Dichiarazione del premier italiano alla conferenza stampa congiunta con Putin a Sochi
Gentiloni: Cooperiamo con la Russia nella lotta al terrorismo e nelle crisi in Libia, Siria e Afghanistan
Firmati sei accordi economici-commerciali

Una visita breve ma non secondaria quella del presidente del consiglio italiano Paolo Gentiloni a Sochi dove si è incontrato col presidente russo Vladimir Putin lo scorso 17 maggio, una tappa nel viaggio che da un altro importante appuntamento a Pechino lo ripotava a casa per i ritocchi finali della preparazione del vertice delle potenze imperialiste del G7 di Taormina del 27 maggio. E proprio in vista di quel vertice, che fino allo scoppio della crisi ucraina era un G8 con la Russia, Gentiloni si è proposto di fare da portavoce delle posizioni del Cremlino sulle più importanti situazioni di crisi, sulla base della comune volontà dei due paesi imperialisti di cooperare in quella che definiscono lotta al terrorismo; senza dimenticare gli affari.
Come ha ricordato il primo ministro Gentiloni nella conferenza stampa congiunta al termine dell'incontro, al primo posto erano gli sviluppi delle relazioni commerciali ma altrettanto importante era “trovare punti comuni” con la Russia “per risolvere le crisi internazionali”; ci sono, confermava Gentiloni, “aree di cooperazione in generale nella lotta contro il terrorismo e nella gestione di alcune crisi regionali, Libia, Siria e Afghanistan. Ci sono minacce comuni e dobbiamo rispondere assieme, a partire da quelle per noi particolarmente rilevanti come la Libia”.
Il presidente Russo definiva “significativi e produttivi” i colloqui e sottolineava l'importanza della cooperazione tra i due paesi in situazioni di crisi che nella classifica di importanza per il nuovo zar del Cremlino sono “Siria, Libia, Ucraina e Corea del Nord”. In ogni caso, ribadiva Putin, “Russia e Italia sono d'accordo nel contrastare la minaccia principale, il terrorismo”.
Alle sollecitazioni di Gentiloni sulla crisi libica Putin rispondeva che la Russia era disponibile a sostenere il processo di pace con “i colleghi italiani e tutti coloro che sono interessati alla stabilizzazione, compreso l'Egitto” e definiva l'incontro del 2 maggio tra il generale Haftar, che controlla Tobruk, e il premier appoggiato dall'Onu Serraj, che a fatica col contributo dei paesi imperialisti occidentali controlla Tripoli, una speranza nel raggiungimento della pace in Libia.
Gentiloni ricambiava con una apertura sulla fine delle sanzioni alla Russia, quantomeno quelle decise dall'Unione europea, affermando che non le poteva togliere da solo, senza un accordo con gli alleati ma che “non possono essere confermate con il pilota automatico”.
Riguardo agli affari era Putin che per primo ricordava come “l'Italia occupa uno dei posti preminenti negli scambi commerciali della Russia”, “purtroppo negli ultimi anni avevamo assistito a un declino dell'interscambio ma da quando lei è diventato primo ministro, l'interscambio ha ripreso a crescere fino al 30% dall'inizio di quest'anno” anche se “siamo lontani dai risultati del 2013”, prima delle sanzioni. “L'importante è fare dei passi in avanti”, rispondeva Gentiloni, che si era portato a Sochi una delegazione di aziende intressate a affari nel settore del petrolio e dintorni.
Alla presenza dei due leader sono stati firmati sei importanti accordi tra la società petrolifera statale russa Rosneft diverse aziende italiane fra cui l'Eni, Tecnoclima e Pietro Fiorentini. Contratti che consolidano partnership già in atto come quelle con l'Eni o che aprono alla cooperazione industriale nel settore per la creazione di società miste come quelli con le altre due; due accordi riguardavano il Politecnico di Torino che sarà impegnato nella formazione di tecnici e ingegneri russi dell'oil & gas con le università di Mgimo e Gubkin di Mosca. Completava il gtavolo dell'intesa l'accordo firmato dall'italiana Anas, la russa Avtodor e il Fondo russo per gli investimenti (Rdif) per la gestione congiunta di un tratto di 300 chilometri dell'autostrada Mosca-Rostov.
Putin vorrebbe aprire nuove vie di rifornimento nel Mediterraneo, girando attorno all'ostile Ucraina, e deve superare le resistenze dell'Unione europea che ha bocciato progetti come il gasdotto sotto il Mar Nero; l'Italia che già dipende dal gas russo per il 43% del proprio fabbisogno offre un contributo sulla via dei Balcani approfittando della costruzione del Tap che approderà in Salento e per competere colla Germania della Merkel, che puntava a diventare il nuovo collettore europeo del gas russo una volta dato il via libera al raddoppio del gasdotto sotto il Baltico.

24 maggio 2017