Contestata la ministra Fedeli alla Sapienza
Solidarietà agli studenti caricati, no agli arresti! Respingere la violenza governativa rilanciando la lotta contro la “Buona scuola” e per l'università pubblica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti

L'avvicendamento di Gentiloni al governo per tenere calda la poltrona a Renzi è stata anche l'occasione per sostituire il ministro dell'Istruzione: come si sa, l'ormai impresentabile Stefania Giannini, screditata per via dell'odiata “Buona scuola”, è stata rimpiazzata da Valeria Fedeli, da spacciare mediaticamente come il volto nuovo dopo i disastri precedenti. Peccato che la Fedeli non abbia cambiato una virgola sulla “Buona scuola” e anzi abbia tirato diritto sui decreti attuativi. Cambiare tutto per non cambiare niente, si potrebbe dire, e se ne sono resi conto le studentesse e gli studenti romani che martedì 14 marzo l'hanno contestata con forza all'Università “La Sapienza” della capitale.
L'occasione era un convegno organizzato dall'associazione “TreeLLLe” per presentare lo studio “Dopo la riforma: università italiana, università europea?”. Oltre all'attuale ministra, erano presenti anche l'ex titolare dell'istruzione d'epoca berlusconiana, Mariastella Gelmini, e il presidente dell'Anvur (l'organo di valutazione della ricerca), Andrea Graziosi. Insomma avevano ragione da vendere i collettivi studenteschi a indire la protesta per “contestare i responsabili di un'università distrutta”.
“10 miliardi di tagli, blocco del turnover, precarizzazione della ricerca, aziende private nei Cda delle università” erano fra i motivi della mobilitazione degli studenti, dietro striscioni come: “Si studia e si lavora sempre sotto ricatto. Basta, è tempo di riscatto: fuori i ministri dalla Sapienza”.
Dopo un breve corteo nella cittadella universitaria, gli studenti in protesta hanno provato a entrare nella sala dove si stava svolgendo il convegno. Qui hanno subito le cariche delle “forze dell'ordine” presenti in assetto antisommossa. Ben 40 studenti sono stati fermati e identificati e ora rischiano l'arresto. La protesta è poi proseguita con un'assemblea per decidere come portare avanti la lotta.
Sprezzante la Fedeli, che “propone” agli studenti di prendere un “appuntamento”, e lo stesso rettore Eugenio Gaudio, il quale in un'intervista alla “Repubblica” del 16 marzo afferma che non ha intenzione di trattare con altri se non con i rappresentanti studenteschi negli organi collegiali. Ossia solo con chi accetta di stare alle regole del gioco imposte dal governo e dalle autorità accademiche.

Dopo la riforma: università azienda è allo sfascio
Lo stesso studio presentato al convegno dà paradossalmente ragione proprio agli studenti! Basta sfogliarne le pagine, leggerne i dati e consultarne le tabelle per trovarsi di fronte all'ennesima certificazione dello sfascio dell'università pubblica italiana, sempre più azienda e sempre più privata, con un sistema di diritto allo studio sempre più inesistente e iniquo.
Un dato su tutti. Nello studio si legge che “le risorse, costituite dai proventi dell'apposita tassa regionale pagata da tutti gli studenti, dalle risorse statali e da quelle regionali, si rivelano cronicamente insufficienti a coprire l'intero numero degli idonei”. In altre parole, le borse di studio stanziate non sono sufficienti per tutti quelli che ne avrebbero diritto.
Se nelle regioni del Nord la copertura degli idonei si aggira fra l'84 e il 94%, nel Sud crolla al 62,1%, fino ad un misero 45,9% nelle Isole. Complessivamente, chi ottiene effettivamente la borsa è appena il 76,5% di chi ne avrebbe diritto; parliamo di oltre 38mila “idonei non beneficiari”.
Questa disparità territoriale, che riguarda anche la qualità dell'istruzione in generale, fa sì che il numero degli studenti che si sposta dagli atenei del Sud a quelli del Centro-Nord sia passato al 17% (12% nelle Isole) del 2008 al 24% (25%) del 2015. Con una netta preferenza per le università del Nord piuttosto che del Centro.
La grave situazione va imputata soprattutto alla riforma Gelmini, ma i successivi governi di Monti, Letta, Renzi e Gentiloni sono parimenti responsabili visto che non hanno mosso un dito per invertire la tendenza ma hanno sempre rivendicato continuità. Infatti lo studio stesso, tanto apprezzato dalla Fedeli, che soluzione propone? Un'università più “autonoma”, “competitiva” e “imprenditiva” (sic!), che deve attirare “stakeholder” (investitori privati) e “dotarsi di modelli di governance propri delle organizzazioni complesse” cioè delle imprese. In parole povere: aziendalizzazione.

Rilanciare la lotta contro la repressione, per l'università pubblica
Agli studenti caricati va la solidarietà del PMLI e chiediamo con forza che non si proceda a ulteriori misure repressive verso i fermati. Se dovesse esserci un solo arrestato, le studentesse e gli studenti hanno tutto il diritto di occupare la “Sapienza” fino ad ottenerne il rilascio!
È intollerabile che anche un singolo studente venga arrestato per avere osato protestare. Oggi però è la norma rispondere alle lotte con il manganello, da Roma a Bologna a Napoli. A dimostrazione che siamo da tempo in un regime neofascista, che ha cambiato forme e vessilli ma non la sostanza.
Per reagire alla repressione, fermare i distruttori dell'università e strappare conquiste reali per l'istruzione pubblica, non c'è altra strada che mettere in campo una vasta, combattiva e unitaria mobilitazione studentesca per l'università pubblica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti.

22 marzo 2017