La fondazione di Israele nasce da una “pulizia etnica pianificata” che ha prodotto milioni di rifugiati, occorre quindi “decolonizzare” la Palestina e riportare al centro del dibattito politico internazionale la lotta del popolo palestinese per il rispetto dei propri diritti. Lo ha sostenuto lo storico israeliano Ilan Pappé intervenendo recentemente a Salerno alla rassegna “Femminile Palestinese” dove ha presentato il suo libro “Palestina e Israele: che fare?”, scritto assieme al trotzkista statunitense Noam Chomsky.

Pappé, docente dell’Università di Exeter in Inghilterra e sostenitore della soluzione di un solo Stato in Palestina, denunciava che “nel ventesimo secolo le potenze occidentali hanno pensato di disfarsi degli ebrei portandoli in Palestina. Una soluzione, quella europea, non solo antisemita ma che ha anche leso i diritti della popolazione nativa palestinese”. In Palestina, secondo lo storico, bisogna quindi parlare di colonialismo d’insediamento: le forze sioniste, sostenute dall’Occidente, hanno cacciato via i palestinesi e si presentano ora come i nativi.

Una denuncia importante fuori dal coro unanime imperialista che copre la politica degli imperialisti sionisti di Tel Aviv contro i diritti dei palestinesi.

“Solo quando sarà risolta questa ingiustizia storica si potrà giungere a pacificare l’intera area mediorientale” affermava, sponsorizzando però solo la strada della lotta per i diritti umani e civili dei palestinesi per combattere “le violazioni della dignità umana anche in Siria, Iraq Egitto”.

Per lo storico israeliano neocolonialismo e neoliberismo sono facce della stessa medaglia perché entrambi si mettono sotto i piedi i diritti umani e concludeva sostenendo la lotta dei palestinesi per la libertà della loro terra che va oltre i loro confini nazionali, deve costituire un modello per le classi emarginate sfruttate dal capitalismo di riappropriarsi dei propri diritti e dignità.