25 Aprile a Roma. “Bella ciao” contro l'inno di Mameli
Grande manifestazione antifascista promossa dall'ANPI
Mattarella, il governo e la destra si schierano con la Brigata ebraica contro l'ANPI, coprendo così il regime e il governo nazi-sionista di Israele

È partito intorno alle 10.15 da piazza Caduti della Montagnola il corteo dell’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia per celebrare il 72° anniversario della Liberazione dal nazifascismo. In testa, lo striscione con la scritta: “Partigiani”, seguito da tante bandiere, comprese quelle delle associazioni filo-palestinesi, dei sindacati, e di molte altre associazioni antifasciste. Al corteo più volte è stata intonata “Bella Ciao” e anche “Bandiera rossa”, a testimoniare il carattere popolare di gran parte del corteo. I manifestanti sono giunti alla Piramide di Porta San Paolo dove si sono susseguiti gli interventi conclusivi, fra i quali quello della sindaca di Roma Virginia Raggi che è stata accolta dai fischi dei partecipanti, poi in parte ridimensionati da alcuni applausi. Raggi ha ringraziato l’ANPI per averla accolta ed ha ambiguamente sostenuto che “questa festa è una festa di tutti, i valori dell’antifascismo appartengono anche a coloro che oggi non sono qui ma sarebbero voluti venire”. Inoltre si è recata ad omaggiare anche l’altra manifestazione della Brigata Ebraica, del PD e delle destre. Fabrizio De Sanctis, presidente dell’ANPI Roma, è intervenuto precisando che l’Associazione vuole “mantenere lo spirito unitario di questo corteo, manifestando con i cittadini, le associazioni, le istituzioni, i partiti democratici, i sindacati dei lavoratori e i movimenti, tutti coloro che non vogliono vedere annacquato il dettato costituzionale”. Il palco dell'Anpi è dunque stato fonte di unità: nessuna contestazione ma applausi nel commemorare tutti i combattenti della Resistenza, compresi quelli della Brigata ebraica della quale, al pari degli altri nonostante il loro inquadramento nelle file dell’esercito britannico, vengono ricordate le azioni e le medaglie.

La manifestazione della Comunità ebraica insieme al governo, al PD e alla destra
Le polemiche che hanno preceduto la commemorazione, innescate dal rifiuto della comunità ebraica di partecipare alla manifestazione unitaria dell'ANPI dopo la notizia dell'adesione di alcune delegazioni filo-palestinesi, non si sono placate neppure nel giorno delle manifestazioni. La Comunità si è riunita in via Cesare Balbo, dove un tempo si trovava la sede della Brigata ebraica. I partecipanti al presidio hanno intonato l’inno di Mameli, e l’intervento della presidente romana Ruth Dureghello, ha gettato altra benzina sul fuoco: “Noi siamo fieri di essere ebrei, ma soprattutto di essere italiani. (…) Noi da qui gridiamo forti e uniti che vogliamo stare insieme, ma (…) non vogliamo fare la scelta della revisione della storia. Chiediamo solo di fare una scelta: dire chi allora erano i liberatori e chi gli alleati di Hitler”. Anche il rabbino capo di Roma, Riccardo Di Segni, declinando le proprie evidenti responsabilità della rottura con l’ANPI, si lamenta della “poca comprensione e del poco ascolto ricevuto”. Riferendosi poi agli scenari attuali, non perde la ghiotta occasione mediatica per fare di tutta un'erba un fascio, denunciando la minaccia del fondamentalismo islamico, per attaccare i palestinesi:”Fanno tutto per nascondere che il terrorismo di questi anni ha avuto una scuola importante e noi sappiamo qual è questa scuola. Pensiamo alla realtà, ai disastri del Medio Oriente e non si fa niente per bloccare e invece si fanno portare certi gonfaloni in giro. Per questo abbiamo dovuto fare una manifestazione divisa.”. Una iniziativa che risulta essere una copertura evidente al governo nazi-sionista di Israele, alla quale partecipa anche tutto il PD romano ed il governo, e che trova la sua punta di diamante nell’intervento della sottosegretaria alla presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi. La madrina assieme a Renzi della controriforma costituzionale bocciata dal referendum del 4 dicembre scorso, ancora una volta vomita veleno sull’ANPI sostenendo il falso: “Chi pensa di tenere fuori la Brigata ebraica dalla Liberazione nega la verità e la storia, e non c’è nessuna giustificazione geopolitica attuale che tenga. La nostra posizione come Italia è chiara da sempre: due Paesi, due Stati, noi diciamo non solo che Israele ha diritto di esistere, ma ne ha anche il dovere”. In sintesi, Orfini per il PD, serenamente insieme a Renato Brunetta di Forza Italia, a Pier Ferdinando Casini e Fabrizio Cicchitto per il “centro-destra”, testimoniano il pieno appoggio da parte del governo, del PD, e delle destre, al regime nazi-sionista di Israele.

Il discorso di Mattarella a Carpi
Il capo dello Stato Sergio Mattarella, è intervenuto a Carpi, in Emilia, in uno dei luoghi simbolo delle violenze nazifasciste quale fu il campo di Fossoli che vide perire perseguitati politici, oppositori del regime, ebrei, e uomini della Resistenza. Anche questo campo in terra italiana, nonostante la mancanza delle camere a gas e dei forni crematori, faceva parte a pieno titolo  del perfezionato meccanismo di eliminazione fisica dei cosiddetti nemici interni, dissidenti politici o appartenenti a razze considerate inferiori dal regime, e fu tappa per la deportazione nei lager nazisti in Germania e Polonia. Da Fossoli partirono dodici treni della morte con destinazione Auschwitz, Buchenwald, Bergen-Belsen, Mathausen, Ravensbruck. Fulcro dell’intervento col quale di fatto il massimo esponente dello Stato italiano si schiera apertamente, è il riconoscimento particolare fatto soltanto ai “5000 volontari della Brigata Ebraica (inquadrata nell'esercito inglese, ndr), italiani e non, giunti dalla Palestina per combattere con il loro vessillo in Toscana e in Emilia-Romagna”. Nessuna formazione partigiana, seppur più numerose e senza dubbio componente principale della lotta di Liberazione, è stata degna per il presidente, di analogo trattamento. Un sostegno diretto alla comunità ebraica di Roma, tanto per mettere i puntini sulle ”i” e non lasciare nulla al caso, né al rischio di fraintendimento sulla posizione in merito alla recente polemica. L’altro punto fermo dell’intervento è il continuo richiamo a una memoria “senza odio né rancore” e, prendendo spunto dalla visita di un cittadino tedesco, figlio di un militare della divisione Goering che prese parte all’eccidio di Monchio, ecco che Mattarella rilancia l’appello alla “riconciliazione” come condizione essenziale per il “domani in un'Italia libera e democratica, in un'Europa libera e democratica, unita e quindi in pace”. In ultimo, come farsi sfuggire questa occasione per indicare nel “terrorismo” (ossia nello Stato islamico, ndr) il nemico comune di tutto il popolo italiano? E Mattarella lo fa richiamando impropriamente il terrorismo degli anni Settanta in Italia: ”Oggi, anche di fronte alla minaccia di un nemico insidioso e vile, che vorrebbe instaurare, attraverso atti di terrorismo, una condizione di paura, di dominio, di odio, rispondiamo, come allora, come negli anni settanta, che noi non ci piegheremo alla loro violenza e che non prevarranno”. In pratica, continuiamo l'aggressione allo Stato islamico.
Quella della "memoria condivisa'' è da un ventennio lo slogan più ricorrente e dominante nel disegno politico neofascista; la stessa che ha portato il parlamento nero all'approvazione plebiscitaria del vergognoso quanto antistorico "giorno del ricordo'' che ha avuto l’effetto di far ritornare in piazza, nei fatti a termini di legge, i fascisti. Una parola d'ordine che proviene direttamente dall'armamentario retorico dell'ex presidente della Repubblica Ciampi, che ne fece il tema conduttore del suo mandato fin da quando salì al Quirinale, non stancandosi mai di andare a ripescare e riproporre episodi e simboli che potessero cementare il Paese attorno ai valori del nazionalismo, del patriottismo, del militarismo e dell'imperialismo italiano, europeo e occidentale. Molto meglio di lui per demolire l’essenza stessa della Resistenza, ha fatto il suo successore il rinnegato Napolitano, artefice diretto e figura chiave in questo progetto nell’ultimo decennio. Adesso Mattarella, democristiano ed anticomunista storico, seppur nel suo stile con toni minori, continua questa opera ingannatoria ed interclassista di erosione della memoria, passeggiando sulle macerie di ciò che con fatica il popolo italiano, l’ANPI e le tante associazioni e movimenti antifascisti riescono ancora a conservare, nonostante tutto.

La bandiera della Resistenza
L'obiettivo finale è quello di cancellare l'"anomalia italiana'', cioè la contrapposizione ancora viva nel nostro Paese tra fascismo e antifascismo, dovuta principalmente alla peculiarità storica che ha reso la Resistenza italiana e la lotta di liberazione dal nazifascismo un fenomeno radicato e di massa, in particolare nel centro e nel nord Italia. Il fine ultimo di questa ripetuta e continua interpretazione istituzionale, borghese e capitalista, che si tramanda ormai da governo a governo, è quello di sradicare dalla storia del nostro Paese e dalla memoria delle masse le idee stesse della Resistenza, su tutte la lotta contro l’oppressione straniera e la conquista di una nuova società, che per i partigiani comunisti era il socialismo, per impedire che vengano trasmesse alle giovani generazioni. Una volta estirpato questo pericolo, queste ultime potranno udire soltanto la campana della borghesia e del regime neofascista. Ma le tante bandiere rosse che sventolano in ogni piazza ogni 25 Aprile, le tante manifestazioni antifasciste contro le iniziative dell’estrema destra e questa “seconda vita” dell’ANPI, più indipendente dal PD e dai governi borghesi e da qualche anno aperta con successo a tutti gli antifascisti e non solo ai partigiani, dimostrano che lo spirito della Resistenza è ancora vivo e ben saldo tra le masse, in particolare tra quelle giovanili, e questo ci fa ben sperare per un futuro nel quale l’antifascismo sia un denominatore comune per le masse italiane. Non ci può essere una "memoria condivisa'' tra fascisti e antifascisti, tra comunisti e anticomunisti, tra borghesi e proletari, così come non ci può essere “riconciliazione” fra chi ha combattuto per la libertà di un popolo e i fascisti che alleati con i nazisti volevano cancellarla. La “condivisione” che le istituzioni di regime ci propongono, nei fatti è avvenuta solo tra i partiti borghesi, mentre la Resistenza, rimane patrimonio diretto ed irrinunciabile degli antifascisti, dei veri comunisti e di tutti i progressisti.
 

3 maggio 2017