di quelli del nuovo duce Renzi e di Berlusconi, i cui partiti hanno degli Statuti che almeno formalmente prevedono un certo grado di controllo sui loro segretari.
Altro che sede di un “confronto democratico al di fuori di legami associativi e partitici e senza la mediazione di organismi direttivi o rappresentativi”, come recita falsamente il “non Statuto”; altro che strumento di “democrazia dal basso”, un cui “un voto vale uno”: il M5S è un partito privato a tutti gli effetti e Grillo ne è il suo padre padrone. Adesso più che mai, con la blindatura formale del suo potere monarchico grazie alla farsa dell'approvazione on-line del nuovo regolamento.
 

14 dicembre 2016