15 mila manifestanti contro il raduno dei fascisti e xenofobi
Napoli antifascista in piazza
La polizia e i carabinieri di Gentiloni, Minniti e Pinotti caricano i manifestanti. Battaglia di strada per cacciare il fascio-leghista Salvini
I marxisti-leninisti partenopei in prima linea con la bandiera del Partito

Redazione di Napoli
Una delle più combattive manifestazioni antifasciste e antirazziste degli ultimi anni si è svolta a Napoli sabato 11 marzo dal titolo chiarissimo “Mai con Salvini”, un segno tangente ed inequivocabile dell’opposizione alla venuta del leader fascio-leghista tesa a fare il suo squallido comizio presso la sala della Mostra d’Oltremare, nel quartiere Fuorigrota, concessa dalle istituzioni nazionali e locali in camicia nera.

L'occupazione della sala della mostra d'Oltremare da parte degli antifascisti
La settimana che ha preceduto il corteo è stata rovente di polemiche ed iniziative da parte degli antifascisti napoletani raccolti nella “Rete antifascista napoletana” con la partecipazione di decine di partiti, associazioni, comitati pronti a sbarrare la strada a Salvini e ai suoi provocatori; fin dalle prima battute anche i marxisti-leninisti hanno annunciato la loro presenza al corteo del’11 marzo, mentre la Redazione di Napoli de “Il Bolscevico” ha seguito passo dopo passo l’evolversi degli avvenimenti.
Salvini anticipava la sua venuta a Napoli mercoledì 8 marzo nella prima mattinata su invito del quotidiano dei capitalisti Caltagirone “Il Mattino”. La sua intervista “esclusiva” realizzata sotto la regia del direttore Alessandro Barbano ha offerto al caporione fascio-leghista una tribuna per vomitare su centri sociali chiamati “zecche” e per giustificare il suo opportunistico dietrofront sui napoletani (“nel 2009 ho sbagliato a dire che puzzavano e che erano terremotati”) e sul fatto che addirittura “Napoli è casa mia”. Inutile dire che neanche una parola concreta per il Mezzogiorno è stata detta nello stile fascista che appartiene al capofila dei razzisti. L'incontro è stato contestato dagli antifascisti e ci sono stati momenti di tensione all’esterno del quotidiano di regime, all’altezza di via Chiatamone a due passi dal “lungomare liberato”; l'ingresso del giornale è stato di fatto presidiato dai poliziotti di Minniti in assetto antisommossa. Un cronista stava riprendendo la protesta con il telefonino, quando è stato prelevato dagli agenti e identificato. Il giornalista riferisce anche di essere stato colpito con un manganello sulla mano: “Voglio sporgere denuncia - ha riferito ai colleghi - stavo facendo riprese e non stavo protestando, mi sono qualificato senza essere ascoltato”.
Già lunedì 6 marzo l’aria si faceva tesa in ordine alla concessione o meno della sala della Mostra che vedeva la giunta De Magistris – attesa la proprietà pubblica al 70% - negare il plesso su spinta della base arancione contraria alla presenza di Salvini in città. Non era dello stesso avviso il governo Gentiloni e soprattutto il nuovo ministro dell’Interno Marco Minniti che, coprendosi dietro l’art. 21 della Costituzione, facevano leva sulla “libertà di manifestare il proprio pensiero” per dare voce all’eurodeputato fascista e razzista e quindi facendo pressioni prima su De Magistris e poi direttamente sulla Prefettura partenopea. Dopo alcuni tentennamenti, il prefetto Carmela Pagano concedeva la sala a Salvini su diktat di Minniti il 9 marzo. Nella mattinata di venerdì 10 marzo alcune decine di manifestanti aderenti alla “Rete antifascista napoletana” e i giovani dei centri sociali occupavano la sala congressi della Mostra d'Oltremare, esponendo cartelli e urlato slogan contro il leader della Lega. De Magistris, dopo aver accostato le dichiarazioni di Salvini all’antimeridionalismo e alla apologia del fascismo, correggeva il tiro: “Noi non limitiamo la libertà di espressione di Salvini ma bisogna stare attenti a chi fa apologia del fascismo che in Italia è un reato. Il governo attraverso la Prefettura oggi si prenderà le chiavi della Mostra d'Oltremare per accogliere Salvini, avremmo preferito un’altra location, privata”. Da registrare la presenza dei marxisti-leninisti che, una volta saputa dell’occupazione, si radunavano fuori la Mostra assieme ad altri antifascisti a dare coraggio e sostegno agli occupanti.

Il diktat fascista di Minniti
L’occupazione degli antifascisti e degli antirazzisti partenopei sortiva il suo effetto e, rifiutato l’incontro con il prefetto Pagano, incassavano dal presidente della Mostra D’Oltremare, Donatella Chiodo, l’annuncio della volontà di rescindere il contratto con Matteo Salvini. “La nostra - spiegava Chiodo -, non è una decisione politica. Oggi gli allestimenti della Fiera dronistica, già preventivata, sono stati bloccati. Avevamo evidenziato questa criticità, la nostra preoccupazione era che non si bloccasse la Mostra D’Oltremare, come è successo oggi”. Decisione logistica per i dirigenti della Mostra ma che diventa immediatamente una vittoria politica per i manifestanti, che si riversano in strada, lasciano la Mostra intonando cori contro la Lega Nord e annunciando che la manifestazione prevista per il giorno successivo, si sarebbe regolarmente svolta. Neanche un’ora dopo la fine dell’occupazione, infatti, dal Viminale partiva una comunicazione destinata a inasprire i toni della contestazione: Marco Minniti dava “precise disposizioni al prefetto di Napoli perché assicurasse il diritto costituzionalmente garantito dell’onorevole Salvini a tenere la manifestazione programmata nel capoluogo campano”. Annullata dunque la volontà della Mostra D’Oltremare di rescindere il contratto firmato con il partito del leader del Carroccio, con i vertici della Mostra e De Magistris incapaci ad opporsi al diktat di Gentiloni e Minniti.

15 mila assediano Salvini e la sua teppaglia
Sabato 11 marzo, nel primo pomeriggio, intorno alle 14, si presentavano da tutta la Campania - e anche da fuori regione – 15 mila manifestanti antifascisti e antirazzisti che invadevano pacificamente la città intonando cori e slogan contro la teppaglia fascio-leghista si Matteo Salvini e della Lega. Era probabilmente dai tempi dei grandi cortei operai dell’ex-Italsider che non si vedeva il quartiere Fuorigrotta che, storicamente ha sempre avuto una forte connotazione antifascista, invaso da decine di migliaia di giovani, operai, precari, disoccupati, pronti a sbarrare la strada a Salvini e i suoi sgherri. La manifestazione era accompagnata da un caldo e soleggiato pomeriggio e partiva con un presidio presso piazza Sannazzaro, a pochi passi dalla targa dedicata a giovane Claudio Miccoli, ucciso di fascisti nel 1978. Verso le 14,30 il corteo partiva alla volta di Fuorigrotta superando la galleria che collega Piedigrotta a viale Augusto. Presenti i centri sociali napoletani, come “Officina 99”, “Laboratorio occupato Ska”, “Insurgencia”, “Iskra” (che denunciava Salvini come “fascio-leghista”) collettivi universitari e studenteschi, i “sindacati di base” Usb e Slai Cobas, migliaia di migranti, il PRC, DeMa (il nuovo movimento politico di De Magistris) e il PC di Rizzo. Presente anche la Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI guidata dal compagno Andrea Cannata che ha sventolato la bandiera del Partito e indossato le magliette rosse con il nostro simbolo falce e martello ed effigie di Mao, al collo i foulard rossi. Cartelli e striscioni riportavano per lo più “Salvini vattene” “via Salvini da Napoli”, fino alla ironica trovata di alcuni manifestanti che si presentavano con una ruspa decorata da un cartello con un immaginario foglio di “via dal sud” dedicato al leader della Lega. I leader storici dei centri sociali, Mario Avoletta e Alfonso De Vito dal megafono richiamavano la storia delle Gloriose Quattro Giornate di Napoli invitando i presenti ad emulare partigiani e scugnizzi partenopei che nel 1943 liberarono Napoli dal mostro nazifascista. In piazza, per manifestare il dissenso, erano presenti anche i consiglieri comunali di maggioranza Pietro Rinaldi ed Eleonora De Majo, l'assessore ai giovani con delega alla polizia municipale Alessandra Clemente, il presidente della III Municipalità Ivo Poggiani e la moglie del sindaco de Magistris. Assente De Magistris, nonostante la base arancione si aspettasse la sua presenza dopo i proclami antiSalvini dei giorni scorsi.

Le cariche delle “forze dell'ordine” e la resistenza antifascista del corteo
Il corteo percorreva viale Augusto e raggiungeva lo Stadio San Paolo fiancheggiando l’Università “Federico II”, facoltà di Ingegneria. Qui i manifestanti trovavano, a ridosso dell’ingresso della Mostra d’Oltremare, un massiccio spiegamento delle “forze dell’ordine” in assetto antisommossa posizionatosi su ogni lato della piazza, a delimitare una sorta di “zona rossa” stile Napoli 2001. Impressionante la tenuta antisommossa corredata da svariate camionette accompagnate da un mezzo provvisto di idrante. I partecipanti si avvicinavano all’ingresso del plesso chiedendo di consegnare simbolicamente un “foglio di via” da Napoli per Salvini; nemmeno un minuto e le “forze dell’ordine” dei ministri Minniti e Pinotti si scatenavano in cariche proditorie, selvagge e a freddo, sparando all’impazzata sui manifestanti i lacrimogeni ad altezza d’uomo assieme all’utilizzo di idranti, cercando di accerchiare il corteo, caricandolo da ogni lato e manganellando anche chi era sul ciglio della strada, sino all’inseguimento del corteo per circa due chilometri verso viale Giulio Cesare. Oriana racconta: “Ci hanno impedito l'accesso alla via che portava alla mostra d'oltremare. Ci hanno fatto ripiegare e sospinti a via leopardi. Le vie laterali erano inibite dalla presenza di polizia e carabinieri pronti a caricare mentre caricavano con lacrimogeni e manganelli da via leopardi, impedendoci di fatto una via di fuga. Si chiama democrazia all'italiana. La nostra era una manifestazione autorizzata”.
I manifestanti non ci stavano a questa aggressione e respingevano colpo su colpo le cariche delle “forze dell’ordine” che proseguivano la loro repressione con una vera e propria caccia all’uomo terminata con quattro arresti, due rilasciati la sera stessa e altri due trattenuti nelle celle della questura di via Medina in attesa del processo per direttissima che si terrà lunedì mattina. Sono Luigi, attivista dei disoccupati 7 novembre e Carmine, attivista impegnato nel recupero dell’ex carcere Filangieri, oggi centro sociale “Scugnizzo liberato”, fermato con violenza, insultato e percosso da numerosi celerini quando era già a terra immobile. I compagni partenopei hanno subito espresso la totale e ferma solidarietà a feriti, fermati ed arrestati.
Dopo mezz’ora di autentica battaglia di strada, verso le 17, il corteo ritornava nuovamente a piazza Sannazaro terminando con slogan contro la discriminazione territoriale e la xenofobia, con la delegazione della Cellula “Vesuvio Rosso”, la cui presenza è stata molto apprezzata dai presenti, orgogliosa di aver partecipato a questa giornata di lotta sventolando la nostra bandiera anche nei momenti di alta tensione, ribadendo con forza e determinazione accanto alle masse che Napoli è ,
e resterà per sempre, città Medaglia d’Oro al valore per la Resistenza.

La solidarietà a Salvini di De Luca, Renzi, Minniti e del M5S
Non si smentiscono mai i servi del capitalismo tutti a correre in favore del fascio-leghista Salvini e del suo provocatorio comizio, primi fra tutti il neoduce Renzi che dal palco del Lingotto ha sferrato un vile attacco agli antifascisti col solito ritornello che “la violenza non è mai giustificata” e “solidarietà con le forze dell’ordine senza se e senza ma”. Alla canea neofascista non si sono sottratti nemmeno i giornali e le tv del regime neofascista cominciando da “Il Mattino” e “Sky Tg24”, praticamente due megafoni a favore di Salvini, che hanno ripreso fedelmente, come cani da guardia, le solidarietà che mano mano venivano espresse nei confronti del comiziante leghista. Quasi immediata quella del governatore De Luca che apriva il suo intervento al Lingotto dando la solidarietà a Salvini “perché ha diritto a parlare dove e come crede, il diritto di parola è il diritto alla libertà”. Non mancava anche l’intervento fotocopia di Minniti che con piglio ducesco allargava la solidarietà alle “forze dell’ordine” sottolineando che sotto il suo mandato non sarebbero più successe cose del genere (“In democrazia c’è un confine non valicabile: la violenza”).
Davanti agli attacchi del PD al sindaco De Magistris e alle parole di Bassolino, “I centri sociali hanno fatto i centri sociali, lui non ha fatto il sindaco”, l’ex pm non si smentiva e opportunisticamente faceva dietrofront: “non sto con i violenti, mai. Io sto con Napoli” affermava domenica 12 all’indomani della bellissima giornata di lotta antifascista. A differenza sua noi marxisti-leninisti salutiamo la giornata dell'11 marzo e invitiamo gli antifascisti e gli antirazzisti a non abbassare la testa dinanzi alle provocazioni delle istituzioni in camicia nera e a sbarrare la strada a qualsiasi gruppo o formazione nazista, fascista e razzista come è la Lega di Salvini e dei suoi lacchè campani.

15 marzo 2017