Viva la Giornata Internazionale dei Lavoratori
Teniamo alta la bandiera del 1° Maggio

di Andrea Cammilli*
Viva il 1° Maggio! Viva le lavoratrici e i lavoratori! Celebriamo questa Ricorrenza in maniera militante mantenendo il suo spirito originario di classe. Una Ricorrenza proletaria istituita inizialmente per chiedere la giornata lavorativa di 8 ore, ma che ben presto si fece carico di tante altre rivendicazioni sociali e politiche.
A lanciare l'idea fu il congresso della Seconda Internazionale (il coordinamento dei partiti del movimento operaio dei vari Paesi), riunito nel 1889 a Parigi che stabilì di organizzare una manifestazione dove i lavoratori si sarebbero mobilitati simultaneamente in tutti i Paesi del mondo. Era nata la Giornata Internazionale dei Lavoratori e la scelta cadde sul 1° Maggio perché in quella data, tre anni prima, nel 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago negli Usa, era stata repressa nel sangue dalla polizia al servizio della borghesia e del capitale. Questa Giornata ha quindi delle origini che affondano nella storia del movimento operaio internazionale e nella sua lotta contro lo sfruttamento capitalistico e per l'emancipazione sociale. Difatti nell'Urss di Lenin e Stalin e nella Cina di Mao veniva celebrata con orgoglio e grande mobilitazione delle masse.
Non è un caso che Hitler e Mussolini, una volta saliti al potere, abolirono il Primo Maggio: il duce lo sostituì con la “festa del lavoro” che univa artificiosamente operai e padroni secondo i dettami del corporativismo fascista. Come non è un caso che esattamente 70 anni fa fu scelto questo giorno per compiere la prima strage di Stato a Portella della Ginestra in Sicilia dove i fucili di Salvatore Giuliano trucidarono i manifestanti con le bandiere rosse che festeggiavano il Primo Maggio. Giuliano non era un semplice “bandito”, ma un terrorista al soldo della destra reazionaria, della mafia e dell'imperialismo americano che intendevano impaurire il popolo italiano, provocare le masse e il PCI, pronti a scatenare un colpo di Stato fascista in caso di reazione.

Attualità del Primo Maggio
In Italia in tempi più recenti ci sono stati vari tentativi di eliminare il Primo Maggio, alcune volte con metodi diretti, altre con sistemi più subdoli. Berlusconi quando era al governo, prima ha cercato di trasformarlo in festa corporativa, in seguito ha provato ripetutamente ad abolirlo perfino dal calendario (assieme al 25 Aprile). Il suo discepolo Renzi, attuale segretario del PD, quando era sindaco di Firenze autorizzò e incitò gli esercizi commerciali a rimanere aperti il Primo Maggio col pretesto del turismo (costringendo i dipendenti a lavorare) e istituì la “notte bianca” cittadina la sera prima per dare fastidio alla Giornata Internazionale dei Lavoratori.
Le motivazioni che stanno all'origine di questa data rimangono tutt'ora valide, alla faccia di chi vuole abolirla o di chi ne vuole stravolgere il significato. Si sono rivelate false quelle teorie che davano per certa la fine della classe operaia soppiantata dall'automazione, che prospettavano un mondo dove le contraddizioni di classe si sarebbero annacquate fin quasi a scomparire, di chi salutava la fine della “Guerra Fredda” tra USA e URSS come l'inizio di un'era di pace, di chi propagandava la globalizzazione capitalistica come un'estensione della democrazia e del benessere e di chi sosteneva addirittura la “fine della storia” intesa come fine dello sviluppo umano nella società capitalistica. Nonostante le profonde trasformazioni tecnologiche la classe operaia è tutt'altro che scomparsa, le contraddizioni di classe e le diseguaglianze sono aumentate, scontri armati si moltiplicano in tutto il globo e un pugno di Paesi imperialisti vuole dominare tutti gli altri confermando che stiamo vivendo tutt'ora l'epoca dell'imperialismo ben descritta da Lenin, mentre il capitalismo dispensa ancor più di prima fame, violenza, guerra, inquinamento.
Sono decenni che delocalizzazioni, dismissioni e subappalti, privatizzazioni dei servizi pubblici, delle utilità e delle infrastrutture sociali, rapina di beni e risorse, accompagnate dal costante attacco ai diritti e alle condizioni economiche e sociali delle classi più povere caratterizzano la forma neoliberale che il capitalismo ha assunto quando la fase espansiva è terminata ed è iniziata la stagnazione economica. In tutta Europa, che al governo vi fosse la destra oppure la “sinistra” borghese è stata attuata la stessa politica di compressione dei salari, flessibilità della forza lavoro, tagli alla spesa pubblica, ci si è preoccupati di salvaguardare i profitti dei capitalisti che, nonostante la crisi, sono aumentati, concedendo loro perfino innumerevoli benefici e sgravi fiscali.
Anche in Italia abbiamo assistito al completo stravolgimento del mondo del lavoro, dalle tipologie contrattuali alle relazioni industriali e sindacali che si erano consolidate nel dopoguerra attraverso una lunga serie di controriforme: dal protocollo del 23 luglio 1993 sulla politica dei redditi che legava i salari ai profitti delle imprese, al Pacchetto Treu del 1997 che introdusse la flessibilità e le agenzie interinali, la Legge Biagi del 2003 che apportò nuovi contratti precari, con le innumerevoli controriforme pensionistiche, a partire da quella Dini del 1995. L'ultima crisi economica e finanziaria che dura da quasi 10 anni ha accelerato questo processo e la borghesia ha risposto come sempre: scaricandola completamente sulle spalle dei lavoratori e delle masse popolari. Con le “riforme” del 2012 e la macelleria sociale del governo “tecnico” Monti, appoggiato da tutti i maggiori partiti, con la sua “legge di stabilità” di lacrime e sangue e un primo attacco all'articolo 18, con la famigerata legge Fornero che ha definitivamente abolito la pensione retributiva sostituita con quella contributiva, innalzato l'età pensionabile quasi a 70 anni cancellando la pensione di anzianità di servizio.

Renzi e Gentiloni
Poi la borghesia ha scelto il nuovo duce Renzi, suoi la controriforma della Pubblica amministrazione, la “Buona scuola” d'impronta piduista e fascista, la truffa del TFR in busta paga che subisce una maggiore tassazione, il decreto sul lavoro autonomo che mantiene quei lavoratori senza tutele e sostegni al reddito, il disegno di legge sul “lavoro agile” che legalizza le moderne forme di lavoro a cottimo a domicilio. Il Jobs Act varato dal suo governo e votato dal parlamento nero rappresenta uno dei più gravi e pericolosi attacchi ai diritti dei lavoratori avvenuti dopo la caduta del fascismo. Una misura che estende a tutti i settori economici il modello Pomigliano voluto da Marchionne instaurando di fatto relazioni industriali e sindacali di stampo mussoliniano.
Quantunque usi un’aria dimessa e un linguaggio vellutato, Gentiloni cura gli affari della borghesia e del capitalismo italiani portando avanti la politica di Renzi: lacrime e sangue all’interno e interventismo all’estero. Lo comprovano, tra l’altro, il decreto del nuovo Scelba Minniti sulla “sicurezza e il decoro urbano” per perseguire i poveri, gli emarginati e chi si oppone al regime neofascista, e quello Minniti-Orlando che criminalizza gli immigrati, la Flat tax che premia i super ricchi e fa dell’Italia un “paradiso fiscale”, i decreti attuativi della “Buona scuola” che danneggiano gravemente gli studenti, gli insegnanti e le famiglie con figli disabili, una politica militare bellicista e colonialista che proietta l’imperialismo italiano nel Mediterraneo. Gentiloni, come il suo maestro e ispiratore Renzi, è un pericoloso guerrafondaio, come dimostra il suo immediato appoggio al bombardamento della Siria da parte del presidenti degli Usa. Lui e il suo governo vanno spazzati via.

Il sindacato
Tante ragioni per tenere alta la bandiera rossa del Primo Maggio e tante ragioni per rilanciare in modo spedito e a un livello superiore la lotta di classe. Mai come in questo momento i sindacati dovrebbero mobilitare le lavoratrici e i lavoratori e rispondere colpo su colpo a padronato e governo. Invece le organizzazioni più grandi e rappresentative, Cgil, Cisl e Uil, stanno sulla difensiva oppure cercano di gestire licenziamenti, sottrazione dei diritti e blocco salariale assieme al governo e ai padroni. Sul Contratto Nazionale hanno ceduto su tutta la linea agli industriali che intendono relegare tutto alla contrattazione aziendale. Nel settore pubblico si riduce ulteriormente l'intervento statale, a partire dal numero dei lavoratori impiegati, lasciando ampio spazio ai privati, al libero mercato, al singolo. Niente aumenti salariali uguali per tutti a parità di mansione ma azienda per azienda e solo in quelle che fanno larghi profitti, premi di settore, di squadra, fino alla contrattazione personale.
Oramai senza freni la flessibilità e limitazioni del diritto di sciopero sempre più stringenti. I padroni tirano in ballo automazione e nuove tecnologie per giustificare i licenziamenti ma contemporaneamente pretendono l'aumento dell'orario di lavoro, dei ritmi e l'innalzamento del lavoro straordinario. Di pari passo premi e altre voci del salario non sono più in denaro ma in “welfare aziendale”. Ciò significa che per adesso l'azienda concederà buoni sanitari da consumare in strutture convenzionate, con l'obiettivo di creare a breve scadenza delle vere e proprie mutue aziendali da poter gestire e ottenervi profitti che, com'è facilmente intuibile, porteranno alla demolizione della sanità pubblica, un po' come sta già avvenendo per le pensioni pubbliche attraverso la previdenza integrativa. Il tutto con la connivenza dei sindacati confederali mentre i lavoratori saranno obbligati ad accettare pena la perdita di una quota di salario.
La credibilità e autorevolezza di Cgil, Cisl e Uil è al minimo e cercano di recuperare terreno per legge. Ci riferiamo alla Carta dei Diritti-Nuovo Statuto dei Lavoratori dove la Cgil rivendica la piena attuazione degli articoli 39 e 46 della Costituzione che chiedono la registrazione dei sindacati e la loro trasformazione in enti facenti parte integrante dello Stato e sotto il suo controllo l'uno, e l'altro sulla “partecipazione dei lavoratori” alle decisioni e agli utili delle aziende a discapito della lotta di classe. Il sindacato della Camusso, Fiom compresa, é oramai completamente omologato ai sindacati storicamente collaborazionisti come Cisl e Uil. Noi marxisti-leninisti, pur privilegiando ancora di militare nella Cgil dove rimane organizzata sindacalmente la maggioranza della classe operaia, dei lavoratori e dei pensionati, siamo convinti che essa sia irriformabile. Siamo altresì convinti che i cosiddetti “sindacati di base”, con una concezione operaista, settaria e anarchica non siano capaci di rappresentare le istanze di milioni di lavoratori e pensionati. Ne tanto meno servirebbe crearne uno nuovo, definendolo “di classe”, da affiancare a quelli già esistenti con il risultato di aggiungere un'altra sigla senza cambiare nulla, o peggio rinchiudervi la parte più avanzata isolandola dalla massa dei lavoratori.

Occorre un unico grande sindacato
La nostra proposta è quella di rompere questo schema - Cgil, “sindacati di base” e “sindacato di classe” - e lavorare per costruire un unico grande sindacato delle lavoratrici e dei lavoratori, delle pensionate e dei pensionati le cui caratteristiche principali siano: l'unità sindacale di tutti i lavoratori dipendenti (operai e impiegati di ambo i sessi e di tutte le categorie e i settori privati e pubblici) e di tutti i pensionati a basso reddito; la gestione della vita del sindacato fondata sulla democrazia diretta dal basso verso l'alto che significa dare il potere sindacale e contrattuale alle Assemblee generali dei lavoratori e comporta la possibilità di revoca in ogni momento dei delegati e dei dirigenti non più riconosciuti come tali dalla base; l'assunzione di una piattaforma rivendicativa che abbia come unico scopo la conquista di migliori condizioni di vita e di lavoro, per quanto possibile sotto il capitalismo; il rifiuto a livello di principio della concertazione e del "patto sociale" con le controparti (governo e padronato) poiché è solo con la lotta di classe, con l'uso di tutti i metodi di lotta a disposizione che possono essere conquistati veri ed effettivi avanzamenti sociali per gli sfruttati e gli oppressi.
Per fare questo dovranno maturare le condizioni affinché la classe operaia e le masse lavoratrici e pensionate prendano coscienza della necessità di abbandonare i vecchi, inconcludenti e superati sindacati, per dare vita a questo unico grande sindacato che difenda i loro interessi. Intanto i marxisti-leninisti lavoreranno dentro e fuori la Cgil assieme agli altri lavoratori per fermare le privatizzazioni e i licenziamenti come quelli all'Alitalia, che va nazionalizzata, lottare contro tutte le forme di precariato e le nuove forme di lavoro nero che il governo Gentiloni ha già detto di voler introdurre al posto dei voucher, rivendicare aumenti salariali e pensionistici congrui per recuperare la perdita di potere d'acquisto, opporsi ai tentativi di limitare il diritto di sciopero, difendere la previdenza e la sanità pubbliche e opporsi alle misure che cercano di sostituirle con le assicurazioni e le pensioni private, chiedere piani straordinari per favorire l'occupazione, specie giovanile e del Mezzogiorno, la riduzione dell'orario di lavoro a parità di salario, rivendicare lavoro e non reddito di cittadinanza o accontentarsi della mancia del Reddito d'Inclusione appena istituito, sostanziosi interventi sociali per assicurare servizi pubblici e gratuiti e una casa a chi non se la può permettere rifiutando la logica dei bonus, dei contributi, delle elemosine di stato.

Il proletariato deve conquistare il potere politico e il socialismo
Attualmente la lotta di classe non è del tutto ferma ma le circostanze richiederebbero uno sviluppo maggiore. Per fare il salto di qualità occorre che la classe operaia passi dall'essere una classe in sé ad esserlo per sé, ovvero a prendere coscienza del proprio ruolo nella società capitalista. Purtroppo la capitolazione dei vecchi partiti operai al capitalismo e la lunga opera di decomunistizzazione, deideologizzazione e socialdemocratizzazione dei partiti riformisti ci hanno portato a una fase pre marxista, cioè a quando le masse lavoratrici lottavano per i loro insopprimibili interessi materiali immediati ma non pensavano a scalzare la borghesia dal potere e a conquistare il potere politico.
Il proletariato invece, oltre a questo, deve lottare per il suo modello di società e questo modello ha un solo nome: socialismo. Solo abbattendo il capitalismo e instaurando il socialismo si possono realizzare le condizioni per eliminare lo sfruttamento dell'uomo sull'uomo e togliere il potere alla borghesia, che con i suoi governi, di qualunque colore, permette ai capitalisti di arricchirsi sulle spalle del proletariato che crea tutta la ricchezza del Paese ma politicamente non conta niente. Solo nel socialismo il proletariato ha il potere politico e può decidere del suo futuro, creare le condizioni per eliminare le diseguaglianze economiche e sociali, la disoccupazione, il divario Nord-Sud, le discriminazioni di genere, razziali, religiose, rispettare l'ambiente naturale.
Come dimostrano gli ultimi due secoli di storia, come dimostra la Grande Rivoluzione socialista d'Ottobre in Russia, di cui quest'anno ricorre il centenario, il capitalismo si abbatte solo con l’insurrezione del proletariato e delle masse lavoratrici e popolari. Come dimostra la storia, gli sfruttati e gli oppressi non hanno altro mezzo per liberarsi dei loro sfruttatori e oppressori e conquistare il potere politico. La via parlamentare è loro preclusa, e perciò devono usare l’arma dell’astensionismo elettorale tattico anche alle prossime elezioni amministrative, considerando l’astensionismo come un voto dato al PMLI e al socialismo.
Restando questo sistema economico, sociale e culturale, qualsiasi cambio di governo non modifica la situazione. Nemmeno il Movimento 5 Stelle porterà cambiamenti. A Roma e nelle città dov'è al governo ha già dimostrato di essere un puntello del capitalismo, perfettamente a proprio agio nell'usare i metodi del clientelismo, del servizio alle lobby, della collusione con ambienti malavitosi e neofascisti. Ultima perla dei pentastellati è il loro programma di governo che ha tra i suoi obiettivi principali la “rottamazione dei sindacati”, in perfetta sintonia con il nuovo duce Renzi che da tempo ne ha fatto un suo cavallo di battaglia.
Il PMLI è da 40 anni che lotta contro il capitalismo e per il socialismo mentre le decine di organizzazioni che si definivano marxiste-leniniste sono sparite dall'arena politica italiana. Il PMLI tiene ancora la barra dritta verso il socialismo, quello classico e non verso forme di “socialismo del XXI secolo” sperimentate in modo fallimentare in Sud America perché le proposte dei partiti riformisti e revisionisti, come ci hanno insegnato i grandi Maestri del proletariato internazionale – Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao – e come dimostrano i fatti sono solo varianti del capitalismo. Siamo ottimisti ma allo stesso tempo siamo consapevoli che l’attuale numero ridotto di militanti e simpatizzanti attivi del Partito non ci consente di esprimere per intero il suo grande potenziale rivoluzionario e di incidere concretamente nella lotta di classe. È quindi necessario decuplicare i nostri sforzi per dare al PMLI un corpo da Gigante Rosso, che è il nostro obiettivo strategico a medio termine.
Ma gli attuali militanti non ce la possono fare da soli, già danno molto, serve l'apporto di nuove forze fresche. Pensiamo soprattutto alle operaie e agli operai e alle ragazze e ai ragazzi coscienti e informati, li invitiamo a prendere il posto di combattimento nel PMLI o stringersi ad esso come simpatizzanti. Il socialismo non è un sogno e nemmeno un’utopia ma un obiettivo reale e concreto che può essere conquistato e lo conquisteremo, indipendentemente dal tempo che ci vorrà. Nel passato il socialismo ha conquistato un terzo del mondo e tendeva a conquistarne il resto, sennonché i revisionisti l’hanno bloccato. Ciò che è stato possibile ieri perché non dovrebbe essere possibile oggi? Uniamoci per rovesciare cielo e terra e dar vita a un nuovo mondo!
Viva la Giornata Internazionale dei Lavoratori!
Teniamo alta la bandiera del Primo Maggio!
Contro il capitalismo, per il socialismo!
Coi Maestri e il PMLI, vinceremo!
 
* Responsabile della Commissione per il lavoro di massa del CC del PMLI

26 aprile 2017