Al vertice informale di Malta
L'UE vuole blindare la rotta migratoria del Mediterraneo centrale
Alla marina libica il compito di intercettare i barconi e rimandarli indietro

 
Gli argomenti più importanti del vertice informale di Malta del 3 febbraio, presieduto dal presidente del Consiglio europeo il polacco Donald Tusk, erano certamente quelli della sessione pomeridiana dove i 27 paesi dell'Unione europea (Ue) hanno continuato la discussione, avviata nel precedente incontro di Bratislava, sul futuro della potenza imperialista europea nell'era del dopo Brexit e delle novità della presidenza Trump alla Casa Bianca; una discussione che si dovrebbe concludere entro il vertice del 25 marzo in Italia in occasione della celebrazione del 60esimo anniversario dei trattati di Roma. Nella riunione mattutina a 28, con la presenza della britannica Theresa May, hanno discusso degli “aspetti esterni della migrazione” in relazione soprattutto a come “affrontare la rotta del Mediterraneo centrale”. O meglio di come tentare di chiudere la rotta dei flussi migratori che passano dal Mediterraneo centrale sulla via libica.
Uno strumento per tentare di sigillare la rotta del Mediterraneo centrale è certamente quello degli accordi bilaterali come quello firmato il 2 febbraio a Roma da Fayez Al Serraj, capo del Governo di Riconciliazione Nazionale dello Stato di Libia ovvero il governo fantoccio sponsorizzato dall'Italia e dall'Onu, e dal presidente del consiglio italiano Paolo Gentiloni.
Il “Memorandum d'intesa sulla cooperazione nel campo dello sviluppo, del contrasto all'immigrazione illegale”, come afferma il primo rigo del documento, riporta tra le altre “la ferma determinazione (di Italia e Libia, ndr) di cooperare per individuare soluzioni urgenti alla questione dei migranti clandestini che attraversano la Libia per recarsi in Europa via mare, attraverso la predisposizione dei campi di accoglienza temporanei in Libia, sotto l’esclusivo controllo del Ministero dell’Interno libico, in attesa del rimpatrio o del rientro volontario nei paesi di origine, lavorando al tempo stesso affinché i paesi di origine accettino i propri cittadini ovvero sottoscrivendo con questi paesi accordi in merito”.
Da subito le Parti si impegnano tra le altre a “avviare iniziative di cooperazione in conformità con i programmi e le attività adottati dal Consiglio Presidenziale e dal Governo di Accordo Nazionale dello Stato della Libia, con riferimento al sostegno alle istituzioni di sicurezza e militari al fine di arginare i flussi di migranti illegali” e in particolare “la parte italiana si impegna a fornire supporto tecnico e tecnologico agli organismi libici incaricati della lotta contro l'immigrazione clandestina, e che sono rappresentati dalla guardia di frontiera e dalla guardia costiera del Ministero della Difesa, e dagli organi e dipartimenti competenti presso il Ministero dell'Interno”.
Un Gentiloni gongolante ha portato l'accordo al vertice di Malta e incassato gli elogi dei partner imperialisti. Al contrario Carlotta Sami, la portavoce in Sud Europa dell'agenzia Onu per i rifugiati (Unhcr) affermava che “siamo contrari all'accordo. L'Europa vorrebbe replicare il modello messo in atto con la Turchia, ma è una follia, perché la Libia non è un Paese sicuro. Non è certo questo, l'impegno che ci aspettiamo" e denunciava che il documento parla di "migranti illegali" mentre “in realtà buona parte di coloro che fuggono avrebbe diritto alla protezione internazionale. Nel 2016 il 38% dei richiedenti asilo l'ha ottenuta. Cercare protezione non è illegale, ma anzi è un diritto, e ignorare la cosa significa venir meno alle proprie responsabilità di accoglienza”; quello che fa la Ue alzando muri contro migranti e profughi.
L'intesa Italia-Libia è infatti in linea con il vergognoso accordo stipulato a suo tempo col fascista turco Erdogan, pagato fior di milioni di euro affinché si accollasse il compito di fermare il flusso dei profughi dai paesi mediorientali lungo il corridoio balcanico. E in linea col piano europeo presentato il 25 gennaio a Bruxelles dalla Commissione europea e dall’Alta rappresentante della politica estera Ue, Federica Mogherini. Nel caso della Libia i soldi destinati all'impresa dalla Ue ancora non sono tanti ma d'altra parte anche il governo fantoccio di Tripoli è in grado di operare solo su una parte molto ridotta del territorio nazionale; la marina libica si è assunta comunque il compito di intercettare i barconi e rimandarli indietro. E riconsegnare i migranti ai trafficanti di esseri umani che controllano la gan parte dei lager del paese.
“La Libia non è sicura non rimandate indietro i migranti”, chiedeva l'Onu in un documento messo a punto dall’ufficio dell’Alto commissario per i diritti umani a dicembre dello scorso anno dal titolo significativo: “Detenuti e disumanizzati, rapporto sulle violazioni dei diritti umani dei migranti in Libia”. Una denuncia confermata recentemente dai responsabili di Medici senza Frontiere e dall'Unhcr.
A Malta i 27 hanno ignorato qualsiasi obiezione e hanno tirato dritto pensando al futuro della Ue imperialista avendo a monito un passaggio della lettera che il presidente Donald Tusk aveva inviato ai 27 capi di Stato o di governo dell'UE prima del vertice; “la disintegrazione dell'Unione europea - affermava Tusk - non comporterà il ripristino di una mitica, piena sovranità degli Stati membri, bensì la loro dipendenza reale ed effettiva dalle grandi superpotenze: gli Stati Uniti, la Russia e la Cina. Solo insieme possiamo essere pienamente indipendenti”. O meglio concorrenti imperialisti a pari titolo.

8 febbraio 2017