Bangladesh
I padroni reprimono i lavoratori in lotta per aumenti salariali

 
Almeno 3 mila lavoratori licenziati, numerosi sindacalisti arrestati e minacciati e una serrata delle aziende terminata il 26 dicembre hanno posto fine, al momento, alla protesta dei lavoratori tessili del Bangladesh scesi in sciopero per chiedere aumenti salariali.
Lo protesta dei lavoratori era iniziata il 12 dicembre con lo sciopero alla Windy Apparels Limited, un’azienda di abbigliamento della cintura industriale di Ashulia, alla periferia della capitale Dhaka. Migliaia di lavoratori incrociavano le braccia chiedendo l’aumento del salario minimo per difendere il potere di acquisto a fronte dell’incremento del livello dei prezzi. Nei giorni successivi lo sciopero dilagava nelle altre aziende fino a coinvolgere i lavoratori ddi una sessatina tra le maggiori fabbriche che confezionano vestiario per colossi stranieri, da Zara e H&M a Gap, che erano costrette a congelare la produzione. Nella capitale Dhaka erano oltre 50 mila gli operai scesi in piazza.
I lavoratori denunciavano che lo stipendio minimo intorno ai 5-6 mila taka, poco più di 60 euro al mese fissato dopo la contrattazione di tre anni fa non bastava più a colmare la crescita dell'inflazione e chiedevano un aumento degli stipendi almeno fino a 15 mila taka mensili, circa 180 euro.
La Bangladesh Garment Manufacturers and Exporters Association (Bgmea), l’associazione di settore dei padroni tessili apriva le trattative con i delegati sindacali ma opponeva un netto rifiuto all'aumento del salario minimo.
Il 21 dicembre un centinaio di lavoratori della Windy Apparels Limited erano licenziati con un inammissibile atto pubblico, con la lista con i loro nomi, definiti “piantagrane” dalla direzione della Windy Apparel, affissa sul cancello d’ingresso della fabbrica. La produzione però rimaneva bloccata in molti stabilimenti e più volte i cortei dei lavoratori bloccavano l’autostrada Dhaka-Tangail. E Solo l'arresto di sindacalisti, la serrata padronale e la minaccia di licenzimenti mettevano fine allo sciopero.
Il Bangladesh, dietro la Cina, è il secondo esportatore di vestiti al mondo e l'industria tessile copre oltre il 10% del Pil nazionale; nel paese ci sono circa 4.500 fabbriche dove sono occupati 2 milioni di lavoratori e almeno altri 4 milioni nell'indotto, oltre il 70% dei quali sono donne. Gli operai del settore vengono supersfruttati, trattati alla stregua di schiavi e costretti a lavorare in condizioni di scarsa sicurezza. Come la tragedia dell'aprile del 2013 nel distetto di Savar dove il crollo del complesso industriale del Rana Plaza causò la morte di 1.100 lavoratori.

11 gennaio 2017