L'attuazione della Costituzione può essere la strategia del proletariato e dei sinceri comunisti?

Dopo la vittoria del NO alla controriforma piduista e fascista Renzi-Boschi del Senato sta emergendo, da parte di alcune forze democratiche borghesi che hanno partecipato alla battaglia referendaria, la posizione secondo cui vinta la battaglia per la difesa della Carta costituzionale del 1948 si tratterebbe adesso di continuare questa battaglia per “attuarla” in tutte le sue parti. Posizione che è stata subito sposata anche da certe forze parlamentari e sindacali riformiste e trotzkiste e da certi partiti sedicenti comunisti.
Tra queste forze democratiche spiccano l'Anpi e l'associazione Libertà e Giustizia, che subito dopo il referendum hanno lanciato la proposta per bocca dei loro rispettivi presidenti, quello nazionale Carlo Smuraglia e quello onorario Gustavo Zagrebelsky. Con il primo che in un comunicato scrive che “ora finalmente si potrà pensare ad attuare la Costituzione nei suoi principi e nei suoi valori fondamentali”, e il secondo che in un intervento su “La Repubblica” auspica che la Carta sia rimessa al centro dell'azione “per difenderne l'impianto democratico, per apportare opportuni aggiornamenti di singoli suoi aspetti e, soprattutto, per attuarla nelle molte parti che sono state trascurate”. A queste due voci se ne stanno aggiungendo via via altre di giuristi e costituzionalisti, come hanno già fatto Stefano Rodotà, Gaetano Azzariti e Domenico Gallo. Si ricordi peraltro che l'editoriale del primo numero de “Il Fatto” di Marco Travaglio spiegava significativamente che la linea politca del nuovo quotidiano è la Costituzione, nient'altro che la Costituzione.
In questa scia si sono inseriti altri soggetti legati all'esperienza dei “girotondi”, che sembrano suggerire azioni spontaneiste e movimentiste su quel modello, come Pancho Pardi e la rivista Micromega, che hanno sponsorizzato con entusiasmo lo slogan dell'“attuazione della Costituzione”. Per non parlare dell'ambizioso e narcisista sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, che aspira a essere il leader dei movimenti di protesta sociale che non trovano rappresentanza in parlamento, e che vede in questo fermento del dopo referendum un'occasione ghiotta per presentarsi come l'anti-Renzi capace di guidare l'area di sinistra del NO. È in questo senso che va letta la sua partecipazione in video alla manifestazione di comitati per il NO che si è tenuta il 18 dicembre a Bologna sul tema “Costruiamo l'alternativa”, incentrato proprio sull'attuazione della Costituzione.
Poi ci sono le organizzazioni politiche che hanno adottato tale slogan con l'intento più o meno dichiarato di incanalare l'elettorato di sinistra del fronte del NO in un progetto di “ricostruzione” di una “sinistra” riformista e trotzkista che si collochi a sinistra del PD di Renzi, con la prospettiva di ricostituire, in chiara funzione elettoralistica, un embrione di “centro-sinistra” con la sua minoranza bersaniana e cuperliana, in caso di scissione interna, o magari da estendere eventualmente all'intero PD “derenzizzato”. Va in questa direzione un'iniziativa come quella denominata “Ricominciamo da (no)i”, tenutasi a Roma l'11 dicembre, con la partecipazione tra gli altri di Giorgio Airaudo e Stefano Fassina, sulla base della proposta di “attuare compiutamente la Costituzione” e creare comitati per il Sì all'abrogazione del Jobs Act.

Un'operazione elettoralista e riformista
Intorno a questo progetto si muovono anche elementi riformisti come Maurizio Landini, tra i primi a cavalcare lo slogan dell'applicazione della Costituzione, e Giorgio Cremaschi. E c'è poi lo storico e tra i promotori della Lista Tsipras, Marco Revelli, il quale propone di fare dello slogan “abbiamo difeso la Costituzione, adesso imponiamo di attuarla!”, un programma per trasformare l'area di sinistra del NO “nell'embrione di una rappresentanza elettorale”.
Il mantra dell'attuazione della Costituzione, infine, ha conquistato anche tutta una serie di partiti sedicenti comunisti, che lo hanno subito adottato in una prospettiva elettoralista e parlamentarista. Tra questi c'è Rifondazione comunista, il cui segretario Paolo Ferrero, propone senza mezzi termini ai Comitati per il NO, ai sindacati, alle associazioni e a tutti gli elettori e i partiti di sinistra, di “dare vita ad un soggetto unitario della sinistra antiliberista che si candidi al governo del Paese con l'obiettivo dichiarato di applicare la Costituzione”.
C'è il Partito comunista italiano (PCI), il cui segretario Mario Alboresi, sottolineando che con la vittoria del NO “la sinistra deve e può ritrovare le ragioni dell'unità”, sostiene che “non servono scorciatoie organizzative , serve rimetterne in campo i valori e le politiche e ancorarsi alla Costituzione, battersi per una sua piena e puntuale applicazione”. La stessa proposta, pari pari, avanzata dal trotzkista Andrea Catone della Rete dei comunisti (RdC), per il quale “la lotta per la difesa e attuazione della Costituzione può costituire il terreno comune per l'unità di azione e di lotta delle forze di sinistra, democratiche e antifasciste”.
Stupisce che su questa stessa linea, si trovi anche un oscuro gruppo sedicente “marxista-leninista-maoista”, in parte pubblico e in parte clandestino, che dichiara apertamente di essere l'erede delle “Brigate rosse” ed elettore del M5S a livello nazionale e di De Magistris a Napoli, e che propone un “Governo di blocco popolare” da “imporre” a quella che chiama la “Repubblica pontificia”, cioè allo Stato italiano. A questo scopo si dovrebbe dar vita subito a un “Comitato di salvezza nazionale” per “dare seguito e continuità alla battaglia per l'attuazione della Costituzione”, in cui dovrebbero entrare tutti, dai comitati per il NO al M5S, dai partiti della sinistra riformista e trotzkista (SI, PRC) ai sindaci “democratici” come De Magistris, Raggi e Appendino. Tutto ciò fa pensare a un disegno istituzionale dei servizi segreti per tenere sotto controllo certi settori piccolo-borghesi “ultrasinistri”.

Strategia vecchia e fallimentare
Questo il panorama - come si è visto assai ampio, andando da settori della “sinistra” borghese liberal-democratica fino a partiti e organizzazioni sedicenti comuniste e persino “ultrasinistre” - delle forze che convergono sulla parola d'ordine dell'attuazione della Costituzione. Ma può quest'ultima essere davvero la strategia del proletariato e dei sinceri comunisti? In realtà si tratta di una strategia nient'affatto nuova come si vuol far credere, bensì vecchia, fallimentare e già bocciata dalla storia parlamentare e governativa dal '48 ad oggi. L'attuazione della Costituzione era infatti l'obiettivo strategico della “via italiana al socialismo” sancita da Togliatti nell'VIII Congresso del PCI revisionista, secondo il quale la Carta del '48 rappresentava “l'alfa e l'omega” del suo programma.
Questa linea, che sostituiva la lotta di classe per il socialismo con la “democrazia progressiva” basata sul parlamentarismo e sulla Costituzione, era stata adottata e teorizzata da Togliatti già al tempo della Costituente per mascherare il suo revisionismo, e sarebbe poi sfociata nella sua strategia delle “riforme di struttura” basate sull'attuazione integrale della Costituzione. E non a caso questa stessa strategia viene oggi riesumata con entusiasmo da partiti falso comunisti che si propongono più o meno apertamente di rifondare in Italia il PCI sul modello costruito da Gramsci, Togliatti e Berlinguer. Strategia che, come la storia ha dimostrato, si è rivelata essere un vicolo cieco per il proletariato, un inganno per spegnere le sue potenzialità rivoluzionarie e la sua coscienza di classe e tenerlo ingabbiato nel sistema capitalista.
L'attuazione della Costituzione non può essere la strategia vincente del proletariato e dei sinceri comunisti per cambiare l'Italia e conquistare il socialismo. Non può esserlo né per come la Carta del '48 è nata, né per i suoi contenuti, né per come è diventata oggi. È vero infatti che è nata dall'antifascismo e dalla Resistenza, ma in quanto Costituzione borghese, che sanciva lo Stato borghese, la proprietà privata e l'intangibilità del sistema capitalista. Mentre dell'antifascismo, della Resistenza, dei pur enunciati diritti sociali dei lavoratori e delle masse, accoglieva solo i principi formali, tutti contraddetti nella pratica dalla intoccabilità dello Stato borghese, con le sue intatte articolazioni ereditate dal fascismo, nella magistratura, nelle forze armate, nella polizia, nella scuola, e dall'organizzazione rigidamente capitalista e classista dell'economia e della società.

Una prigione di classe invalicabile
La Costituzione porta cioè un marchio di classe irreversibile, è una gabbia che sancisce e garantisce i rapporti di classe e il dominio della borghesia così come erano usciti dal crollo del fascismo, e nega al proletariato il diritto di rovesciarli per conquistare una nuova società e una nuova Costituzione socialiste. Quindi essa è agli antipodi dei bisogni e degli interessi del proletariato, che aspira a cambiare la società e conquistare il potere per emanciparsi dallo sfruttamento e dall'oppressione del capitalismo. Come avvertiva il compagno Giovanni Scuderi nel Rapporto al 2° Congresso nazionale del PMLI, a proposito della natura di classe della Costituzione, se “la si pone a base della propria politica, più che essere una garanzia di libertà e democrazia finirebbe con l'essere una prigione invalicabile per il proletariato” .
A maggior ragione la Costituzione borghese del 1948 non è utilizzabile, a parte alcuni articoli, dal proletariato oggi, dopo che per decenni è stata fatta a pezzi dal regime neofascista, in particolare dai governi fascisti e piduisti di Craxi, Berlusconi e Renzi, ed è rimasta solo un simulacro ideale per coprire una Costituzione materiale neofascista, presidenzialista, liberista e interventista. Basti anche solo pensare all'esautoramento del parlamento e della magistratura in favore del potere esecutivo, al recepimento nella Costituzione del liberista “fiscal compact” europeo di lacrime e sangue, allo smantellamento sistematico dei diritti e delle conquiste sindacali e sociali dei lavoratori e alla cancellazione di fatto dell'articolo 11, per soddisfare gli appetiti neocolonialisti e la politica estera e militare interventista dell'imperialismo italiano.

No ad una battaglia fuorviante e di retroguardia
L'ultimo esempio di quanto la Carta del '48 sia diventata ormai carta straccia è stato offerto dalla recente crisi di governo, gestita completamente in prima persona dal nuovo duce Renzi con delle vere e proprie consultazioni parallele, imponendo la formazione di un governo fotocopia guidato dal suo prestanome Gentiloni, e avallato senza fiatare da Mattarella in veste di semplice comparsa, anziché in quella istituzionale di “arbitro”.
La vittoria del NO non può perciò diventare un pretesto per resuscitare una Costituzione di classe e ormai ridotta a un colabrodo, né tanto meno una strategia per la sua “attuazione in tutte le sue parti”: strategia revisionista e fallimentare inventata dal partito di Togliatti per mascherare il tradimento della via rivoluzionaria al socialismo, via che ha concluso la sua parabola storica revisionista, riformista e liberale nel partito del nuovo duce Renzi. Chi lo teorizza e lo propone, come le forze che abbiamo menzionato, lo fa solo per imbrigliare la grande spinta di ribellione antifascista e antirenziana espressa dal NO per riportarla nei binari del riformismo, dell'elettoralismo, del parlamentarismo e della copertura a sinistra del regime neofascista. E dello stesso Renzi, che malgrado la batosta subita non ha rinunciato a sognare una rivincita e a soddisfare le sue ambizioni mussoliniane.
La vera alternativa, per il proletariato e i sinceri comunisti, non può essere questa battaglia fuorviante e di retroguardia, ma è la lotta di classe. Solo abbandonando le illusioni elettorali, parlamentari, governative, costituzionali, riformiste e pacifiste, armandosi del marxismo-leninismo-pensiero di Mao e facendo affidamento sulla lotta di classe, si può far sì che la grande spinta democratica e antifascista del referendum non vada dispersa. Ma prosegua nelle lotte immediate per difendere i diritti e le condizioni dei lavoratori e delle masse popolari, e in quella a più lungo termine e strategica, per il proletariato, della conquista del potere politico e del socialismo.

21 dicembre 2016