“La sicurezza conta più del profitto”
Strage di Viareggio: 7 anni a Moretti. Il Pm ne aveva chiesti 16
I familiari delle 32 vittime in aula con lo striscione: “No alla prescrizione”. L'ex patron di Rfi deve dimettersi
“Sistema ferroviario insicuro”

La strage ferroviaria di Viareggio che il 29 giugno 2009 costò la vita a 32 persone e scatenò l'inferno lungo via Ponchielli con decine di feriti che ancora oggi portano sul corpo i segni delle gravissime ustioni e delle inenarrabili sofferenze subite non è da imputare a “uno spiacevolissimo episodio” come ha provocatoriamente ripetuto in tutti questi anni l'ex ad di Fs Mauro Moretti, ma è la diretta conseguenza di “sistema ferroviario insicuro” il cui vertice, in nome del massimo profitto, non ha mai mosso un dito per cercare di risolvere “inadempienze e omissioni” e mettere in sicurezza l'intera rete.
Lo ha stabilito la sentenza di primo grado del Tribunale di Lucca che, oltre a sancire le responsabilità di Rfi (che si occupa delle infrastrutture) e Trenitalia (che si occupa della gestione del servizio e quindi dei treni), il 31 gennaio ha condannato a vario titolo per disastro colposo, incendio colposo, omicidio plurimo colposo e lesioni gravissime 23 imputati su 33 inquisiti.
Su tutti spicca il nome di Mauro Moretti, attuale ad di Finmeccanica-Leonardo, ex ad Ferrovie dello Stato, ex ad Rfi, condannato a soli 7 anni, meno della metà dei 16 anni chiesti dalla pubblica accusa. Insieme a lui anche Mario Michele Elia, ad di Rfi, ex responsabile Armamento e Direzione tecnica Rfi (più di recente ex ad del Gruppo Ferrovie), condannato a 7 anni e 6 mesi a fronte di una richiesta di 15 anni. Quindi Vincenzo Soprano, ex ad Trenitalia, ex ad FS Logistica, condannato a 7 anni e 6 mesi (richiesta: 8 anni). Salvatore Andronico, responsabile sicurezza Trenitalia Cargo, condannato a 6 anni (i Pm avevano chiesto 9 anni). Mario Castaldo - direttore Divisione Cargo, ex ad di Cargo Chemical, condannato a 7 anni
(richiesta: 9 anni).
La corte ha stabilito che quella notte sui binari di Rete ferroviaria italiana circolava un treno merci mal revisionato, carico di gpl e altre sostanze pericolose, lanciato a gran velocità lungo le rotaie che attraversano Viareggio, e tante altre città italiane, completamente sprovviste di qualsiasi sistema di controllo e sicurezza dei convogli.
Le indagini rivelarono che il treno deragliò e si rovesciò sui binari per la rottura di un assile incrinato e pieno di ruggine che non venne sostituito durante la revisione. Dopo il deragliamento una delle 14 cisterne piene di gpl esplose trasformando l'intero quartiere intorno alla stazione in un inferno di fuoco.
Per questo motivo altri 6 anni di carcere a testa sono stati inflitti a Giovanni Costa, responsabile divisione tecnica Rfi; Giorgio Di Marco, ex responsabile direzione tecnica Rfi; Francesco Favo, ex responsabile della struttura di Certificazione sicurezza imprese ferroviarie e dell'Istituto sperimentale della Direzione tecnica di Rfi; Alvaro Fumi, responsabile Istituto sperimentale della Direzione tecnica Rfi.
Pene tra i 6 anni e 6 mesi e i 9 anni e sei mesi sono state inflitte anche a Daniele Gobbi Frattini, Responsabile tecnico Cima riparazioni; Uwe Koennecke, responsabile Officina Jungenthal; Rainer Kogelheide, ad Gatx Rail Germania; Uwe Kriebel, operatore addetto alla verifica ad ultrasuoni dell'Officina Jungenthal; Joachim Lehmann, supervisore e responsabile esami non distruttivi presso Officina Jungenthal; Peter Linowski, responsabile sistema manutenzione Gatx Rail; Emilio Maestrini, ex responsabile direzione ingegneria, sicurezza e qualità di sistema di Trenitalia; Johannes Mansbart, amministratore delegato Gatx Rail Austria; Giulio Margarita, ex direttore Sistema gestione sicurezza circolazione treni ed esercizio ferroviario della Direzione tecnica di Rfi; Enzo Marzilli, responsabile struttura direzione norme, standard, sviluppo e omologazione Rfi; Roman Mayer, responsabile manutenzione flotta carri merci Gatx Rail Austria; Giuseppe Pacchioni, ex direttore generale Cima Riparazioni; Paolo Pizzadini, capo commessa settore carri e responsabile tecnico del reparto sale di Cima Riparazioni; Andreas Schroeter, supervisore esami non distruttivi eseguiti da Kriebel nell'Officina Jungenthal e Helmut Broedel, responsabile officina sale di Jungenthal.
A inchiodarli le oltre 95 mila pagine che compongono l'impianto accusatorio firmato dall’allora procuratore Aldo Cicala e dai suoi sostituti che mettono a nudo le scarsissime misure di sicurezza adottate da Rfi nella circolazione delle merci pericolose lungo i binari italiani.
Il tribunale ha dato loro ragione e ai due Pm Giuseppe Amodeo e Salvatore Giannino che tra l'altro hanno ricordato come il processo ha accertato che c’era un progetto per dotare i carri merci del rilevatore “anti svio”. Ma quel rilevatore, che solo oggi Trenitalia sta sperimentando, costava troppo per “Il settore merci pericolose che non faceva vetrina, non era strategico. Era l’alta velocità che consentiva apparizioni brillanti. Era altro che interessava”.
I familiari delle vittime si sono presentati in aula con le foto dei loro cari stampate sulle magliette e uno striscione con su scritto “No alla prescrizione per Viareggio”. Infatti dopo sette anni, sette mesi e due giorni, la prescrizione per alcuni reati è molto vicina e i condannati per incendio e lesioni colpose e rischiano di farla franca. Al Processo d'Appello forse resteranno in piedi solo le accuse di disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo.
Subito dopo la sentenza l'associazione dei familiari delle vittime di Viareggio hanno stilato un documento in cui chiedono le dimissioni di tutti coloro che sono stati condannati nel processo di primo grado, e che hanno tuttora incarichi pubblici in società delle Ferrovie dello Stato o in altre partecipate statali con alla testa Moretti.
“A poche ore dalla lettura del dispositivo – scrivono i familiari delle vittime – possiamo dire che il sistema ferroviario del trasporto merci pericolose, tanto in Italia quanto in Europa, è stato riconosciuto responsabile”. Ma la battaglia andrà avanti: “Chiederemo il ricorso in appello: il lavoro della procura va valorizzato. Una valutazione definitiva potremo darla solo dopo la lettura delle motivazioni della sentenza. Ma useremo tutte le nostre forze nel ricorso in appello, affinché la qualità di questa sentenza corrisponda alle richieste quantitative e qualitative della procura di Lucca”.
Di fronte all'imminente prescrizione di alcuni reati, l’associazione “Chiede a chi è imputato, se non si sente colpevole, la rinuncia alla prescrizione e di farsi giudicare in appello”.
Quanto al commento di Armando D’Apote, difensore di Moretti che subito dopo la sentenza ha avuto la barbara faccia tosta di affermare che si tratta di una “sentenza scandalosa... frutto del populismo” i familiari delle vittime hanno aggiunto che: “Riteniamo offensive le dichiarazioni dell’avvocato. Ed è moralmente inaccettabile che dopo una condanna di primo grado Mauro Moretti sia ancora a guidare un’azienda di Stato. Ne chiediamo le dimissioni, e che sia tolto a Moretti il titolo di Cavaliere”.
Richieste che di fatto sono già state rispedite al mittente dal Guardasigilli Andrea Orlando e premier Gentiloni che al momento non hanno alcuna intenzione né di mettere mano alla prescrizione né di mandare a casa Moretti difeso a spada tratta da quasi tutte le cosche parlamentari a cominciare dalla maggioranza di governo.
Dell'ex dirigente nazionale della CGIL venduto anima e corpo al capitalismo, le masse viareggine conservano a futura memoria il ricordo delle sprezzanti parole che Moretti ebbe la sfrontatezza di pronunciare il giorno dopo la strage in Comune: “Ferrovie non ha nessuna responsabilità nell'incidente e per questo l’assicurazione non è tenuta a sborsare un euro”. E poi quelle del 3 luglio, durante l'audizione al Senato, quando Moretti rincarò la dose affermando: “Vi prego di considerare che quest’anno, per la sicurezza – a parte questo spiacevolissimo episodio di Viareggio – abbiamo ulteriormente migliorato: siamo i primi in Europa”.
Trentadue morti e decine di vittime, famiglie e case distrutte, considerate uno “spiacevolissimo episodio”.
Ecco come ha fatto Moretti a rimettere a posto i conti delle Ferrovie: speculando sulla vita e sul sangue dei lavoratori e delle masse polari.
Non a caso, a meno di un anno dalla strage, il 31 maggio 2010, invece di finire i suoi giorni in galera, è stato addirittura nominato Cavaliere da Giorgio Napolitano, lo stesso presidente della Repubblica che il 7 luglio 2009 venne in città a piangere lacrime di coccodrillo durante i funerali di Stato celebrati allo stadio. E poi premiato da Renzi che il 15 maggio 2014 gli affida la carica di amministratore delegato e direttore generale di Finmeccanica-Leonardo S.p.A.
Che Vergogna!

8 febbraio 2017