Primo incontro tra i due governanti imperialisti alla Casa Bianca
Asse imperialista tra Trump e May
Vogliono guidare il mondo e distruggere lo Stato islamico
Trump e Putin si accordano per combattere assieme lo Stato islamico

Nello stesso giorno in cui Donald Trump firmava un decreto per “iniziare una grande ricostruzione delle forze armate”, destinando ancora più risorse per marina e aeronautica militari, e contemporaneamente un altro per bloccare l'accesso negli Usa di cittadini provenienti da sette Stati a maggioranza islamica definiti “a rischio terrorismo”, Theresa May è sbarcata a Washington per rafforzare la “relazione speciale” storica tra la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.
La premier britannica – primo capo di Stato straniero a far visita al neo presidente americano – si presentava infatti a Trump non solo quale leader del paese che con la Brexit ha rotto i legami con l'invisa Unione europea, ma anche dopo aver appena annunciato l'intenzione della Gran Bretagna di riacquistare la sua piena libertà di grande potenza imperialista come nel passato, dotata di una sua politica estera, commerciale e militare autonoma, e dedita d'ora in poi a ricercare solo accordi bilaterali nel suo esclusivo interesse nazionale, a cominciare appunto dal rinsaldare l'asse di ferro storico con la superpotenza Usa.
Presentandosi con queste credenziali, perciò, l'intesa col nuovo inquilino della Casa Bianca non poteva essere più perfetta su quasi tutti i punti in agenda, tanto che è stata unanimemente paragonata a quella tra la Thatcher e Reagan. Sicuramente l'asse di ferro tra i due governanti imperialisti si propone oggettivamente come l'embrione di una internazionale nera - grazie anche alla Brexit e all'indebolimento della Ue, definita sprezzantemente da Trump “una consorteria” di lenti burocrati - per unire le forze razziste e fasciste e guidare insieme il mondo. Non a caso i due si sono fatti fotografare davanti al busto di Churchill fatto rimettere nella sala ovale da Trump, e hanno esaltato la “relazione speciale” tra i due paesi che “è stata una delle grandi forze della storia per la giustizia e la pace”.

“La priorità è la lotta all'IS”
La Brexit, ha detto Trump, “è una benedizione per il mondo” e sarà “una cosa fantastica”, e gli Stati Uniti oggi “rinnovano lo stretto legame militare, finanziario, culturale e politico” col Regno Unito. In particolare “abbiamo discusso come potenziare insieme la lotta all'Isis”, ha detto a sua volta la premier britannica, sottolineando come la lotta al “terrorismo” e la distruzione dello Stato islamico siano in cima all'intesa tra i due governi. Quanto al problema dell'uso della tortura, che Trump vuole ripristinare, e che la May aveva invece escluso perché proibita dalle leggi britanniche, il presidente Usa l'ha liquidato delegando la decisione al capo del Pentagono, il generale James “cane pazzo” Mattis, e tanto è bastato alla premier inglese per lasciar cadere l'argomento. Così come, per quanto riguarda il banditesco decreto contro gli immigrati islamici firmato lo stesso giorno dell'incontro, la May ha fatto finta di averlo saputo solo al suo ritorno a Londra.
Riguardo ai soli due punti veramente controversi, la Nato e i rapporti con la Russia di Putin, i due hanno fatto in modo di smussare al massimo i differenti punti di vista. Sulla Nato, che Trump aveva definito un'organizzazione “obsoleta”, la May ha parlato a nome di tutti e due, dichiarando che il presidente americano “mi ha confermato che è al cento per cento a favore e siamo uniti nel riconoscimento dell'Alleanza atlantica come baluardo della difesa europea”, anche se è necessario che tutti gli Stati membri “rafforzino il loro contributo finanziario”.
Quanto alla Russia la premier ha rimarcato che “le sanzioni devono restare in vigore, fino a quando gli accordi di Minsk non saranno applicati”. Mentre Trump, che l'indomani aveva in agenda la prima telefonata con Putin, è stato più vago, dicendo che “se andassimo d'accordo, ad esempio nella lotta all'Isis, sarebbe un vantaggio. Non so se accadrà, magari no, ma prima devo parlarci”. E difatti nella telefonata i due si sono trovati d'accordo sulla necessità di “dare priorità alla lotta al terrorismo” e per creare un “reale coordinamento contro lo Stato islamico”; e prima di salutarsi hanno anche convenuto di “riprendere i legami economici”, il che metterebbe quantomeno in dubbio il mantenimento delle sanzioni invocato invece dalla May. L'allentamento delle sanzioni per l'Ucraina e la ripresa dei rapporti Usa-Russia sarebbe la contropartita della comune guerra allo Stato islamico in Siria, dove Putin si è impiantato stabilmente e intende spartirsi il territorio con Usa e Turchia per condurre insieme l'attacco finale alle roccaforti dell'IS.

La nuova internazionale fascista di Trump
Ma al di là di queste differenze tattiche non c'è dubbio che il vertice Trump-May abbia inaugurato un'alleanza strategica che va ben oltre i comuni sentimenti nazionalistici, protezionistici e cosiddetti “populistici” che vengono loro attribuiti. Stando al corrispondente dagli Usa de La Repubblica , Federico Rampini, il 27 gennaio a Washington “è nata la nuova internazionale populista. Ha la sua dottrina: nazionalista, anti-europea, perfino... 'operaista'. La visita di Theresa May alla Casa Bianca è il battesimo ufficiale”. Niente di più riduttivo e falso! Semmai è nata la nuova internazionale fascista, e Trump ne ha preso decisamente in mano la guida, con il rivitalizzato imperialismo inglese a fargli da spalla.
Altro che “populista”, Trump è un miliardario capitalista e un fascista, e quella che si è realizzata negli Stati Uniti con la sua ascesa elettorale al potere è una dittatura fascista in piena regola. Infatti egli concentra nelle sue mani il potere esecutivo e quello legislativo, avendo il suo partito la maggioranza in Congresso e in Senato. E con la recente nomina a vita del reazionario Neil Gorsuch a giudice della Corte suprema controlla adesso anche il potere giudiziario: la sedicente separazione dei poteri è stata definitivamente denudata per quella che è, e il presidente assume di conseguenza i poteri di un vero e proprio dittatore. Del resto basta guardare la raffica di provvedimenti e decreti antipopolari, fascisti, razzisti e antislamici firmati in pochi giorni dalla sua elezione per rendersene conto.
L'avvento di Trump segna anche una nuova fase dei rapporti internazionali, caratterizzata dal declino della superpotenza americana e dall'ascesa della superpotenza cinese, declino a cui l'imperialismo a stelle e strisce cerca di reagire con Trump facendo la voce grossa e mostrandosi più aggressivo che mai: “Fare di nuovo grande l'America” è infatti il suo slogan, che suona come un'ammissione di non essere più la superpotenza egemone incontrastata di inizio secolo, e al tempo stesso come un bellicoso proposito di rivincita.

Aumentano i pericoli di guerra imperialista
Quella di Trump è tutt'altro che una politica “isolazionistica” e di difesa, bensì aggressiva e che cerca di rimontare le posizioni perdute. È in questa ottica che vanno lette le sue prime mosse internazionali: tra cui la telefonata alla presidente di Taiwan in spregio al principio di “una sola Cina”; il muro al confine col Messico; l'appoggio totale al governo nazi-sionista di Israele e alla sua politica di annessione dei territori palestinesi; le minacce di rompere l'accordo antinucleare con l'Iran; l'incoraggiamento al riarmo del Giappone e della Corea del Sud; gli attacchi commerciali e politici alla Ue, e in particolare alla Germania; la recente minaccia di inviare la flotta da guerra nelle acque cinesi, e così via.
Segnali aggressivi che il governo socialimperialista di Pechino interpreta infatti come minacce di guerra intensificando a sua volta i preparativi e le manovre militari. Mai il pericolo di una guerra imperialista tra la superpotenza cinese in ascesa e quella americana, decisa a non farsi spodestare dal suo ruolo egemone a livello mondiale, era stato così forte e ravvicinato come adesso.

8 febbraio 2017