Colpo di mano parlamentare del nuovo duce Renzi e del suo luogotenente Gentiloni
Il governo reintroduce i voucher a colpi di voti di fiducia
Il 17 giugno tutti a Roma alla manifestazione della Cgil per affossarli

Il 26 maggio, in commissione Bilancio della Camera, il PD ha presentato e fatto passare grazie anche ai voti di Forza Italia e Lega, un provvedimento che ripristina, sotto altro nome e con qualche modifica i famigerati voucher che legalizzano il lavoro nero. Gli stessi buoni lavoro aboliti cioè poco più di due mesi fa per decreto dal governo soltanto per scongiurare il referendum abrogativo promosso dalla CGIIL e dai precari. Referendum per il quale erano state raccolte 3,3 milioni di firme e che avrebbe dovuto tenersi il 28 maggio, praticamente in coincidenza con il blitz del PD, che rappresenta perciò una sfacciata provocazione contro il sindacato e i lavoratori, nonché una vera e propria “frode ai danni dell'articolo 75 della Costituzione” che tutela e disciplina i referendum popolari, come ha denunciato il costituzionalista Gaetano Azzariti.
Il provvedimento, che porta la firma dell'ex CGIL ed ex SEL Titti Di Salvo, è stato inserito sotto forma di emendamento alla “manovrina” di aggiustamento dei conti pubblici, ben sapendo che questa sarà fatta passare alla fine col voto di fiducia, e perciò con scarse possibilità di modifiche in parlamento. Si sapeva che il PD di Renzi e il governo Gentiloni avevano varato il decreto di abolizione dei voucher a malincuore e solo perché il primo non voleva incassare un'altra bruciante sconfitta dopo quella del 4 dicembre sulla controriforma del Senato, e il secondo perché la vittoria del Sì avrebbe forse fatto cadere il suo governo. E si sapeva pure che non per questo avevano rinunciato per sempre all'idea dei voucher, e che avrebbero fatto di tutto per farli rientrare dalla finestra, ma non in modo così sfacciato e arrogante, e senza nemmeno tentare una mediazione con le direzioni sindacali, che pure si erano mostrate tutt'altro che indisponibili in proposito, specie CISL e UIL.

Contraddizioni nella maggioranza e nel PD
Anche per questo il blitz dei renziani ha provocato una spaccatura nella maggioranza che sostiene il governo, con MDP di Bersani e Speranza che ha votato contro l'emendamento, e che minaccia di non votarlo neanche al Senato, dove i suoi voti contano di più, e con i deputati orlandiani presenti in commissione che sono usciti dall'aula per non votarlo. Entrambi i gruppi sono infatti favorevoli alla reintroduzione di strumenti di regolazione del lavoro occasionale, ma solo in ambito familiare e non per le imprese. Anche M5S e SI hanno votato contro, Mentre invece a sostenere i nuovi voucher per tutti, famiglie e imprese, sono arrivati manco a dirlo i voti di Berlusconi e di Salvini, fatto interpretato da alcuni come un anticipo del governo Renzi-Berlusconi prossimo venturo.
Governo e renziani si rimpallano a loro volta la paternità dell'emendamento, con Gentiloni che ha lasciato filtrare sui giornali un certo disappunto (“così rischiano di sfasciare tutto”, si sarebbe lamentato il premier secondo un retroscena de La Repubblica ), come se il blitz fosse un possibile pretesto cercato da Renzi per abbreviare la vita al governo e andare al più presto alle elezioni anticipate; e con il nuovo duce che gli ha risposto a muso duro, sempre a mezzo stampa, che “sui voucher Paolo mi ha chiesto una mano dopo aver deciso di tirare dritto, per chiudere sulla soluzione trovata dal governo e il PD ha lavorato in questa direzione, altro che sfasciare”.

Un metodo truffaldino di gravità senza precedenti
Ma al di là di queste manfrine da “ladri di Pisa”, che di giorno litigano e di notte vanno a rubare insieme, il fatto importante resta la gravità nel metodo e nel merito di questo provvedimento: nel metodo perché è stato fatto in maniera arrogante e truffaldina senza precedenti, dopo aver fatto appositamente cancellare il referendum popolare, ragion per cui la CGIL ha promosso la sottoscrizione di un appello al presidente della Repubblica e un ricorso alla Corte costituzionale considerandolo un attacco alla Costituzione e alla democrazia, nonché la manifestazione nazionale di protesta del 17 giugno a Roma. Nel merito perché anche se ora non si chiamano più buoni lavoro ma “contratti di prestazione occasionale”, a lasciare intendere che non avrebbero più nulla a che fare con i vecchi voucher ma sarebbero dei veri contratti di lavoro (“i voucher sono stati cancellati, chi dice il contrario mente”, ha sentenziato la ministra per i rapporti col parlamento, Anna Finocchiaro), in realtà si tratta sempre di strumenti, per quanto meno rozzi e un po' più sofisticati dei voucher, fatti apposta per contrabbandare il lavoro a basso costo, senza regole e senza diritti, dietro il pretesto della regolarizzazione delle prestazioni occasionali in ambito familiare, in agricoltura e nei servizi.
Si tratta di due tipi di strumenti, uno riservato ai lavori occasionali in ambito familiare (colf, badanti, baby sitter, lezioni private), denominato “libretto famiglia”, e l'altro riservato alle piccole aziende (escluse edilizia, cave e miniere) con meno di 5 dipendenti a tempo indeterminato, chiamato “contratto di prestazione occasionale”. Rispetto ai vecchi voucher non sono più attivabili in qualunque momento con dei buoni comprati in tabaccheria, ma vanno gestiti telematicamente iscrivendosi ad un'apposita piattaforma dell'Inps, e dando comunicazione on line della prestazione un'ora prima del suo inizio.
Inoltre rispetto ai vecchi voucher è aumentata la retribuzione oraria: da 10 euro lordi (pari a 7,5 euro netti) a 12 euro per il “libretto famiglia” (pari a 10 ero netti) e a 12,4 euro per il “contratto di prestazione occasionale” (pari a 9 euro netti, ma con una quota maggiore di contributi Inail e Inps rispetto ai voucher per famiglie). Sono poi stabiliti dei limiti un po' più stretti e delle sanzioni un po' più pesanti rispetto a prima: si scende da 7.000 a 5.000 euro l'anno di retribuzione complessiva per singola impresa (ma per studenti, pensionati e disabili si può arrivare a 6.250), e non si potranno superare i 2.500 euro ricevuti da un singolo datore di lavoro per un massimo di 4 ore continuative al giorno.

La truffa dei “nuovi” voucher telematici
Ma fatta la legge trovato anche l'inganno: vero che la prestazione va segnalata all'Inps un'ora avanti, il che sembrerebbe renderla tracciabile ed escludere la possibilità di usare il voucher solo a posteriori in caso di controlli o incidenti sul lavoro, come avveniva prima. Ma si è lasciata la comoda scappatoia di poter revocare la prestazione entro tre giorni dalla sua accensione. Il che riapre la strada agli illeciti, perché nulla vieta, se nei tre giorni non ci sono controlli, di revocare l'attivazione e passare al nero, esattamente come prima. In sostanza, se i controlli continuano ad essere scarsi o assenti come è stato finora – e niente fa supporre che la situazione cambierà, anche se il governo e Boeri continuano ad assicurarlo a parole – anche i nuovi voucher funzioneranno da copertura al lavoro nero esattamente come i vecchi.
Vengono poi introdotti pause e riposi, sia giornalieri che settimanali, ma continua a non esserci nessuna copertura per malattie, maternità, ferie, Tfr ecc., cosa prevista
invece dal contratto di lavoro a termine, anche di durata giornaliera, che potrebbe essere usato ugualmente per le prestazioni occasionali, ma godrebbe di tutti i diritti negati dal voucher, telematico o cartaceo che sia. La copertura antinfortunistica è addirittura inferiore a quella dei vecchi voucher (2,5% contro il 7%), e i contributi previdenziali, per quanto aumentati, andranno a finire nella gestione separata, con tutte le difficoltà e le perdite economiche dei ricongiungimenti che questo comporta.
Inoltre, riguardo alle aziende, si è scelto di includere quelle fino a 5 dipendenti. Ma sono esclusi dal conteggio quelli a tempo determinato, i collaboratori familiari, gli stagisti, e così via – il che può far salire anche di parecchio le dimensioni effettive della cosiddetta “piccola azienda”. Senza contare che questo, come ha fatto notare perfino il presidente PD della commissione Lavoro, Cesare Damiano, costituirebbe un incentivo alle aziende a diminuire la quota di contratti a tempo indeterminato per aumentare i contratti precari, consentendo così di aggiungere a questi un'ulteriore e ancor più sregolata forma di precariato come i nuovi voucher.

Una pronta risposta del governo a Confindustria
Comunque la stragrande maggioranza delle aziende in Italia rientrerebbe nelle suddette condizioni, poiché l'Inps calcola che siano circa l'80% del totale delle aziende italiane escluso le agricole, e sono anche quelle che nel 2015-16 hanno usato più massicciamente i voucher, soprattutto nei settori della ristorazione e del turismo. E quindi è chiaro che in questo modo il PD e il governo hanno inteso rispondere in maniera concreta al disappunto e alle critiche espresse dalla Confindustria al decreto sulla cancellazione dei voucher. E anche se è esclusa l'edilizia, non lo è la pubblica amministrazione, per cui i Comuni potranno continuare a usare i voucher a man bassa come prima, e per i quali oltretutto non valgono né sanzioni né tetti, sia retributivi che orari, in caso di impiego di mano d'opera straordinaria per situazioni di emergenza, eventi di “solidarietà” e “calamità” varie.
Insomma, altro che “nuovo contratto di lavoro”, come lo ha chiamato furbescamente il capogruppo renziano alla Camera, Ettore Rosato: qui siamo sempre in presenza, come prima, di uno strumento fatto su misura per il padronato e le aziende per utilizzare legalmente il lavoro nero senza rispettare regole né incorrere in sanzioni, estendendo anziché ridurre la già enorme area che questa forma di lavoro supersfruttato occupa in Italia, ed andando a sommarsi alle oltre 40 forme di contratti “legali” ma precari che rappresentano una piaga già abbastanza devastante. Per questo occorre partecipare in massa alla manifestazione del 17 giugno a Roma e sviluppare altre iniziative di lotta come questa, per dire un sonoro NO ai nuovi voucher, e per affossare con la lotta il colpo di mano parlamentare del nuovo duce Renzi e del suo luogotenente Gentiloni.

7 giugno 2017