Rapporto Censis
La corruzione dilaga nella sanità
In una Asl su quattro si sono verificati episodi di corruzione nell'ultimo anno

Lo scorso 6 aprile sono stati presentati ufficialmente a Roma, nel corso della prima Giornata nazionale contro la corruzione in sanità, i dati del progetto Curiamo la corruzione realizzato da Transparency International Italia, Censis, ISPE-Sanità e Rissc.
Allo studio, relativo all’anno 2016, hanno partecipato, fornendo il loro contributo, numerosi dirigenti di 151 strutture sanitarie italiane, i quali si sono espressi circa la percezione della corruzione nell’ambito della personale esperienza lavorativa, quindi si tratta certamente di uno studio estremamente attendibile in quanto i dati provengono dagli stessi dirigenti sanitari.
Secondo i dati raccolti risulta che il 77% di essi ha la certezza che nella propria azienda sanitaria si siano verificati fenomeni di corruzione, un dato molto più elevato rispetto a quanto risulta dalle inchieste sulla corruzione da parte della magistratura, indagini che hanno coinvolto nel 2016 una Asl italiana su quattro, mentre negli ultimi cinque anni risulta che il 37% delle aziende sanitarie italiane sia stata coinvolta in indagini giudiziarie.
Tra i settori che i dirigenti ritengono a più alto rischio di corruzione ci sono l'acquisto e la fornitura di beni e servizi, l’assunzione di personale, la gestione delle liste d'attesa, le nomine dei dirigenti, le false certificazioni, l'accreditamento delle strutture private, le prescrizioni improprie dei farmaci, la formazione e le consulenze. Le strutture sanitarie che hanno partecipato all’indagine sono state classificate in 4 gruppi, secondo un indice che valuta la percezione del rischio di corruzione. 24 strutture, pari al 17,6%, di cui ben 16 del Nord, si classificano nella fascia di rischio basso. Sono invece 20 le strutture sanitarie, cioè il 14,7%, che presentano una percezione di rischio alto, e tra queste 9 si trovano al Sud.
Due sono comunque gli ambiti che, ad avviso dei dirigenti intervistati, si prestano maggiormente alle pratiche corruttive: quello degli appalti e quello delle assunzioni di personale. Al primo posto, l'83% dei dirigenti sanitari indica i rischi che si annidano negli acquisti di beni e servizi e il 66% nella realizzazione di opere e infrastrutture, mentre il 31% sottolinea la possibilità di commissione di gravi illeciti nelle assunzioni del personale.
La maggior parte dei dirigenti intervistati critica fortemente (il 35 di essi li giudica sostanzialmente inutili) anche i Piani anticorruzione introdotti dalla legge n. 190/2012, in quanto nel 40% dei casi le Asl si sono limitate a un adempimento formale dell'obbligo di legge, non inserendo all'interno del Piano né l'analisi dei rischi di corruzione, né le misure di prevenzione, mentre nel 33% hanno svolto un'analisi parziale e solo una struttura sanitaria su quattro ha risposto in pieno al dettato normativo.
 

24 maggio 2017