L'obiettivo vero del socialimperialismo cinese
La nuova Via della Seta per conquistare l'egemonia mondiale
Asse con l'imperialismo russo. L'imperialismo americano è tagliato fuori

Il Forum per la cooperazione internazionale “One Road One Belt” (Obor, cioè una strada una cintura,ndr) o meglio della Nuova Via della Seta che si è tenuto a Pechino il 14 e 15 maggio si è chiuso con la firma di un documento da parte di una trentina di leader mondiali e rappresentanti di almeno 68 paesi interessati a sviluppare congiuntamente, sotto la regia della Cina, le proprie infrastrutture lungo questa nuova rotta commerciale che unisce l'Asia all'Europa. Una via per collegare, usando le parole del presidente del consiglio italiano Paolo Gentiloni, “la parte del mondo che cresce più velocemente, cioè l'Asia e il Sud est asiatico, con una delle aree che ha il più alto reddito, l'Europa”.
Il presidente cinese Xi Jinping nella conferenza stampa al termine della due giorni di lavori sottolineava il successo diplomatico del Forum e ne annunciava una nuova edizione nel 2019 fra i partecipanti, che già rappresentano circa il 40% del prodotto interno lordo mondiale, e ai nuovi che volessero aggiungersi per partecipare alla “nuova fase” dell'iniziativa, da lui lanciata nel 2013, varata ufficialmente dal governo cinese nel 2015 e oggi con la sua “costruzione in pieno svolgimento”.
Il comunicato finale spiegava che i Paesi sottoscrittori daranno il via ad una “cooperazione pratica su strade, ferrovie, porti, trasporto marittimo e fluviale, aeronautica, condutture energetiche, elettricità e telecomunicazioni” per la quale la Cina si dichiarava pronta a mettere sul piatto della bilancio almeno altri 113 miliardi di dollari nei 1.700 progetti di Obor avviati negli ultimi tre anni da una cinquantina di grandi aziende cinesi di proprietà statale. Un impegno aggiuntivo di Pechino per dare una scossa al completamento di almeno uno dei grandi progetti previsti, tra i quali il più importante progetto cinese in Europa curato dalla China Railway Corporation, la costruzione della ferrovia ad alta velocità Budapest-Belgrado, impigliatasi nelle complicazioni dei regolamenti dell'Unione europea. Il nuovo contributo economico annunciato da Pechino dovrebbe facilitare anche la stipula di una serie di accordi bilaterali con paesi dell'Europa, Asia e Africa interessati alla Via della Seta e non, financo del Sudamerica. A conferma che il progetto Obor non ha solo una valenza economica, e non sarebbe poco, ma anche politica per lanciare il socialimperialismo cinese alla conquista dell'egemonia mondiale; una operazione che Xi prefigura costruita nell'asse con l'imperialismo russo, e non a caso il presidente russo Vladimir Putin era al Forum, tagliando fuori il principale concorrente, l'imperialismo americano, presente al Forum con una delegazione di rango inferiore. E finora gli sforzi del presidente americano Donald Trump di costruire l'annunciato asse privilegiato con Putin, per separare Mosca da Pechino, sono risultati vani.
Al Forum di Pechino mancavano i vertici di paesi asiatici nell'orbita Usa come Giappone e Australia ma anche la potenza emergente India, che si trova a margine della Via della Seta che passa per il vicino e rivale storico Pachistan. Fra i principali paesi europei era presente solo l'Italia col primo ministro Gentiloni che non a caso ha avuto la parola subito dopo il presidente Xi, nella seconda giornata dei lavori, e ha auspicato una efficace “sinergia tra i progetti asiatici e quelli europei” per connettere Europa e Asia passando magari per Genova e Trieste, già “collegati con i corridoi ferroviari all’Europa centrale e del Nord”. Nella partita è in vantaggio la Grecia che ha svenduto alle multinazionali cinesi il porto del Pireo ma questa strada sconta le difficoltà di passare per i frazionati e complicati Balcani; vedi le difficoltà della Belgrado-Budapest. L'imperialismo italiano con Gentiloni tenta di rientrare nella partita e rinverdire percorso e affari della vecchia Via della Seta.
Non ne vuole restare fuori nemmeno l'imperialismo americano, che pensa agli affari delle proprie multinazionali; finora sono le società General Electric, Caterpillar e Honeywell che hanno concluso alcuni contratti relativi a Obor, altri contratti dovrebbero arrivare. Ma alla Casa Bianca interessa soprattutto ostacolare la leadership dei concorrenti capitalisti cinesi e impedire una interdipendenza economica tra la Cina e i paesi interessati da Obor fino a creare nuove barriere alle esportazioni e agli investimenti statunitensi. Come quelli già registrati dallo sviluppo di Obor nelle connessioni ferroviarie ad alta velocità nel Sud-Est asiatico che impone gli standard ferroviari cinesi, creando ostacoli alle tecnologie Usa.
“La Cina ha un grande piano per dominare il commercio mondiale”, è il titolo esplicativo del servizio della rete televisiva americana Cnn sul Forum di Pechino. E con Obor il socialimperialismo cinese si candida a divenire il baricentro economico e non solo di Asia e Europa, di rafforzare la propria posizione dominante rispetto alle potenze concorrenti che ha già distanziato per dare la caccia al primo posto stabile e conquistare l'egemonia mondiale, scalzando definitivamente gli Usa.
Trump mostra i muscoli militari in Siria e Afghanistan e prefigura una politica economica protezionistica sulla base del principio “prima l'America”; Xi Jinping si presenta come garante della globalizzazione e del libero mercato imperialisti, che hanno accompagnato la corsa della Cina verso le vette del primato economico, e dall'alto della posizione conquistata porta avanti “dimostrazioni di forza” sulla Via della Seta, ma anche in Africa e Sudamerica, a livello economico, per ora.

24 maggio 2017