Per appalti truccati e soffiate alla Consip
Indagato Lotti, braccio destro di Renzi
Indagato anche il comandante dei carabinieri Del Sette

Dal 23 dicembre Luca Lotti, braccio destro di Renzi, già sottosegretario alla Presidenza del consiglio, attuale ministro allo sport e aspirante alla delega sui servizi segreti con Gentiloni, è ufficialmente indagato per rivelazione di segreto e favoreggiamento nell’ambito dell’indagine avviata dalla Procura di Napoli sulla corruzione in Consip, la centrale acquisti della pubblica amministrazione italiana controllata direttamente dal ministero per l'Economia.
Il fascicolo contenente le ipotesi di reato sulle fughe di notizie è stato stralciato dal filone principale sulla corruzione (che vede indagati Alfredo Romeo e il dirigente della Consip Marco Gasparri) ed è finito a Roma per competenza territoriale nelle mani del procuratore Giuseppe Pignatone.
A inguiarlo sono state le dichiarazioni del suo amico Luigi Marroni. L’ex assessore alla sanità della Regione Toscana, promosso da Renzi a capo della Consip, il quale durante il suo interrogatorio come persona informata dei fatti, lo ha tirato in ballo insieme al comandante generale dell’Arma dei carabinieri Tullio Del Sette e al generale dei carabinieri Emanuele Saltalamacchia, comandante della Legione Toscana, entrambi indagati per gli stessi reati.
Il 17 dicembre i carabinieri del Noe e i finanzieri del Nucleo di polizia tributaria di Napoli hanno perquisito gli uffici di via Isonzo per acquisire i documenti in Consip per l’inchiesta relativa al più grande appalto in corso in Europa, il facility management 4, una torta enorme da 2,7 miliardi di euro divisa in lotti, tre dei quali prossimi a finire anche alle società di Alfredo Romeo. Lo stesso giorno i Pm Henry John Woodcock, Celeste Carrano ed Enrica Parascandolo convocano in procura l’ad Marroni il quale, messo sotto pressione dagli inquirenti, comincia a vuotare il sacco.
Riferisce di avere saputo dell’indagine dal presidente di Consip Luigi Ferrara che a sua volta era stato informato dal comandante Tullio Del Sette. Poi aggiunge altri nomi. I più importanti sono quello di Lotti e del generale Saltalamacchia che lo avrebbero messo in guardia dall’indagine in corso proprio in nome della grande amicizia che li lega a Matteo Renzi e alla sua famiglia a cominciare dal papà dell'ex premier Tiziano Renzi già in passato invischiato in diverse altre inchieste giudiziarie a Genova.
Saltalamacchia (nomen omen) infatti è stimatissimo da Renzi che lo ha conosciuto da sindaco quando era comandante provinciale a Firenze ed era in corsa per diventare numero due dei Servizi segreti Aisi.
L’indagine vede al centro Alfredo Romeo, potente e ricchissimo costruttore napoletano di origini casertane, finanziatore nel 2012 della Fondazione di Matteo Renzi. L’inchiesta però riguarda anche un imprenditore 33enne di Scandicci di nome Carlo Russo. Russo, secondo quanto risulta agli atti è in stretti rapporti con Romeo e ha incontrato sia l’amministratore di Consip Marroni sia papà Renzi. Proprio il suo ottimo rapporto con il babbo dell’allora premier potrebbe avere indotto l’amministratore di Consip a incontrarlo e indotto gli inquirenti ad approfondire le indagini sugli inquietanti retroscena che si celano dietro il Consip.
Non solo; dai primi di gennaio Romeo risulta indagato anche per concorso esterno alla camorra in riferimento all'appalto per le pulizie all'ospedale Cardarelli di Napoli.
La Romeo Gestioni Spa, come sottolineano in una nota gli stessi legali del boss casertano, ha contratti d'appalto con oltre 200 amministrazioni pubbliche sul territorio nazionale fra le quali spiccano la Presidenza della Repubblica, il Senato della Repubblica, la Corte Costituzionale, la Presidenza del Consiglio, i Palazzi di Giustizia di Roma e Napoli, nonché gli uffici della Dda a Roma.
Ex militante del PCI napoletano, oggi Romeo è il boss di un gruppo che conta 138 commesse pubbliche in tutta Italia.
Romeo assurge agli “onori” della cronaca giudiziaria nel 2008 per l'inchiesta sulla Global Service, la società che doveva gestire i servizi del Comune di Napoli e che invece finì sotto inchiesta della magistratura tanto che nel 2010 Romeo stesso fu condannato per corruzione a 3 anni (sentenza poi annullata in Cassazione).
Una assoluzione scandalosa specie se si pensa che nel corso dell'ultimo decennio Romeo ha finanziato quasi tutti i boss politici, le cosche parlamentari e le fondazioni ad esse associate a cominciare dalle renziane Isvafim e Open foraggiate con 60 mila euro. 230 mila euro li ha dati anche al comitato di Nicola Zingaretti presidente della Provincia di Roma e oggi governatore del Lazio; 30 mila euro al comitato elettorale del fascista Gianni Alemanno; 50 mila al diessino Goffredo Bettini; 98 mila ai Ds; 10 mila alla fedarazione milanese di An.

11 gennaio 2017