Una nuova legge truffa votata dal Senato
La legge sulla tortura è una presa in giro inaccettabile

La legge sulla tortura, quella che nel nostro paese manca da almeno trent'anni, è stata approvata al Senato con i voti di PD, Forza Italia e M5S, ma soltanto perché c'è una condanna della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo che pende sull'Italia, e soprattutto perché è solo una legge truffa, congegnata apposta per farla fare franca a poliziotti torturatori come quelli del G8 di Genova.
Questo è il succo della giornata del 17 maggio a Palazzo Madama, che ha visto approvare il disegno di legge sulla tortura con 195 voti a favore, 8 contrari e 34 astensioni, che ora è stato inviato alla Camera per la quarta lettura. Dove può essere solo ulteriormente peggiorato, giacché Forza Italia, Lega, FdI e AP di Alfano hanno già annunciato battaglia perché lo ritengono troppo “punitivo” per le “forze dell'ordine”, o può finire addirittura nel cestino causa la fine anticipata della legislatura.
Eppure questa è una legge attesa da decenni, in un paese come l'Italia che ha visto le orrende torture della Diaz e di Bolzaneto, e i corpi martoriati di Federico Aldrovandi, Stefano Cucchi, Giuseppe Uva, e tanti altri disgraziati caduti in mano di poliziotti e carabinieri violenti e sadici, protetti dall'impunità che il potere politico e giudiziario da sempre assicura loro, anche per la mancanza nel codice penale dello specifico reato di tortura. Diciamo da decenni perché l'Onu aveva definito chiaramente che cos'è il crimine della tortura già dal 1952, testo recepito nel 1984 dalla Convenzione che la stessa Onu aveva invitato tutti i paesi del mondo a firmare e recepire nelle rispettive legislazioni. Anche l'Italia l'aveva firmata, sia pure con quattro anni di ritardo, nel 1988, ma da allora si era sempre ben guardata dal darle attuazione pratica adeguando il suo codice penale con l'introduzione del reato di tortura. Tanto che nel 2015 l'Italia era stata condannata per questo inqualificabile ritardo dalla Corte europea di Strasburgo.
È anche grazie a questa volontaria omissione di tutti i governi che si sono succeduti in questi anni, tanto di “centro-destra” quanto di “centro-sinistra”, che i torturatori di Genova se la sono potuta cavare con l'impunità o con pene ridicole. Solo in questa legislatura qualcosa si è mosso, dopo che il senatore PD Luigi Manconi, insieme ai colleghi Felice Casson (ex PD, ora nel gruppo di MDP) e Loredana De Petris (ex SEL, ora nel gruppo di SI), che si sono tutti astenuti lasciando l'aula, avevano depositato nel marzo 2013 un ddl che istituiva il reato di tortura secondo la definizione della Convenzione dell'Onu. Da allora, dopo tre rimpalli tra Camera e Senato e a forza di emendamenti della destra parlamentare, accettati peraltro passivamente dalla maggioranza renziana di governo, sempre con la classica scusa che una mezza legge è meglio che nessuna legge, il ddl Manconi è uscito completamente stravolto da destra rispetto al testo originale, fino ad essere irriconoscibile e rinnegato dai suoi stessi firmatari.

Come è stato stravolto il ddl sulla tortura
Il primo stravolgimento consiste nell'aver ridotto il reato di tortura da reato proprio a reato comune attribuibile genericamente a chiunque, slegandolo cioè dall'operato dei pubblici ufficiali o di incaricati di pubblico servizio, al pari della semplice violenza privata: “Questa è una questione decisiva – spiega Manconi – perché la tortura è quel comportamento derivante da abuso di potere, cioè compiuto da chi, detenendo legalmente un cittadino sotto la propria custodia, potendolo privare della sua libertà, nel fare questo commette illegalità, violenze, torture, azioni inumane o degradanti. Questo è la tortura nelle convenzioni internazionali. Invece quel testo, che così recitava, è stato immediatamente trasformato in un reato comune e poi via via, nel corso di questi quattro anni, è diventato ciò che è oggi: un pessimo testo che il Senato oggi ha approvato e che io non ho approvato”.
Un secondo stravolgimento è stato operato con un emendamento per il quale il reato di tortura non sussiste “nel caso di sofferenze risultanti unicamente dall'esecuzione di legittime misure privative o limitative di diritti”. Una precisazione fortemente sollecitata dai sindacati di polizia a “garanzia” delle loro funzioni, ma che sembra fatta apposta per creare comodi appigli alla difesa in sede processuale.
Un terzo stravolgimento è stato operato introducendo il concetto di “reiterazione” delle torture: ovvero non si tratta di tortura se la violenza non è reiterata tramite “più condotte”. Il che al limite significa che se un poliziotto tortura un prigioniero una singola volta questo può non essere considerato reato: la modica quantità della tortura, insomma. “La Convenzione delle Nazioni unite – spiega sempre Manconi - parla di ogni violenza fisica e psichica. Questo “ogni violenza” è diventata, via via violenze al plurale poi, nel testo che venne discusso un anno fa al Senato, venne aggiunto “reiterate violenze”. Riuscimmo a far saltare quel reiterate, che però oggi è tornato sotto diversa forma attraverso l'introduzione della formula “più condotte”. Questo configura una fattispecie penale che richiede non solo la reiterazione, ma una difficile decifrazione degli avvenimenti e quindi può sfuggire ad una applicazione severa di quello che resta un crimine gravissimo”.
C'è anche un altro aspetto che rende questa legge una presa di giro indigeribile e intollerabile, da rifiutare perciò in blocco: la legge dice che incorre nel reato di tortura, punibile da tre a dieci anni di prigione, “chiunque con violenze o minacce gravi, ovvero agendo con crudeltà, cagiona acute sofferenze fisiche o un verificabile trauma psichico a una persona privata della libertà personale o affidata alla sua custodia, potestà, vigilanza, controllo, cura o assistenza, ovvero che si trovi in condizioni di minorata difesa”. Ora, è chiaro che quella definizione di “verificabile trauma psichico” è fatta apposta per smontare in partenza qualsiasi accusa di tortura psichica, vista la difficoltà di accertare oggettivamente questo tipo di violenza, spesso come accade a distanza anche di diversi anni.
Siamo arrivati al punto che ergendosi a difensore dell'impunità a prescindere dei poliziotti, il ministro degli Esteri del governo Gentiloni, ed ex Interni del governo Renzi, Angelino Alfano, annuncia emendamenti alla Camera per castrare ancora di più questa legge truffa con la motivazione che “le forze dell’ordine stanno facendo un lavoro eccellente, che non può avere il freno derivante dall’ansia psicologica o dalla preoccupazione operativa in un contesto complesso nel quale dovrebbero venire a trovarsi”.

Una legge inapplicabile e controproducente
È evidente che lo Stato borghese e i suoi politicanti di destra e di “sinistra” non vogliono assolutamente che si tocchino i secolari privilegi di libertà di sopruso e di impunità delle “forze dell'ordine”, essendo queste l'ultimo e più affidabile baluardo preposto alla sua difesa da un possibile sovvertimento da parte delle classi subalterne. Per questo, pur essendo costretti ad adeguarsi formalmente in qualche modo alle convenzioni universali dei diritti umani, fanno di tutto e di più per renderle inefficaci e inapplicabili.
Lo ha denunciato anche Ilaria Cucchi, definendola in un'intervista all'Huffington Post “una legge talmente inapplicabile da essere controproducente”. Al punto che - aggiunge la sorella di Stefano Cucchi - “nel Codice militare penale di guerra, all'articolo 185 bis, la tutela è molto più ampia rispetto a quella che si vuole introdurre oggi nel nostro Paese. Qua si sta innescando una situazione grottesca per tutelare chi ha paura di incappare in questo reato, altrimenti non me lo spiego. Si creano altri problemi e altra confusione e si favorisce chi commette questo reato, salvandolo dalla condanna”.
Anche Amnesty International Italia e l'Associazione Antigone, in un comunicato congiunto, denunciano che “questa legge qualora venisse confermata anche dalla Camera sarebbe difficilmente applicabile. Il limitare la tortura ai soli comportamenti ripetuti nel tempo e a circoscrivere in modo inaccettabile l’ipotesi della tortura mentale è assurdo per chiunque abbia un minimo di conoscenza del fenomeno della tortura nel mondo contemporaneo, nonché distante e incompatibile con la Convenzione internazionale contro la tortura”. “Con rammarico - conclude il comunicato - prendiamo atto del fatto che la volontà di proteggere, a qualunque costo, gli appartenenti all’apparato statale, anche quando commettono gravi violazioni dei diritti umani, continua a venire prima di una legge sulla tortura in linea con gli standard internazionali che risponda realmente agli impegni assunti 28 anni fa con la ratifica della Convenzione”.

7 giugno 2017