Modificato lo Statuto del 1988
Hamas riconosce di fatto Israele e accetta i confini territoriali della Palestina stabiliti nel 1967 dagli aggressori sionisti
L'organizzazione rompe con i Fratelli musulmani

Il nuovo leader del Movimento di Resistenza Islamica (Hamas) Ismail Haniyeh, ex premier del governo islamico nella striscia di Gaza dopo la vittoria nelle elezioni del 2006, è stato scelto il 6 maggio dal Consiglio della Shura al posto occupato dal 1995 da Khaled Mashaal che ha ricoperto la carica nel lungo esilio, prima a Amman in Giordania, poi Damasco in Siria e infine a Doha in Qatar. L'ultimo atto politico di
Khaled Meshaal è stata la redazione di una nuova carta costituzionale che modifica lo Statuto del 1988 diffuso da Hamas poco dopo la sua fondazione; non una nuova carta ma un documento politico che presenta una organizzazione più “ragionevole” che prende le distanze dall’organizzazione-madre dei Fratelli musulmani e pur non rinunciando alla lotta armata di liberazione, riconosce non formalmente ma di fatto Israele e accetta i confini territoriali della Palestina stabiliti nel 1967 dagli aggressori sionisti.
Lo spostamento della sede in esilio di Hamas ha segnato i cambiamenti delle alleanze e delle protezioni di cui ha goduto e gode il movimento che ne hanno segnato l'evoluzione, dalla nascita come costola dei Fratelli musulmani egiziani all'appoggio della componente antimperialista sciita iraniana, fino al ritorno alla componente sunnita nella versione rappresentata da Turchia e Qatar; i due paesi sponsor principali del governo dei Fratelli musulmani al Cairo spazzato via nel 2013 dal golpe del generale Al Sisi, appoggiato fin dall'inizio dall'Arabia Saudita. E sotto le pressioni dei suoi sponsor Ankara e Doha, Meshaal ha costruito un documento col quale Hamas cerca di rompere l’attuale isolamento politico-diplomatico, oltreché territoriale confinata nel lager costituito dai sionisti attorno alla striscia di Gaza. Il documento, secondo Meshaal, rappresenta un “Hamas ragionevole in materia di realtà e circostanze regionali e internazionali, pur rappresentando la causa della sua gente”.
Lo Statuto del 1988 iniziava con la definizione delle origini ideolgiche del movimento basato sull'Islam, il nuovo documento parte affermando che “il Movimento Islamico di Resistenza ‘Hamas’ è un movimento nazionale islamico palestinese di liberazione e resistenza. Il suo obiettivo è di liberare la Palestina e di contrastare il progetto sionista. Il suo riferimento è l’Islam, che ne determina i principi, gli obiettivi e gli strumenti”. Si definisce quindi un movimento islamico indipendente, non più parte dei Fratelli musulmani; un passaggio che mira a rendere meno complicati i rapporti col regime egiziano, quantomeno per rompere l’isolamento di Gaza.
Il documento politico sostiene che “Hamas afferma che il suo conflitto è contro il progetto sionista, e non contro gli ebrei per la loro religione. Hamas non intraprende una lotta contro gli ebrei in quanto ebrei, ma intraprende una lotta contro i Sionisti che occupano la Palestina”; definisce che “la causa palestinese, nella sostanza, è una causa per una terra occupata e per una popolazione di sfollati. Il diritto dei rifugiati palestinesi e degli sfollati al ritorno alle loro case, dalle quali sono stati scacciati e alle quali è stato loro vietato di tornare - siano le terre occupate nel 1948 o quelle del 1967 (cioè l’intera Palestina) - è un diritto naturale, sia individuale che collettivo. Questo diritto viene confermato da tutte le leggi divine così come dai principi basilari del diritto umanitario e dalle leggi internazionali. È un diritto inalienabile e non può essere cancellato da nessun partito, sia palestinese, che arabo o internazionale”. Così come “resistere contro l’occupazione utilizzando tutti i mezzi e metodi è un diritto legittimo garantito dalla legge divina e anche dalle leggi e norme internazionali”.
E pur confermando che Hamas “senza mettere in discussione il proprio rifiuto dell’entità sionista e senza rinunciare a nessun diritto palestinese, prende in considerazione la creazione di uno stato palestinese completamente sovrano ed indipendente, con Gerusalemme come capitale e lungo i confini del 4 giugno 1967, con il ritorno dei rifugiati e degli sfollati alle loro case dalle quali furono scacciati, per ottenere il pieno consenso nazionale”. Una modifica che accettando i confini territoriali della Palestina stabiliti nel 1967 dagli aggressori sionisti, riconosce di fatto Israele, l'entità sionista. Che non basta al boia Netanyahu, che pretenderebbe la resa incondizionata della resistenza palestinese.
La decisione del movimento islamico palestinese, al momento ignorata dalle potenze imperialiste occidentali che sulla questione si muovono al rimorchio di Tel Aviv, è stata criticata dall’altra organizzazione islamista palestinese, il Jihad islami. L'organizzazione nata all’inizio degli anni Ottanta sulla scia della rivoluzione antimperialista islamica in Iran ha respinto con forza la soluzione di uno Stato palestinese entro i confini del 1967 e si è dichiarata “preoccupata” dalla nuova Carta di Hamas che porterà all’impasse e a “mezze soluzioni” per la questione palestinese.
 
 

24 maggio 2017